gio, 30 ottobre 2025

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Pubblicazioni e Saggi
Paolo D'Arpini
"...mi spingo verso la non libertà di scelta dell’io, contaminato da molteplici convenzioni. Si crede che esista una propria capacità di decisione, ma anche i nostri pensieri sono frutto di selezione e evoluzione genetica. Ciò che reputiamo nostra "scelta" è il risultato di millenni di modificazioni. Alcuni di noi sono più abili nel formulare pensieri ed azioni che mitigano il selvaggio mondo pulsionale del desiderio. Molto è deciso dai codici ambientali e noi li rispettiamo sapendo già senza volerlo che si fa così, ci si castra per il bene del gruppo che poi è implicitamente il solo modo per far sopravvivere i nostri geni..." (Antonella Michelon) Mia rispostina: "Alla base di tutto pongo la mia esperienza, impiantata nella memoria, del momento in cui la coscienza stava illuminando la formazione di un corpo nel grembo di mia madre, essendo questa coscienza individuale denominata “anima”, in cui percepii chiaramente il decorso karmico che quella forma psicofisica (quel me stesso) era destinata a compiere. Vidi le sue propensioni, le sue radici geniche, le tendenze innate, le vicende destinate, le difficoltà, la gloria, il sacrificio, insomma tutto quel che doveva essere compiuto attraverso quello specifico individuo umano. Ebbene nel percepire tutto ciò chiaramente sentivo una certa riluttanza ad affrontare le prove, meglio dire a testimoniarle, o renderle possibili attraverso la presenza cosciente che io sono. Eppure, il delinearsi del destino incipiente nello specchio della mente, che lo registrava e quindi lo immagazzinava come una pellicola che poi sarebbe stata proiettata nel corso della vita, comportava una parvenza di libero arbitrio nell’accettare il fato o nel rifiutarlo. Certo questa sensazione di accettazione o rifiuto era totalmente soggettiva e non poteva in alcun modo modificare il corso degli eventi preordinati, ma avrebbe potuto lasciare una traccia sotto forma di insoddisfazione e rifiuto, con le conseguenze che potete immaginare nel dispiegamento della vita che stava per manifestarsi..." (Paolo D'Arpini) Commento di Edo Casiraghi: "Il meccanismo della comparsa dei pensieri, viene da una fonte. La definisco fonte perché pensiamo in continuazione anche quando dormiamo. L’unica cosa che so è che è inarrestabile e che è materia come tale spirito. Se con una astronave potessimo viaggiare alla velocità della luce potremmo sfuggire al tempo ma non ai nostri pensieri" Mia rispostina: "Nel sonno profondo e nel nirvikalpa samadhi il flusso dei pensieri si interrompe, ma la consapevolezza è sempre presente. Il che dimostra che la mente senza pensieri esiste. Ma non è poi così importante che i pensieri ci siano o non ci siano. L'inseguire i pensieri è schiavitù osservarli con distacco è liberazione. Durante la fase del distacco ci si rende conto che le cose, come i pensieri, avvengono da sé. Quindi non serve preoccuparsene. Nell'Upadesha Saram di Ramana Maharshi è detto: "17. Se si osserva senza interruzione la natura della mente, si vede che invero la mente non esiste. Questa è per tutti la via diretta. 18. La mente non è che un insieme di pensieri, il primo dei quali, la radice di tutti i pensieri, è il pensiero 'io'. Dunque la mente è solo il pensiero 'io'. 19. Quando si cerca all'interno la fonte da cui proviene questo 'io', esso scompare. Questa è la ricerca del Sé. 20. Dove l''io' scompare, là risplende l'Uno, indiviso e infinito. Questo è il vero Sé". Paolo D'Arpini
Pubblicazioni e Saggi
Spiritual News
Negli ultimi anni, il concetto di “suono che guarisce” si è spostato dalle stanze silenziose dei centri olistici ai laboratori di ricerca. Tecniche vibroacustiche — che utilizzano suoni a bassa frequenza trasmessi direttamente al corpo — stanno attirando l’attenzione di neuroscienziati, medici e psicologi. Quello che un tempo era considerato un linguaggio poetico, oggi comincia a essere quantificato attraverso dati oggettivi. La vibroacustica è una pratica che utilizza vibrazioni sonore — di solito tra 20 e 120 Hz — applicate a superfici con cui il corpo è in contatto: lettini, sedute, pedane o strumenti dedicati. L’obiettivo non è ascoltare, ma “sentire” il suono nel corpo. Diversi studi pilota hanno documentato riduzioni dello stress percepito, miglioramenti della qualità del sonno e persino cambiamenti in alcuni marcatori biologici correlati all’infiammazione. In particolare, si osservano aumenti di mediatori anti-infiammatori e riduzioni di cortisolo salivare dopo sessioni di vibroacustica controllata. Questi risultati sono ancora iniziali, ma coerenti. L’esposizione a vibrazioni profonde attiva canali sensoriali che dialogano direttamente con il sistema nervoso autonomo. La stimolazione tattile profonda induce uno stato fisiologico simile a quello generato da respirazione lenta o rilassamento guidato: si riduce l’attivazione simpatica e si attivano risposte parasimpatiche, che promuovono recupero e autoregolazione. Alcuni centri clinici sperimentali hanno utilizzato lettini vibroacustici in pazienti con dolore cronico, disturbi d’ansia o insonnia. Gli effetti riportati includono una diminuzione della percezione dolorosa e un miglioramento del tono dell’umore immediatamente dopo le sessioni. L’aspetto interessante è che, a differenza di altre forme di musicoterapia, in questo caso non è necessaria la mediazione cognitiva o emotiva: non si tratta di “ascoltare una musica che piace”, ma di ricevere onde fisiche che agiscono sul corpo prima ancora che sulla mente. Non tutte le forme sonore, tuttavia, producono lo stesso effetto. Frequenze alte, suoni ambientali o musiche rilassanti hanno dinamiche completamente diverse rispetto a stimoli vibroacustici profondi. La ricerca più seria si concentra proprio su quest’ultimo tipo, perché coinvolge recettori corporei che comunicano direttamente con vie neurofisiologiche misurabili. È qui che la scienza e la spiritualità iniziano a parlarsi con lo stesso linguaggio. Detto questo, è fondamentale essere chiari: la vibroacustica non è una terapia miracolosa. Gli studi finora pubblicati coinvolgono campioni relativamente piccoli e periodi di osservazione brevi. Per patologie complesse non può e non deve sostituire terapie mediche o psicologiche consolidate. Dove invece mostra un potenziale concreto è come strumento complementare: una pratica che favorisce rilassamento, riduzione dello stress e predisposizione positiva verso altri interventi terapeutici. Per i praticanti spirituali e per chi conduce percorsi di crescita personale, questa tecnologia apre possibilità nuove. Integrare sessioni di vibroacustica — anche brevi — in pratiche di meditazione o rilassamento profondo può amplificare la percezione corporea, facilitare il radicamento e rendere più accessibili stati mentali di quiete. Diversi facilitatori riportano che, quando la mente è agitata, far “parlare” direttamente il corpo attraverso vibrazioni lente è spesso più efficace che insistere con tecniche puramente cognitive. Anche in ambito comunitario si stanno sperimentando spazi condivisi dove la vibroacustica diventa strumento collettivo di armonizzazione. L’esperienza tattile comune crea un senso di connessione silenziosa e profonda, senza la necessità di parole. È come se il corpo, posto in risonanza con vibrazioni condivise, riconoscesse spontaneamente uno stato di calma originaria. Naturalmente, come per ogni pratica che promette benessere, non mancano mode e distorsioni commerciali. Non tutti i dispositivi sul mercato rispettano parametri scientifici, e non tutte le promesse pubblicitarie sono realistiche. La differenza tra gadget e pratica terapeutica sta nella serietà dell’approccio, nella qualità della frequenza erogata e nella competenza di chi la propone. La conclusione inaspettata è culturale. Per secoli, musica e spiritualità sono state legate da un filo invisibile: canti sacri, tamburi rituali, mantra, gong. La vibroacustica non è una moda che sostituisce quelle radici: è una nuova forma di precisione applicata a una conoscenza antica. Ciò che prima era intuitivo — “il suono guarisce” — oggi comincia a essere dimostrabile con dati. Ma questa precisione porta anche una responsabilità: usare la tecnologia con rispetto, evitando che ciò che nasce come ponte tra corpo e spirito diventi solo intrattenimento. La scienza non ha ancora scritto l’ultima parola, ma una cosa è certa: la vibrazione profonda non parla solo alle orecchie, parla alle ossa, ai tessuti, al sistema nervoso. E quando un corpo entra in risonanza, spesso la mente smette di lottare e inizia semplicemente ad ascoltare.
Pubblicazioni e Saggi
Paolo D'Arpini
I mondi dell'uomo sono molteplici ma tutti nel pensiero... uno solo è reale: questa Terra. Se non siamo in grado di conservare la nostra vita onorevolmente sulla Terra come potremo sperare la salvezza emigrando su altri pianeti? Come potremo sperare di essere accolti nel consesso della vita universale se non siamo stati in grado nemmeno di mantenere la vita sul nostro piccolo pianeta? Con ciò ritengo che l'esperimento della nostra sopravvivenza deve potersi avverare qui dove siamo... Inutile sperare in colonie sulla Luna, su Marte o su Venere... inutile cercare l'acqua su quei mondi desolati se qui -dove ce ne è tanta- non siamo in grado di mantenerla pulita. Eppure già ci furono diversi scienziati e spiritualisti illuminati che sin dagli albori della società dei consumi avvertivano l'uomo del rischio di uscir fuori dai binari dell'equilibrio scienza/vita. Oggi il treno umano sta deragliando con scintillio di schegge impazzite: OGM, avvelenamento chimico metodico della terra e dell'acqua, energia atomica sporca, deperimento sociale e morale, urbanizzazione selvaggia, distruzione delle risorse accumulate in millenni dalla natura, etc. L'uomo nel corso della sua breve storia ha enormemente trasformato la faccia della Terra, perché egli può deliberatamente modificare quasi tutto quel che costituisce il suo ambiente naturale e controllare quel che cresce e vive in esso. La trama della vita è però tanto delicata e tanto legati sono tra loro il clima, il terreno, le piante e gli animali, che se una componente di questo complesso viene violentemente modificato, se alcuni fili vengono tagliati all'improvviso, l'intero complesso subisce una modificazione. Questo è il significato intrinseco del Bioregionalismo e dell'Ecologia Profonda. Per centinaia di anni -e soprattutto nell'ultimo secolo- l'uomo è stato la causa di deturpazioni, stermini ed alterazioni profonde... e questo malgrado la sua contemporanea capacità di creare abbellimento ed armonia. Il potere intellettivo che consente all'uomo di progettare e costruire è lo stesso che gli consente di distruggere. Con l'aumento smisurato della popolazione umana la capacità di procurare danni materiali come pure l'affinamento del pensiero e della riflessione sono cresciuti esponenzialmente. Purtroppo questa nostra Terra non è un Paese di Bengodi od un corno dell'eterna abbondanza... le risorse del pianeta, pazientemente accumulate e risparmiate nel suo ventre, sono ora in fase di esaurimento. La biodiversità e la purezza del genoma vitale sono sempre più a rischio... molte specie animali resistono solo negli zoo o nei giardini botanici. In tutto il mondo moderno ogni nuova impresa economica e scientifica viene seguita da peste e malanni, lo sviluppo continuo equivale al consumo accelerato dei beni, nella incapacità di recupero ambientale e ripristino da parte della natura. Occorre da subito e con la massima serietà e determinazione fermare la caduta, preservando le risorse residue e quel che rimane della vita selvatica, non solo per il mantenimento della bellezza naturalistica ma soprattutto perché l'armonia complessiva, cioè la reale sopravvivenza della comunità dei viventi (e dell'uomo stesso) dipende da quelle componenti. Il futuro dell'umanità, infatti, non sta nella sua colonizzazione di altri pianeti del sistema solare bensì nella sua abilità di conservare la vita sul pianeta Terra. Per questa ragione la biologia, l'ecologia profonda, la spiritualità della natura sono aspetti essenziali del nuovo paradigma coscienziale. Uno dei più grandi misteri vitali, che abbiamo il dovere di affrontare e risolvere, è quello relativo alla nostra vera natura. Ma le religioni e la scienza non saranno mai in grado di darci una risposta se non cominciamo a cercarla direttamente in noi ed attorno a noi. Altrimenti non saremo in grado di uscire dal meccanismo ripetitivo delle guerre, dello sfruttamento insensibile, dei conflitti razziali e interspecisti. Umanità non è solo simbolizzata da questi bipedi antropomorfi e non è solo un agglomerato organico definito “corpo”. Possiamo dire che Umanità è la capacità di riconoscersi con tutto ciò che vive e pulsa energeticamente dentro e fuori di noi. La Terra è la nostra casa, l'abbiamo avuta in eredità da un lento e laborioso processo globale della vita, ma siamo sicuri di poterla lasciare a nostra volta alle generazioni future nella stessa integrità e opulenza nella quale noi l'abbiamo ricevuta? La dignità umana si gioca anche in questo, accettiamo dunque la sfida posta alla nostra intelligenza. Insomma l'interrogativo era ed è "gli umani saranno in grado di ereditare la terra...?" - L'evoluzione ha una direzione univoca, la crescita della Coscienza, restiamo in essa! Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana

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L’intelligenza della natura e il nuovo sguardo sul…

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C’è un momento, nel cammino di chi si avvicina alla crescita interiore, in cui il silenzio smette di essere un’assenza e diventa una presenza. Non è semplice quiete, ma un campo vivo e vibrante. Nuove ricerche scientifiche e testimonianze di praticanti di meditazione in tutto il mondo convergono su un’idea sorprendente: la natura, quando ascoltata nel silenzio, modula in modo diretto il nostro sistema nervoso, creando effetti profondi e misurabili. Un gruppo di neuroscienziati ha recentemente condotto uno studio in cui volontari trascorrevano 30 minuti al giorno in ambienti naturali, lontani da rumori artificiali. Non erano tenuti a meditare o praticare tecniche specifiche: l’unica indicazione era rimanere in ascolto, senza distrazioni. Dopo quattro settimane, i parametri fisiologici – frequenza cardiaca, variabilità della frequenza cardiaca, cortisolo e qualità del sonno – mostravano miglioramenti significativi. Non era un protocollo di meditazione guidata, ma semplicemente immersione silenziosa nella natura. La spiegazione, secondo gli studiosi, risiede nella modulazione del nervo vago e nell’attivazione di reti cerebrali connesse alla percezione interna, spesso silenziate dal rumore di fondo urbano. È come se l’organismo, immerso in un contesto naturale, ritrovasse un ritmo dimenticato ma ancora inciso profondamente nella nostra biologia. Le tradizioni spirituali parlano da sempre di foreste, deserti, oceani come luoghi di rivelazione. I mistici, gli eremiti, i poeti hanno descritto per secoli ciò che oggi la scienza inizia a misurare: la natura non è uno sfondo neutro, ma un interlocutore sottile che comunica attraverso ciò che non dice. In questo senso, il silenzio naturale è un linguaggio, non un vuoto. Molti praticanti riferiscono che, dopo i primi minuti di inquietudine o distrazione, accade qualcosa di impercettibile: l’ambiente smette di essere percepito come esterno. Gli uccelli, il vento tra le foglie, la luce filtrata diventano parte di un’unica esperienza che non ha più confini tra “dentro” e “fuori”. È in questo spazio che molti sperimentano insight improvvisi, come se la mente smettesse di cercare risposte e iniziasse semplicemente ad ascoltarle. Una delle scoperte più interessanti di questa nuova ondata di ricerche è che non servono giorni di ritiro per ottenere effetti tangibili. Bastano pochi minuti di ascolto consapevole ogni giorno. Anche chi vive in città può trovare angoli di natura — un parco, un albero isolato, un giardino pubblico — e lasciarsi attraversare dal silenzio vivente. È una pratica accessibile, non dogmatica, che richiede più disponibilità che tecnica. La sfida più grande, in realtà, è disimparare a riempire ogni spazio con stimoli. Siamo diventati esperti nel consumare contenuti e pessimi nel lasciare che la realtà ci parli. La natura, invece, non urla: sussurra. Ed è proprio nella delicatezza di quel sussurro che molte persone stanno ritrovando senso, calma e chiarezza. Conclusione inaspettata: il vero maestro spirituale, per molti, non si trova in un ashram o in un libro sacro, ma tra le fronde di un bosco. Non ha voce, ma parla con forza a chi ha il coraggio di tacere.
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Mantenersi in buona salute con le erbe…

Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana
Parecchie conoscenze per mantenere l'organismo in buona salute le ho ritrovate nelle comunità rurali bioregionali, ove le cure con le erbe ed i sistemi "empirici" non ufficializzati sono ancora in auge in molti paesini. Ricordo ad esempio il capraio Irmo di Calcata che oltre a produrre un buon cacio aveva mille rimedi per varie disfunzioni metaboliche ed altri acciacchi, avendo appreso dalle capre i segreti della "medicina animale". Un altro esempio è fornito dalle "lezioni" impartire dalla semplicista Sonia Baldoni, detta la "sibilla delle erbe", la quale durante le passeggiate da noi organizzate a Treia, è in grado di indicare decine e decine di piante curative, con annesse indicazioni astrologiche. Anche gli animali spontaneamente si curano con sistemi naturali, chi è che non ha visto i gatti curare se stessi procurandosi il vomito con particolari erbe? L’animale selvatico è un esempio lampante di come si possa stare in buona salute senza mai ricorrere a cure mediche, infatti l’animale spontaneamente "previene" le malattie con una dieta equilibrata e consona alla sua conformazione, e cura gli eventuali avvelenamenti o disfunzioni con quelle piante che istintivamente riconosce idonee. Nella medicina tradizionale indiana o cinese il sistema di base è praticamente lo stesso di quello animale. Innanzi tutto vale la prevenzione poi subentra il riequilibrio attraverso semplici sistemi naturali. Figuratevi che anticamente non esistevano quasi "medicine" c’erano solo "diete" disintossicanti e riequilibriatrici delle funzioni vitali. Ciò vale per l’Ayurveda, la scuola più antica conosciuta al mondo, ed anche per il Sistema elementale cinese (basato sui cinque elementi). Ad esempio sia in India che in Cina il medico era pagato per mantenere in buona salute l’assistito, appena esso si ammalava veniva interrotto il pagamento, se non comminata una multa. Comunque prima di ogni consulto il medico soleva inquadrare gli aspetti zodiacali dell’assistito, per conoscerne le tendenze innate e quindi le propensioni a certi tipi di malattia o di scompenso organico. Innanzitutto egli curava con indicazioni di riequilibrio, ad esempio riportando l’attenzione su alcuni elementi trascurati o carenti, in casi gravi si consigliava l’assunzione di sostanze elementali basilari, in casi ancora più gravi si interveniva con l’imposizione delle mani, massaggi, pressione ai piedi ed altre parti del corpo, agopuntura, etc. In effetti quello che noi chiamiamo "malattia" non è solo una mancanza di salute bensì un’interruzione della condizione di equilibrio interno/esterno. Una mancanza di armonia fra le pulsioni interne con le necessarie risposte agli impulsi ambientali esterni. Noi siamo parte indivisibile del grande organismo vivente, l’insieme vitale che contraddistingue la vita in ogni sua forma, perciò allorché non siamo in grado di armonizzare il movimento interno/esterno automaticamente subentra una condizione di "malattia". Definirla a questo punto psicosomatica od organica è del tutto irrilevante. La malattia è invero uno stato di "aggiustamento" che trova espressione attraverso la somatizzazione nel corpo. Quando la malattia appare significa che uno o più degli aspetti energetici elementali sono squilibrati. Con il sistema medico attuale, basato sull’assunzione di medicinali chimici, non si potrà mai raggiungere un saldo equilibrio. In quanto la "forzatura" medicinale aggiusta da una parte e rompe dall’altra, ed inoltre crea dipendenze e rende impossibile le forme spontanee di auto-guarigione. "Vera medicina è tutto ciò che contribuisce a ristabilire armonia senza altre alterazioni" afferma l’erborista Carlo Signorini. Certo, anche il semplicista od il medico ayurvedico od il guaritore sciamanico non può ignorare la sintomatologia del male, egli però agisce diversamente dal medico allopatico, per lui la sintomatologia è una avvisaglia, un segnale di qualcosa che sta più in profondità. Un bravo guaritore, esamina ad esempio l’iride, definita lo specchio dell’anima, tasta il polso, scuote le membra, legge le linee della mano, etc. per cui i sintomi manifestati non possono trarlo in inganno, egli sa che i segnali hanno sempre una più profonda radice che li origina. In verità è la stessa malattia che racchiude la sua medicina, questo per la legge ben conosciuta degli "opposti". Così nel bioregionalismo la salute è mantenuta con i sistemi curativi naturali, partendo dalla conoscenza e dal messaggio delle piante bioregionali e dalle manifestazioni psichiche connesse alla malattia. Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana


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