Il Sigillo Una Testimonianza - Parte 4
Queste furono le premesse che mi diedero l'impulso per portare avanti senza indugio le mie idee e consapevolmente sapevo che non sarebbe stato né semplice, né immediato lo sviluppo e la realizzazione delle stesse. L'unico punto fermo consisteva nell'appoggio incondizionato della mia famiglia e nella certezza delle mie idee. Presi la fotocopia ingrandita dell'immagine proposta dal computer ed in casa la posizionai nella stanza in cui noi trascorrevamo la maggior parte del tempo: la cucina, in modo tale che fosse ben visibile ad ognuno di noi e ne potessimo commentare l'effettiva visibilità e, benché per noi l'immagine fosse chiara in ogni suo particolare, dovevamo valutare ciò che altri, guardandoLa avrebbero potuto vedere e riflettere sulle eventuali obiezioni che mi avrebbero potuto rivolgere. Mi soffermavo spesso a guardarla ed ogni volta mi sembrava di vivere la sofferenza di quel volto, ma non potevo trattenere la felicità di poterlo osservare. Alcuni mesi dopo, pensai di dare inizio ''all'operazione di propaganda'. Si trattava di mostrare l'immagine ad altre persone, per avere la possibilità di conoscerne l'opinione. Delegai mia figlia Marinella, che portò la stampa a scuola per mostrarla alla professoressa di Religione. Marinella la propose all'insegnante, chiedendole se quel volto poteva essere somigliante con quello di Gesù. La professoressa osservandolo affermò con decisione che quello non somigliava al volto di Gesù, ma sicuramente Lo era, aggiunse, inoltre che possedeva in casa un quadro simile al viso che mia figlia le aveva mostrato.Questa risposta imprevedibile e desiderata ci procurò una forte carica d'ottimismo e di fiducia che c'indusse a proseguire nella nostra indagine. Furono molte le persone cui mostrammo l'immagine che rappresentava quel viso ed abbastanza discordanti furono le risposte che ci vennero date, ma molte ravvisarono nell'immagine il volto di Gesù. Fu coincidenza, fu recessione che ad oggi vede gli artigiani penalizzati nell'ambito della attività con maggiori spese e minore possibilità di lavorare, o fu altro, ma da quel momento ebbi una repentina diminuzione delle richieste di lavoro, diminuivano i preventivi e ben presto gravi difficoltà resero difficile la mia vita e quella dei miei cari. Fu coincidenza, fu crisi? Non riuscivo a comprenderne a fondo le cause, imputai la mia situazione negativa ad una condizione congiunturale in atto, conseguenza delle continue elezioni, dell'instabilità nella politica, che rendeva incerto il futuro, provocando nelle persone il timore di spendere i propri denari per effettuare lavori che, considerando il difficile momento, ritenevano opportuno rimandare a tempi migliori. Deduzioni, queste, scaturite dall'analisi obiettiva del momento che stavamo vivendo, anche se, ad esse, s'intreccia vano molti eventi negativi non sempre inerenti la mia attività. Mia moglie insinuò che nella nostra vita vi fosse l'intervento di una forza maligna, che attraverso le negatività tendesse a non farmi proseguire nel conseguimento del mio progetto. Pur notando le evidenti coincidenze negative era difficile per me credere ad una simile eventualità, pertanto non approfondii più di tanto l'argomento e senza farmi influenzare, andai avanti per la mia strada, cercando come si dice di 'volare ancora più in alto', vale a dire di continuare le mie ricerche attraverso lo studio e l'interpretazione di brani storici, per poi divulgare la notizia, al maggior numero di persone, confortato da indicazioni valide. Lasciai passare circa un anno, nel quale la mia inchiesta individuale proseguiva in maniera proporzionale con i miei impegni personali e quei pochi incarichi di lavoro. Infatti in quei mesi ero impegnato nel trasloco di casa, dovevo lavorare, quindi fui costretto a tralasciare almeno in parte le mie ricerche, cui mi dedicavo solo alcune ore la sera dopo cena, o nei giorni festivi. Dopo molti mesi, quindi, forte delle nozioni che avevo acquisito, ebbi un'idea che pensavo potesse risolvere il problema, mettermi in contatto con una persona certamente molto, molto più competente di me, nell'illustrare, nel raccontare la vita di Padre Pio, nei tempi e nei modi più appropriati e che con la sua esperienza, avrebbe potuto aiutarmi a risolvere questa vicenda. Lessi sulla rivista XY il nome del giornalista che aveva firmato gli articoli su Padre Pio. Lo rintracciai attraverso la segreteria della rivista e dopo ripetuti contatti telefonici, cautamente accennai all'argomento che tanto mi stava a cuore. Prendemmo un appuntamento in casa mia il giorno dell'Epifania, del 1996. E' riduttivo dire che nell'attesa in casa eravamo emozionatissimi, speravamo che quel giorno fosse importante per raggiungere una soluzione, per ricevere un aiuto, un consiglio che ci consentisse di portare avanti le mie idee. Benché io fossi assolutamente certo delle mie convinzioni, sapevo bene di espormi al rischio di venir considerato un poco imprudente, un visionario, una persona in cerca di facile pubblicità, ma il desiderio di andare avanti mi rendeva così forte da affrontare simili critiche. Puntuale, alle 10,30 il giornalista arrivò e dopo i convenevoli di rito, lui, mio figlio ed io ci sedemmo avanti al computer. Nel momento in cui il monitor venne acceso ed apparve l'immagine, l'emozione che sino a quel momento si era impadronita della mia persona, scomparve. Desideravo talmente parlare di quel volto, che anticipai le domande al giornalista, chiedendogli quale fosse il suo primo pensiero, quali le sue considerazioni e soprattutto lo invitai a rispondere sinceramente senza risparmiarmi eventuali contestazioni. Egli, dopo averla guardata attentamente, replicò che in essa vedeva il volto della Sindone. Lo indirizzai, indicando la mia teoria, per una differente interpretazione della immagine, focalizzando e mettendo in evidenza la diversa angolazione del viso ed i particolari che ne caratterizzavano la diversità. Il giornalista perplesso, mi guardò e senza fare commenti, mi chiese dove avessi scattato quella fotografia. Questa sua domanda, posta in modo così diretto, mi lasciò al tempo soddisfatto e perplesso. Soddisfatto, perché anche lui vedeva nell'immagine quel volto, perplesso, perché non aveva preso in considerazione la mia riflessione e le mie deduzioni in merito. Superato il primo momento di esitazione gli spiegai che ciò che aveva visto non era derivato da una foto scattata da me, ma da una fotografia scattata da altri a Padre Pio molti anni prima, dalla cui fronte apparivano con nitidezza dei chiaroscuri dai contorni ben delineati, che io avevo evidenziato con una matita, aggiunsi tra l'altro, che quella stessa foto era stata pubblicata dal la rivista in cui lui era collaboratore. Il giornalista non commentò in alcun modo queste mie affermazioni, mi disse però che molte persone, nel corso degli anni lo avevano contattato per mostrargli foto o per parlargli di eventi miracolosi che probabilmente avevano vissuto e per questo motivo doveva essere molto cauto nel valutare tutto ciò che gli veniva proposto. Comunque mi chiese il dischetto del computer, per farlo esaminare dagli studi fotografici della sua rivista. Ci salutammo con cordialità e mi assicurò che dopo un attento esame ci saremmo presto risentiti. Dopo alcune settimane, trascorse con ansia indicibile, provai a chiamarlo e dopo una breve conversazione telefonica, mi resi conto che al momento non poteva attribuire alcun riscontro determinante in merito alle mie tesi. Ritenni perciò necessario prendere con lui un appuntamento, per affrontare e risolvere quanto prima l'argomento che tanto avevo a cuore. Un pomeriggio, dopo aver con cordato un incontro, mi recai con mia moglie nel suo ufficio presso il giornale XY, situato in una delle più belle strade di Roma, tra Via Veneto ed il Quirinale. Desideravamo sapere quale interpretazione avesse dato alla mia vicenda esaminando con maggiore impegno il dischetto che gli avevo dato in visione. Fummo ricevuti subito e dopo i soliti preamboli iniziammo a parlare dell'argomento che c'interessava. Il giornalista ci disse immediatamente che non era possibile per il momento pubblicare alcun articolo sulla mia particolare vicenda. Ci spiegò di non aver in mano elementi validi per portare avanti il mio discorso, poiché i lettori volevano immagini chiare, di facile interpretazione e soprattutto perché non eravamo in presenza di un miracolo. Le sue argomentazioni non potevano di certo essere messe in discussione, ma nell'ambito della conversazione, vi fu un intervento, da parte del giornalista decisamente poco tollerabile, che fece molto irritare mia moglie. Egli con frasi assolutamente inadeguate, aveva assunto un atteggiamento di commiserazione nei nostri confronti, che ci risultò insopportabile. In quel periodo, come oggi, erano particolarmente numerosi gli articoli pubblicati sui settimanali, riguardanti servizi fotografici con foto più o meno proibite o lecite, relativi ai vari scandali e scandaletti riguardanti preferibilmente personaggi appartenenti a case reali, il che procurava grandi vendite ai giornali, fruttando considerevoli guadagni. Poiché anche la rivista XY non era immune da questa consuetudine, mia moglie, stanca del contegno presuntuoso del giornalista, polemizzando, intervenne nella conversazione, sostenendo che se avessimo portato una foto scandalistica saremmo stati certamente più apprezzati e considerati, perché questo avrebbe consentito alla rivista l'opportunità di conseguire maggiori vendite e grande pubblicità. Il giornalista si irritò per questa osservazione ma, in seguito per dimostrare la propria superiorità ed il proprio presunto impegno, ci indicò l'agenzia presso cui aveva lasciato il dischetto che gli avevamo precedentemente consegnato, agenzia dalla quale non aveva ricevuto sino a quel momento alcuna risposta. Nel salutarci, ci consigliò di star tranquilli ed aspettare momenti più opportuni. Nascosti da un sorriso di commiato, nel congedarci, mia moglie ed io ci confidammo, in seguito, di aver pensato la stessa cosa '...Non aspetteremo che siano altri a decidere per noi, continueremo anche senza il loro aiuto...' Lo stesso pomeriggio, ci recammo presso l'agenzia che ci aveva precedentemente indicato, ritirammo il nostro dischetto, con l'acclusa lettera di presentazione, sottoscritta all'epoca dal giornalista e ne leggemmo avidamente il testo: Roma, 9. 1. 96 Caro XXXecco il dischetto di cui ti ho parlato, contiene un'immagine assai misteriosa (sembrerebbe quella della Sindone o di Padre Pio) appartenente ad una famiglia di Fregene. Cerca di capire che cosa può rappresentare, sviluppadola con calma nelle varie tonalità. E sappimi dire per favore che cosa ne pensi. Potrebbe essere, se la cosa risulta essere seria, lo spunto per un servizio. Ciao e Grazie firma del giornalistaTornando a casa commentando gli avvenimenti accaduti nel pomeriggio tentavamo di fare il punto della situazione che fino a quel momento si era prospettata. Eravamo consapevoli delle difficoltà che avremmo dovuto affrontare e fummo costretti ad ammettere che il primo impatto con la realtà non era dei più promettenti, ma lo sconforto dei primi momenti venne fugato quando, nel leggere più volte quello scritto, ci convincemmo della bontà delle nostre convinzioni ed evidenziammo due importanti considerazioni. La prima riguardava la teoria del giornalista che vedeva un'immagine misteriosa nel dischetto. La seconda convinzione mi portava a credere che probabilmente dovevo imputare ad una mia diretta, involontaria responsabilità, l'imprecisione della mia informazione, nello spiegargli che quell'immagine non apparteneva né a Padre Pio né alla Sindone, ma rappresentava il 'Volto' di Gesù Cristo.