mar, 13 maggio 2025

Il Sigillo Una Testimonianza - Parte 10

Le festività natalizie si avvicinavano velocemente. Mi venivano i brividi al solo pensiero che per venti giorni saremmo stati costretti a subire una condizione innaturale impostata su valori costruiti artificialmente. La necessità di donare e ricevere amore e considerazione dovrebbe essere un elemento costante della nostra esistenza. Purtroppo queste attenzioni, necessarie alla nostra realtà quotidiana, sono esaltate solo in questo periodo dell'anno, dallo scambio di regali, che molte volte è ricondotto a cause che nulla hanno a che fare con i sentimenti. Una festività, che trasformatasi nel tempo, è ormai lontano dalle proprie autentiche origini, che la vedevano grande nella sua semplicità e sincera nella spontaneità degli affetti e trova oggi i suoi principi svilupparsi nel falso buonismo, nel consumismo, nell'ipocrisia dei sentimenti che ci vuole a tutti i costi buoni e felici, tentando così di anestetizzare i problemi, le paure, le ingiustizie, le discriminazioni con cui da sempre conviviamo e che si ripropongono anche in questi giorni. Pur essendo un credente, un cattolico praticante sapevo di non essere né un bigotto né uno sciocco e mi sembrava immorale l'idea che tutti noi fossimo considerati una massa di stolti che si lasciano ingannare da qualche luce colorata, da pubblicità accattivanti od ancora peggio da discorsi con persone assolutamente inaffidabili che nascoste da un ghigno sorridente, augurano un Buon Natale. Il tradizionale valore delle festività natalizie si interpreta con il grande miracolo della Natività di Gesù, che nella Sua umiltà, vide la luce in una grotta e che oggi viene mortificato dal materialismo diffuso e dalla doppiezza delle intenzioni, che rendono questa festività sterile e lontana dai valori che rappresenta e dall'autentico messaggio che questa ricorrenza, ci chiama a rivivere ogni anno, nella semplicità e nel completamento dell'unione famigliare, nella donazione a coloro che hanno veramente bisogno, di famiglie che vivono nell'indigenza, di anziani che trascorrono la festività natalizia in estrema solitudine. La ricorrenza del Natale, ci ricorda la nascita di Gesù, nato dalla Vergine Maria, immenso atto d'Amore che vedrà il suo culmine nella Passione e nella morte del Figlio di Dio e non può venir rappresentato con l'affannosa corsa agli acquisti. Una domenica mi ero recato, come di consueto, ad ascoltare la Messa nella Chiesa di S. Gemma, quando Padre Anselmo alla fine della celebrazione m'invitò a visitare nella cripta un presepe in terracotta creato da un giovane artista. Attesi che Padre Anselmo si liberasse dai suoi impegni e ci recammo insieme nella cripta. Il presepe, mi spiegò, era formato per il momento dalle figure principali, ne avrebbe in seguito aggiunte altre nel corso degli anni in occasione della ricorrenza del Natale. Le guardai con interesse e notai che erano state costruite con molta attenzione, con cura nei particolari e questo mi portò a chiedere notizie dell'artista che aveva creato quei piccoli personaggi di terracotta e fu così che ne appresi il nome; si chiamava Ruggero Zamponi, un ragazzo che frequentava la parrocchia, studente in belle arti, prossimo alla laurea. Parlammo molto di questo ragazzo che mi veniva descritto molto studioso e con un grandissimo talento anche per la pittura. Nell'ascoltare quest'ultima indicazione mi affrettai a chiederne il numero telefonico, che Padre Anselmo mi diede molto volentieri. Per il momento avevo deciso di non accennare al motivo per cui ero interessato alle opere di quel pittore, l'avrei fatto successivamente, solo quando avessi definito il progetto che avevo in mente di realizzare. Non appena possibile, mi affrettai a chiamare Ruggero, concordammo un appuntamento per il giorno successivo. Pensavo molto a quell'incontro, dovevo ancora una volta presentare il 'Sigillo' e, benché io fossi consapevole e certo delle mie idee, pensai al modo migliore per proporlo e decisi di farlo con semplicità e decisione ed in contropartita mi aspettavo una risposta altrettanto semplice e decisa. L'artista che avesse voluto dipingere il 'Sigillo', doveva essere certo di vedere il Volto, la sua mano doveva mostrare ciò che i suoi occhi vedevano senza che alcuno, me incluso, ne potesse influenzare l'opera. Dal momento in cui ci presentammo s'instaurò un rap porto di simpatia, il ragazzo mi ispirava fiducia e questo mi incoraggiò a mostrare senza esitazione il Volto fotocopiato, che attraverso la sua opera spiegai, doveva rivelarsi più visibile e mostrarsi con tutte le Sue particolarità agli occhi degli altri. Ruggero, osservandolo con attenzione, vide immediatamente in Esso la rappresentazione del Volto di Gesù e si disse dispostissimo a riproporlo su tela. Io lo incalzai con numerose domande chiedendo tra l'altro, quale fosse, a suo avviso, l'espressione del viso che stava guardando ed egli esaminandolo da una diversa angolazione, mi rispose senza alcuna esitazione che quell'espressione apparteneva al Volto di Gesù nel momento della Passione. Non chiesi altro, ero turbato e non intendevo parlare della fonte dalla quale si era rivelato quel Volto. Desideravo che il quadro fosse terminato quanto prima ed egli mi assicurò che si sarebbe subito messo all'opera e che mi avrebbe consegnato la tela finita entro il mese di febbraio. Mi sentivo molto soddisfatto per l'esito di quell'incontro.Ero felice, perché dopo due anni di tentativi riuscivo finalmente ad uscire dalla fase di riflessione, di ricerca, di attesa, per inserirmi in un confronto a tutto campo, con il supporto di quel quadro che speravo avrebbe sollecitato insieme con la narrazione degli avvenimenti, l'interesse di molti. Non potevo di certo dire che altrettanto positivamente si svolgessero gli avvenimenti nella mia vita privata. Il lavoro era pressoché nullo, non andavo più in laboratorio, l'automezzo si era rotto e per recarmi nella Chiesa di S. Gemma, utilizzavo la macchina di mia moglie, che nel frattempo aveva lasciato il chiosco e si era stabilita definitiva mente a casa. Tutto questo mi preoccupava molto, sembrava che la mia vita e quella dei miei cari si sgretolasse. Mi ero proposto di non perdere mai la speranza e di affrontare ogni disagio come prova mandata dal Signore che sapevo non miAvrebbe mai abbandonato, mi era difficile però, a volte continuare a sperare quando tutto e tutto insieme sembrava voltarsi contro: le fatture da pagare, gli affitti, i pagamenti in banca che purtroppo non potevo onorare, mi procurarono grandi umiliazioni e gravi danni che portarono alla inevitabile chiusura del mio conto corrente e l'immediato rientro dell'affidamento bancario che la stessa banca mi aveva concesso alcuni anni prima, circa quaranta milioni. Pensavo che la vita fosse tremendamente ingiusta. Anni di lavoro, di sacrifici, di speranze che vedevo persi come cenere al vento. Temevo di perdere il mio entusiasmo, avevo il timore che lo sconforto prendesse il sopravvento sconvolgendo le mie certezze. Quando subivo questi momenti di grande sconforto, riuscivo ad interrompere il flusso negativo delle mie riflessioni, pensando ai miei figli, che nonostante fossero contesta tori, come tanti ragazzi della loro età, erano in buona salute e crescevano seri e responsabili e di questo dovevo ringraziare il buon Dio. Ruggero Zamponi, mi telefonò più volte per consultarsi con me e per mostrarmi i numerosi schizzi che aveva elaborato, prima di improntare su tela quella che doveva essere l'opera finita.Benché per me fosse molto importante l'opera che questo giovane artista stava terminando, in quei giorni ero molto preso da problemi che mi assorbivano completamente e richiedevano soluzioni immediate che io non riuscivo a trovare e questo momento di estremo smarrimento mi allontanava dall'impegno che avevo preso con Ruggero. Una mattina, uscendo, avevo lasciato mia moglie a casa demoralizzata e molto angosciata e questa sua condizione mi preoccupava moltissimo. Al momento del rientro, immaginavo quale potesse essere purtroppo lo stato d'animo che avrei trovato e mi scoprivo impotente nel poterla aiutare e tutto questo rendeva ancora più grave una condizione già difficile. Entrando in casa, la chiamai con cautela, pensando stesse riposando, ma rimasi felicemente sorpreso nel ritrovarla più serena di quando l'avevo salutata il mattino. Le chiesi cosa fosse accaduto, a quale circostanza si doveva quel cambiamento e lei mi spiegò che poco prima stava pregando il quadro della Madonnina che abbiamo sul letto. Immediatamente dopo aver terminato di recitare le sue preghiere, le telefonò un'amica, la signora Esposito. Fu una lunga telefonata, nella quale mia moglie confidò tutte le sue ansie alla signora, che dopo averla ascoltata con interesse, si ricordò di una trasmissione televisiva andata in onda molti mesi prima, nella quale si parlava di aiuti che venivano dati a coloro che erano usurati o che rischiavano di cadere nelle mani degli usurai, a causa di gravi problemi economici. (continua)

Scheda dettagli:

Data: 1 gennaio 2001Autore: Luigia Antonella Orlandi e Renato di Properzio

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