sab, 08 novembre 2025

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Spiritual News
In un’epoca in cui ogni momento libero è riempito da notifiche, messaggi e suoni digitali, il silenzio sembra un lusso dimenticato. Eppure, sempre più ricerche e testimonianze convergono nel riconoscerne il valore profondo non solo per la mente, ma per la struttura stessa della coscienza. Il silenzio, oggi, torna ad essere una forma di conoscenza, un modo per “riavviare” il sistema percettivo e ritrovare una lucidità che la parola continua tende a cancellare. Uno studio pubblicato a inizio 2025 dalla Harvard Medical School ha dimostrato che due ore quotidiane di quiete — non necessariamente di meditazione, ma semplicemente di assenza di rumore — aumentano la connettività tra le aree cerebrali coinvolte nella memoria e nella regolazione emotiva. La scoperta è sorprendente: il cervello, privato di stimoli acustici, non si spegne, ma entra in una fase di “pulizia sinaptica” in cui rielabora le esperienze recenti e ricostruisce ordine nel caos informativo. Il fenomeno non è solo neurologico. Molti psicologi iniziano a parlare di “igiene del silenzio”, un’abitudine capace di riequilibrare l’attenzione frammentata. È una forma di digiuno cognitivo, utile tanto quanto quello alimentare. Dopo pochi giorni di pratica, raccontano i partecipanti agli esperimenti, si riscopre una percezione diversa del tempo. Le giornate sembrano più lunghe, i pensieri più nitidi, le emozioni più riconoscibili. Anche la natura sembra agire da laboratorio ideale. Diversi centri di ricerca in Scandinavia e Giappone hanno documentato che i suoni naturali – vento, acqua, fronde – non interrompono il silenzio, ma lo modulano. Si tratta di un “silenzio vivo”, in cui il corpo si rilassa mentre la mente resta vigile. L’esperienza, oggi definita active silence, viene sperimentata anche in spazi urbani, dove si progettano giardini acusticamente protetti o sale “insonorizzate per la mente”. Ma il silenzio, oltre che uno strumento di benessere, è anche un atto politico e culturale. In un mondo dove tutto tende a essere espresso, commentato, condiviso, scegliere di non parlare diventa una forma di resistenza. Molti filosofi contemporanei, come Byung-Chul Han, lo definiscono “la condizione di ogni pensiero autentico”. Senza silenzio, non c’è ascolto. E senza ascolto, non può esistere una reale libertà interiore. Nelle pratiche spirituali di molte tradizioni, dal deserto cristiano ai monasteri zen, il silenzio è sempre stato considerato un territorio sacro. Ma oggi, svuotato dai riferimenti religiosi, ritorna come esigenza laica e psicologica. In un mondo che misura tutto in produttività, fermarsi diventa un gesto sovversivo. Molti centri di crescita personale stanno riscoprendo il potere terapeutico di poche ore senza parole. Durante i ritiri, il silenzio viene usato come lente per osservare le proprie abitudini mentali: quanto spesso si parla per riempire un vuoto? Quanto del nostro linguaggio serve davvero a comunicare, e quanto solo a proteggerci da ciò che potremmo scoprire tacendo? La domanda resta aperta. Forse il silenzio non è assenza, ma un linguaggio dimenticato, che si rivolge a un ascoltatore più profondo di noi stessi. Quando tutto tace, emerge una forma di conoscenza che non passa per le parole. Ed è in quel momento — inatteso, fragile, pieno — che molti riferiscono di sentirsi, finalmente, in contatto con qualcosa di reale.
Pubblicazioni e Saggi
Devon Scott
Grafologia Planetaria. I simboli dell'Universo nella scrittura, di Marisa Paschero. Recensione a cura di Devon Scott. Se l’Astrologia permette di intravedere e immaginare il progetto di un’esistenza, la Grafologia ne individua la proiezione nel presente. A questa conclusione è giunta l’Autrice dopo anni di studi dedicati alla relazione fra la misteriosa energia espressa dai corpi celesti il nostro personale stile di scrittura.
 Davvero è possibile che l’Astrologia incontri la Grafologia? Beh, non si può dubitarne. Se il nostro tema natale racconta di noi, del nostro carattere, della nostra personalità, di come reagiamo di fronte alle cose belle, come l’amore e l’amicizia sincera, i successi e le soddisfazioni, ma anche di fronte alle numerose spiacevolezze della vita, ai problemi, alla cattiveria, all’invidia, alla mancanza di denaro, alla salute malferma, al successo desiderato che non arriva… non si può forse dire lo stesso di una analisi grafologica? I Pianeti vivono in noi. Vivono tutti nella nostra carta del cielo natale, vivono come i simboli con noi più in sintonia nella nostra scrittura. L’Autrice cita le figure di Maurice Munzinger, artista e grafologo, che ha associato la scrittura semplice e solida alla Terra (considerata un Pianeta), quella fluida, morbida e imprecisa alla Luna. Mercurio si vede nella scrittura dinamica e discontinua, Venere in quella curvilinea e armoniosa, il Sole in quella verticale ed estetizzante. Si riconosce Marte nell’angolosità energica, Giove nell’ampiezza ferma e matura; e una scrittura concisa e rigorosa richiama Saturno. Impariamo a distinguere umori, temperamenti, caratteristiche dei quattro elementi (Fuoco, Terra, Aria e Acqua) zodiacali, qual è l’elemento dominante in uno scritto come in un oroscopo, come si viene influenzati dagli eccessi e dalle carenze. Il foglio su cui scriviamo rivela, in ogni più piccolo segno grafico, nei dettagli dei generi (impostazione, dimensione, direzione, inclinazione, continuità, pressione, velocità e forma), nel tratto come nello spazio occupato dalla parte scritta, “la rappresentazione dell’ambiente in cui ciascuno di noi vive, manifestando le proprie tendenze ed esigenze: anche noi abbiamo la possibilità di spostarci tra questi tre regni liberamente, attingendo alle risorse che possediamo per valorizzare al meglio la nostra presenza in questo passaggio terreno, armonizzare le nostre contraddizioni e dare significato al nostro agire“. Non vi dirò che questo è un libro facile, perché è molto approfondito e ricco di simbologia; bisogna seguire con attenzione quello che viene insegnato, però se avrete pazienza di andare fino in fondo verrete guidati a una scoperta unica. Non è necessario conoscere l’Astrologia per poter applicare praticamente queste nozioni a uno scritto, perché l’Autrice ha arricchito il testo con una grande quantità di illustrazioni, esempi grafologici ed esercizi pratici di grafoterapia. Il tema natale di personaggi famosissimi, scrittori, attori, registi, pittori, scienziati, poeti, grandi seduttrici e grandi seduttori, stilisti e geniali inventori, viene messo a confronto con la loro scrittura che rivela particolari noti e meno noti. Da sottolineare una affascinante, e molto insolita, analisi dei tratti lilithiani nella scrittura di Marilyn Monroe, Mata Hari, la contessa di Castiglione, Casare Pavese, Amedeo Modigliani e una insospettabile Louisa May Alcott. Un libro che sarà illuminante per gli astrologi e un passo avanti essenziale per i grafologi (Recensione di Devon Scott). Spazio Fatato © 2025. Tutti i diritti riservati.
Pubblicazioni e Saggi
Spiritual News
Negli ultimi anni la scienza della nutrizione ha iniziato a parlare la lingua della consapevolezza. Dopo decenni di approccio centrato solo su calorie e macronutrienti, i ricercatori stanno scoprendo che il modo in cui mangiamo incide direttamente sul benessere mentale e relazionale. Una revisione pubblicata nel 2025 su The Lancet Psychiatry conferma che una dieta ricca di verdure fresche, legumi, cereali integrali e grassi insaturi riduce in modo significativo il rischio di depressione e ansia. Non si tratta solo di prevenzione fisica, ma di salute psichica. Il nuovo campo della psychiatric nutrition esplora il legame tra alimentazione, microbiota intestinale e produzione di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina. I risultati mostrano che le diete più efficaci non sono quelle rigide, ma quelle equilibrate, ispirate al modello mediterraneo, dove la varietà è più importante della restrizione. Mangiare bene, insomma, non significa privarsi, ma scegliere con misura. Tuttavia, la ricerca più interessante riguarda non tanto ciò che si mangia, quanto il come. Gli studi mostrano che chi consuma i pasti in modo distratto, davanti a uno schermo o in auto, assimila peggio e riconosce più tardi il senso di sazietà. Chi invece mangia con attenzione, rallentando e percependo sapori e profumi, regola meglio l’appetito e sperimenta livelli più bassi di stress post-prandiale. Alcuni centri stanno testando un “diario alimentare consapevole”, in cui si annotano umore, compagnia e gratitudine prima e dopo i pasti. Dopo otto settimane di pratica, i soggetti riportano maggiore stabilità emotiva e un miglior rapporto con il cibo. La dimensione sociale si conferma decisiva. Le culture più longeve al mondo — Sardegna, Okinawa, Costa Rica — condividono una regola semplice: non si mangia da soli. Condividere il pasto, ascoltare e raccontare a tavola stimola i circuiti cerebrali del piacere e dell’empatia. Il cibo diventa così un linguaggio affettivo, non solo un apporto energetico. Gli esperti sono concordi: non esistono alimenti miracolosi, ma abitudini che trasformano la mente. Spegnere il telefono, apparecchiare con cura, masticare lentamente, respirare tra un boccone e l’altro sono gesti minimi che modificano la percezione del tempo e del corpo. Nel lungo periodo, la costanza vale più della perfezione. Piccoli miglioramenti quotidiani superano qualsiasi dieta rigida o moda alimentare. Alla fine, il messaggio è chiaro e inatteso: la parte più nutriente del cibo non è nel piatto, ma attorno ad esso. Una cena condivisa, una parola gentile, un momento di ascolto: forse sono questi i veri superfood che la scienza, oggi, sta imparando a misurare.

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Sin da bambina ho sempre avuto intuizioni, presentimenti, ma soprattutto ho sempre avuto contatti con persone trapassate,inoltre, durante i…
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Docente di cristalloterapia eterica presso il Centro Studi Pranici fonde la spiritualità con la tecnologia intelligente per rendere l’uomo…
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Il mio nome completo in sanscrito è Swami Bodhi Vipal che significa “Momento di consapevolezza”. Mi è stato donato da OSHO, Maestro di…
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Insegnante di Yoga | Fondatrice di "Sentieri di Armonia" | Ideatrice del Metodo NaturYoga® | Autrice del libro “Yoga, la danza della…
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Psicologo e meditatore Da anni ho abbinato il connubio tra psicologia e meditazione, poter avere uno strumento adeguato e utile per…
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Scuola di danza e arte fondata nel 2005, dalla Direttrice Vanessa Antoniello. Insegnante e Coreografa che ha fatto della sua passione un…
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Shamanesimo
Facilitatore evolutivo del talento umano. Alchimista spirituale, psicologo clinico e quantistico, naturopata, ipnotista, scrittore.…
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Mi chiamo Alberto Mazzanti e da oltre vent'anni sono un istruttore di yoga. La pratica di questa antica disciplina rappresenta per me un…
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Dialogo sulla libertà di scelta...

Paolo D'Arpini
"...mi spingo verso la non libertà di scelta dell’io, contaminato da molteplici convenzioni. Si crede che esista una propria capacità di decisione, ma anche i nostri pensieri sono frutto di selezione e evoluzione genetica. Ciò che reputiamo nostra "scelta" è il risultato di millenni di modificazioni. Alcuni di noi sono più abili nel formulare pensieri ed azioni che mitigano il selvaggio mondo pulsionale del desiderio. Molto è deciso dai codici ambientali e noi li rispettiamo sapendo già senza volerlo che si fa così, ci si castra per il bene del gruppo che poi è implicitamente il solo modo per far sopravvivere i nostri geni..." (Antonella Michelon) Mia rispostina: "Alla base di tutto pongo la mia esperienza, impiantata nella memoria, del momento in cui la coscienza stava illuminando la formazione di un corpo nel grembo di mia madre, essendo questa coscienza individuale denominata “anima”, in cui percepii chiaramente il decorso karmico che quella forma psicofisica (quel me stesso) era destinata a compiere. Vidi le sue propensioni, le sue radici geniche, le tendenze innate, le vicende destinate, le difficoltà, la gloria, il sacrificio, insomma tutto quel che doveva essere compiuto attraverso quello specifico individuo umano. Ebbene nel percepire tutto ciò chiaramente sentivo una certa riluttanza ad affrontare le prove, meglio dire a testimoniarle, o renderle possibili attraverso la presenza cosciente che io sono. Eppure, il delinearsi del destino incipiente nello specchio della mente, che lo registrava e quindi lo immagazzinava come una pellicola che poi sarebbe stata proiettata nel corso della vita, comportava una parvenza di libero arbitrio nell’accettare il fato o nel rifiutarlo. Certo questa sensazione di accettazione o rifiuto era totalmente soggettiva e non poteva in alcun modo modificare il corso degli eventi preordinati, ma avrebbe potuto lasciare una traccia sotto forma di insoddisfazione e rifiuto, con le conseguenze che potete immaginare nel dispiegamento della vita che stava per manifestarsi..." (Paolo D'Arpini) Commento di Edo Casiraghi: "Il meccanismo della comparsa dei pensieri, viene da una fonte. La definisco fonte perché pensiamo in continuazione anche quando dormiamo. L’unica cosa che so è che è inarrestabile e che è materia come tale spirito. Se con una astronave potessimo viaggiare alla velocità della luce potremmo sfuggire al tempo ma non ai nostri pensieri" Mia rispostina: "Nel sonno profondo e nel nirvikalpa samadhi il flusso dei pensieri si interrompe, ma la consapevolezza è sempre presente. Il che dimostra che la mente senza pensieri esiste. Ma non è poi così importante che i pensieri ci siano o non ci siano. L'inseguire i pensieri è schiavitù osservarli con distacco è liberazione. Durante la fase del distacco ci si rende conto che le cose, come i pensieri, avvengono da sé. Quindi non serve preoccuparsene. Nell'Upadesha Saram di Ramana Maharshi è detto: "17. Se si osserva senza interruzione la natura della mente, si vede che invero la mente non esiste. Questa è per tutti la via diretta. 18. La mente non è che un insieme di pensieri, il primo dei quali, la radice di tutti i pensieri, è il pensiero 'io'. Dunque la mente è solo il pensiero 'io'. 19. Quando si cerca all'interno la fonte da cui proviene questo 'io', esso scompare. Questa è la ricerca del Sé. 20. Dove l''io' scompare, là risplende l'Uno, indiviso e infinito. Questo è il vero Sé". Paolo D'Arpini
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Vibrazioni che guariscono: la terapia sonora…

Spiritual News
Negli ultimi anni, il concetto di “suono che guarisce” si è spostato dalle stanze silenziose dei centri olistici ai laboratori di ricerca. Tecniche vibroacustiche — che utilizzano suoni a bassa frequenza trasmessi direttamente al corpo — stanno attirando l’attenzione di neuroscienziati, medici e psicologi. Quello che un tempo era considerato un linguaggio poetico, oggi comincia a essere quantificato attraverso dati oggettivi. La vibroacustica è una pratica che utilizza vibrazioni sonore — di solito tra 20 e 120 Hz — applicate a superfici con cui il corpo è in contatto: lettini, sedute, pedane o strumenti dedicati. L’obiettivo non è ascoltare, ma “sentire” il suono nel corpo. Diversi studi pilota hanno documentato riduzioni dello stress percepito, miglioramenti della qualità del sonno e persino cambiamenti in alcuni marcatori biologici correlati all’infiammazione. In particolare, si osservano aumenti di mediatori anti-infiammatori e riduzioni di cortisolo salivare dopo sessioni di vibroacustica controllata. Questi risultati sono ancora iniziali, ma coerenti. L’esposizione a vibrazioni profonde attiva canali sensoriali che dialogano direttamente con il sistema nervoso autonomo. La stimolazione tattile profonda induce uno stato fisiologico simile a quello generato da respirazione lenta o rilassamento guidato: si riduce l’attivazione simpatica e si attivano risposte parasimpatiche, che promuovono recupero e autoregolazione. Alcuni centri clinici sperimentali hanno utilizzato lettini vibroacustici in pazienti con dolore cronico, disturbi d’ansia o insonnia. Gli effetti riportati includono una diminuzione della percezione dolorosa e un miglioramento del tono dell’umore immediatamente dopo le sessioni. L’aspetto interessante è che, a differenza di altre forme di musicoterapia, in questo caso non è necessaria la mediazione cognitiva o emotiva: non si tratta di “ascoltare una musica che piace”, ma di ricevere onde fisiche che agiscono sul corpo prima ancora che sulla mente. Non tutte le forme sonore, tuttavia, producono lo stesso effetto. Frequenze alte, suoni ambientali o musiche rilassanti hanno dinamiche completamente diverse rispetto a stimoli vibroacustici profondi. La ricerca più seria si concentra proprio su quest’ultimo tipo, perché coinvolge recettori corporei che comunicano direttamente con vie neurofisiologiche misurabili. È qui che la scienza e la spiritualità iniziano a parlarsi con lo stesso linguaggio. Detto questo, è fondamentale essere chiari: la vibroacustica non è una terapia miracolosa. Gli studi finora pubblicati coinvolgono campioni relativamente piccoli e periodi di osservazione brevi. Per patologie complesse non può e non deve sostituire terapie mediche o psicologiche consolidate. Dove invece mostra un potenziale concreto è come strumento complementare: una pratica che favorisce rilassamento, riduzione dello stress e predisposizione positiva verso altri interventi terapeutici. Per i praticanti spirituali e per chi conduce percorsi di crescita personale, questa tecnologia apre possibilità nuove. Integrare sessioni di vibroacustica — anche brevi — in pratiche di meditazione o rilassamento profondo può amplificare la percezione corporea, facilitare il radicamento e rendere più accessibili stati mentali di quiete. Diversi facilitatori riportano che, quando la mente è agitata, far “parlare” direttamente il corpo attraverso vibrazioni lente è spesso più efficace che insistere con tecniche puramente cognitive. Anche in ambito comunitario si stanno sperimentando spazi condivisi dove la vibroacustica diventa strumento collettivo di armonizzazione. L’esperienza tattile comune crea un senso di connessione silenziosa e profonda, senza la necessità di parole. È come se il corpo, posto in risonanza con vibrazioni condivise, riconoscesse spontaneamente uno stato di calma originaria. Naturalmente, come per ogni pratica che promette benessere, non mancano mode e distorsioni commerciali. Non tutti i dispositivi sul mercato rispettano parametri scientifici, e non tutte le promesse pubblicitarie sono realistiche. La differenza tra gadget e pratica terapeutica sta nella serietà dell’approccio, nella qualità della frequenza erogata e nella competenza di chi la propone. La conclusione inaspettata è culturale. Per secoli, musica e spiritualità sono state legate da un filo invisibile: canti sacri, tamburi rituali, mantra, gong. La vibroacustica non è una moda che sostituisce quelle radici: è una nuova forma di precisione applicata a una conoscenza antica. Ciò che prima era intuitivo — “il suono guarisce” — oggi comincia a essere dimostrabile con dati. Ma questa precisione porta anche una responsabilità: usare la tecnologia con rispetto, evitando che ciò che nasce come ponte tra corpo e spirito diventi solo intrattenimento. La scienza non ha ancora scritto l’ultima parola, ma una cosa è certa: la vibrazione profonda non parla solo alle orecchie, parla alle ossa, ai tessuti, al sistema nervoso. E quando un corpo entra in risonanza, spesso la mente smette di lottare e inizia semplicemente ad ascoltare.


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