mar, 13 maggio 2025

Il Sigillo Una Testimonianza - Parte 9

Fiducioso, avevo affidato a questa mia lettera parte delle mie speranze e benché non volessi farmi troppe illusioni, correvo spesso con la mente al contenuto di una probabile risposta, che mi auguravo desse maggiori informazioni sulle opere e sull'impulso creativo che muove la mano del maestro Ciccone. Per intanto continuavo a vivere con la mia famiglia, un momento sempre molto difficile che affrontavo con immutata fiducia e con profonda Fede. La sola manifestazione del mio nervosismo era rappresentata dall'eccessivo numero di sigarette che fumavo, un vizio che mi condizionava pesantemente la vita, da cui dopo numerosi tentativi non riuscivo a separarmi, perché solo fumando, potevo scaricare la tensione che spesso mi prendeva. Dopo sette anni, alla scadenza del contratto d'affitto, mia moglie era costretta a lasciare il chiosco, perché dovevamo limitare le spese. Fu per lei un brutto colpo, anche se all'inizio non voleva dimostrarlo. Io, per intanto continuavo ad andare in laboratorio per piccoli lavori confidando nella speranza che mi venisse richiesto qualche preventivo, che avrebbe di certo contribuito ad incoraggiarmi moralmente ed a sostenermi economicamente. Continuavo a recarmi anche nella Chiesa di S. Gemma ed era sempre più salda l'amicizia e la fiducia che mi legavano a Padre Anselmo, al quale confidavo ogni mio pensiero e da cui mi facevo spesso consigliare. Erano numerosi e diversiGli argomenti che trattavamo e spesso le nostre opinioni concordavano. Padre Anselmo, inoltre mi insegnava ad approfondire i molti temi che fino a poco tempo prima avrei affrontato con superficialità, tant'è che fui veramente molto felice ed onorato di considerarlo mio Padre spirituale. Fu proprio in quel periodo che mia moglie mi rivolse una domanda che mi lasciò perplesso, cui non ho saputo dare alcuna risposta ed a cui sinceramente non mi sono mai dato una risposta. Mia moglie, voleva sapere se trenta anni prima, avendo io avuto l'opportunità di vivere una bel la esperienza religiosa, simile a quella che mi vedeva oggi coinvolto in modo così totale e completo, alla preghiera ed all'approfondimento delle dottrine religiose, avrei ancora scelto il matrimonio od al contrario avrei dovuto prima chiarire con me stesso i motivi che mi spingevano ad impegnarmi con tanto interesse all'approfondimento della Fede e dei suoi misteri. Non sapevo rispondere, potevo solo dire che ieri come oggi sono legato a mia moglie da sentimenti profondi ed amo i miei figli più di me stesso, ma non mi sentivo di affermare oggi quale sarebbe stata la scelta che avrei potuto compiere tanti anni prima in simili circostanze.Dopo aver scartato la possibilità di mostrare il ''Sigillo'', con una scultura bronzea, perché di difficile attuazione e molto costosa ed avendo successivamente considerato con attenzione le numerose possibilità che Lo avrebbero potuto presentare, mi resi conto che l'unica forma, la più chiara e semplice fosse quella di affidarLo alla pittura.Purtroppo, nella mia ristretta cerchia di amici e conoscenti non c'era alcun artista, per cui non mi rimaneva che sperare in quell'occasione favorevole che favorisse questa mia esigenza. L'eventualità di attendere, non era contemplata da me come una fatalità, tutt'altro. Sapevo inconsciamente, che tutto sarebbe avvenuto al momento opportuno; non avrei mai dovuto forzare gli eventi, in quanto, avevo potuto constatare che dal giorno in cui era cominciato questo mio importante avvenimento, ogni evento che fino ad allora aveva governato la mia vita sia nel bene che nel male si concludeva con l'affermazione di una soluzione che aveva una propria logica consequenziale, una coerenza, che avrebbe, in seguito dato il via a nuovi e più importanti eventi, che mi mi avrebbero consentito di proseguire sulla strada che avevo intrapreso. Ero solito recarmi in laboratorio, anche se avevo modesti impegni lavorativi e benché in genere godessi ottima salute, in quel periodo accusavo una fastidiosa forma influenzale, pensai fosse una bronchite. Non ci badai molto, eravamo in novembre ed era consueto subire qualche noiosissima influenza. Continuavo a vivere normalmente la mia vita, ma presto mi resi conto che l'antinfluenzale che avevo più volte ingerito, non aveva sortito alcun giovamento ed improvvisamente un giorno mentre ero intento a saldare un profilato in ferro zincato, dopo un fortissimo colpo di tosse, iniziai ad ansimare e respirare affannosamente. Nel tragitto che percorsi per tornare a casa mi sentivo male e faticavo nel Giudicare.Non mi era mai accaduta una cosa simile e cominciai a chiedermi cosa mi stese accadendo. Finalmente arrivai a casa e non appena mi vide, mia moglie si preoccupò molto, mentre io tentavo di tranquillizzarla, sostenendo che probabilmente avevo respirato troppo a lungo l'acido dello zinco, nel saldare una lamiera in ferro. Successivamente sentendomi sempre più affaticato, decisi di mettermi a letto. Mentre mia moglie tentava di rintracciare il medico, purtroppo irrintracciabile, perché era sabato, io ingerivo di nuovo una pasticca di antibiotico ed uno sciroppo, nel tentativo placare una tosse secca e debole che non riusciva ad abbandonarmi. Mi assopii nella speranza di addormentarmi. Dormii molto e quando mi svegliai mi sentii un pochino meglio, 'scampato pericolo'', pensai nella speranza di aver evitato una fastidiosa bronchite e continuai a trattenermi a letto. Rimasi tranquillo per alcune ore, quando sentii farsi più difficoltosa la respirazione. Non riuscivo neanche a parlare e respiravo a fatica facendo brevi ma frequenti sospiri che non venivano dai polmoni, ma dal torace. Era domenica, ricordo perfettamente, mi sentivo male ed ero molto rammaricato, anche perché non potevo alzarmi dal letto e non potevo recarmi in Chiesa. Per intanto, la tosse non accennava a diminuire ed il respiro era sempre più affannoso. Nonostante questa mia condizione affatto piacevole, avevo un fortissimo desiderio di fumare ma non potevo. Passai così tutto il giorno nel dormiveglia, ripromettendomi per il mattino successivo di chiamare immediatamente il medico. In tarda serata finalmente, mi addormentai prevedendo una notte difficile, di certo non immaginavo ciò che sarebbe accaduto. Mi addormentai e nel sogno mi ritrovai a percorrere con il mio automezzo una strada lastricata di grandi pietre scure. Mentre guidavo, guardavo i campi che si estendevano alla mia sinistra, quando alla mia destra mi trovai in prossimità di un bivio. Imboccai una stradina che dopo aver percorso per alcuni metri, mi resi conto essere senza uscita. Arrivai ad una piazzetta, al centro di essa, si erge va un vecchio pozzo in pietra sormontato da un rostro in ferro battuto. Notai, poco più avanti un piccola costruzione che sembrava essere una Chiesa, costruita anch'essa in pietra e dopo aver parcheggiato l'automezzo, incuriosito m'incamminai verso la porta d'entrata di questo edificio che era molto bassa ed aveva in ciascun lato una colonna. Varcato l'ingresso, mi resi conto che non era propriamente una Chiesa, ma una cripta. L'interno era interamente costruito in pietra ed in pietra era anche un sarcofago posto avanti ad una fila di colonne. Ero intenzionato ad uscire, quando una voce di donna che sembrava essere molto anziana avvicinatomi mi disse: 'Non andare via, questa è la tomba di una Santa, vieni ti faccio vedere'. Rimasi stupito nell'osservare che da sola, la vecchietta, riusciva a spostare il grande coperchio in pietra che immaginai dovesse essere davvero pesante. Guardai incuriosito all'interno e vidi uno scheletro, che per le piccole dimensioni sembrava appartenere ad una ragazza. Notai con stupore che era stata distesa nel sarcofago nel senso opposto delle usanze. Su di esso notai altresì quelli che in un primo momento presumevo fossero brandelli di stoffa, che arrivava no a coprirle anche il viso. Mi chinai per guardare meglio e con mia somma sorpresa, mi resi conto che non di vestiti si trattava, ma di carne disidratata. Mentre io ero lì, sorpreso, impaurito, l'anziana signora, mettendo con la massima spontaneità le mani nel sarcofago, prese da una gamba un brandello di quella carne e me lo donò dicendo 'Prendi, questa è una reliquia, prendila ti aiuterà'. Imbarazzato e stupito, incapace di porre domande, presi quel brandello di carne, quindi aiutai l'anziana signora a richiudere il sarcofago. Improvvisamente mi svegliai, erano le due del mattino, impaurito dal sogno mi guardai immediatamente le mani che pensavo stringessero la reliquia. Mi sembrava di aver vissuto un incubo. Decisi, così di andare in cucina, per bere dell'acqua e rilassarmi dalla tensione che mi opprimeva. Nel frattempo continuavo a ripensare al mio sogno e più pensavo più mi convincevo della sciocchezza che avevo commesso nel considerarlo un incubo. Decisi di tornare a letto, ma non riuscivo ad addormentarmi. L'incubo che tanto avevo temuto era diventato emozione profonda. Mi rendevo conto di aver sognato una Santa ed anche se in quel momento non ne conoscevo il nome, riflettendo con attenzione ai diversi momenti che avevo vissuto nel sogno e rammentando i particolari che in esso mi erano stati mostrati, diveniva sempre più concreta l'idea che lo scheletro fosse appartenuto a S. Gemma, l'unica giovane Santa di cui avevo studiato la vita e le opere e cresceva in me forte il desiderio di pregare per Lei, cosa che feci immediatamente. La mattina, alzandomi dal letto al consueto orario degli altri giorni, mi comportai come sempre. Fu un attimo e mi resi conto che l'oppressione al petto, che mi aveva dato tanti problemi era scomparsa, riuscivo a respirare a pieni polmoni e la tosse era di molto diminuita. Non pensai a nulla di sovrannaturale, a nessun prodigio, anche se era facile mettere in relazione il sogno che avevo fatto durante la notte con il miglioramento della mia salute. Ritenni doveroso ringraziare Padre Pio e la Santa che mi aveva aiutato e pregai per loro con estrema riconoscenza. Fu un altro però, l'evento che si verificò e che mi lasciò felicemente perplesso. Non sentivo il desiderio di fumare. Pensai che ciò derivasse dal fatto che mi ero sentito male e che per reazione rifiutassi la nicotina. Con il passare delle ore, sentendomi molto meglio decisi di tornare subito in laboratorio. Avevo ripreso la mia vita di sempre con un'unica differenza, io accanito fumatore, non pensavo affatto a fumare. Cominciavo a rendermi conto di aver smesso, ma ero consapevole che tutto questo non era accaduto per mia volontà. Avevo la sensazione di non aver mai fumato, non ne sentivo la necessità, non soffrivo delle crisi di astinenza che da sempre affliggono chi decide di smettere per propria volontà, causando nervosismo, stati d'ansia e quant'altro. Da allora, benché mia moglie fumasse molto e soprattutto mi fumasse vicino non ho più acceso una sigaretta, non ne ho più avuto il desiderio, ma il fatto che maggiormente mi colpiva e mi lasciava perplesso consisteva nella sensazione di non aver mai fumato. Nei giorni immediatamente successivi, non parlai ad alcuno di questo mio sogno, che portavo dentro di me come il più caro dei ricordi. Solo più tardi decisi di renderne partecipe la mia famiglia, che ascoltandomi rimase perplessa e disorientata, per la straordinarietà dell'evento che aveva sortito sia sulla mia persona che sul mio morale esiti positivi. Questo episodio, infatti, provocò in me tanta emozione e gratitudine da ricompensarmi dei molti problemi e delle delusioni che avevo subito dal momento in cui avevo deciso di rendere noto il 'Sigillo' e cosa ancor più importante, mi spronava ad andare avanti con decisione. Sapevo di non essere solo e questo mi rendeva molto più forte, più sicuro nel procedere nei miei propositi. Dovevo seguire la linea di condotta che fino a quel momento mi aveva guidato con onestà e responsabilità ed ero quanto mai determinato a proseguire nel mio cammino nei tempi e nei modi stabiliti dalle circostanze che si fossero man mano presentate. Nei primi giorni di dicembre del 1996, ricevetti con la posta una lettera da Padre Gerardo Di Flumeri, in risposta alla mia precedente del novembre 1996.S. Giovanni Rotondo 1996 Con riferimento alla Sua cortese lettera, mi premuro assicurarLa della mia preghiera presso la tomba del venerato Padre Pio per Lei e per tutti i Suoi cari. Il venerato Padre, al quale vivamente La raccomando, La benedica, La protegga sempre nella Sua vita e Le ottenga dal Signore tutte le grazie che il Suo cuore desidera. Le Sue idee sul pittore Antonio Ciccone sono degne di ogni rispetto e considerazione; ma io non sono in grado né di confermarle, né di smentirle. Semplicemente non so cosa farà ancora il pittore. La prego di gradire distinti saluti.Padre Gerardo Di Flumeri (Vice Postulatore) Questa risposta mi lasciava perplesso, perché per insufficienza di elementi, allontanava le probabilità di un mio eventuale incontro con Padre Di Flumeri, incontro per me molto importante, perché mi dava la possibilità di ampliare per poi approfondire quegli eventi che più parlavano di Padre Pio e che avrebbero arricchito la mia conoscenza dei fatti al fine di un'esposizione più completa degli eventi che avevano caratterizzato la vita del Frate. A questo punto mi sembrava improbabile anche l'eventualità di poter conoscere personalmente l'artista Antonio Ciccone, la risposta di Padre Di Flumeri infatti non mi diceva nulla di più di ciò che avevo letto sul giornale.(Continua)

Scheda dettagli:

Data: 1 gennaio 2001Autore: Luigia Antonella Orlandi e Renato di Properzio

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