La Bibbia ed il suo Significato
Il contenuto della Bibbia è sempre stato, e tuttora è, molto discusso, l’Associazione Rosacrociana, per venire incontro alle esigenze dei ricercatori, a sentito la necessità di stabilire un rapporto fra i precetti biblici e le rivelazioni, sia esoteriche sia scientifiche, che i recenti studi hanno apportato.
Il corso biblico, basato sugli insegnamenti Rosa+croce, ha per l’appunto, lo scopo di porre in luce queste correlazioni.
Le lezioni sono state ricavate da estratti delle opere di Max Heindel, chiaroveggente illuminato e investigatore dei Mondi Invisibili.
L’autore non ha mai preteso di affermare tutta la verità sugli argomenti trattati, poiché com’è noto, ”Per ogni verità universale esistono sette interpretazioni valide”.
Le interpretazioni fornite, possono essere sostenute da un esame logico ed imparziale, offrendo in pari tempo, una solida base per un’interpretazione più ampia e per una comprensione più approfondita delle Sacre Scritture.
San Tommaso D’Aquino (1225-1274), uno dei più importanti “Padri” della Chiesa Cattolica (il “Tomismo” è la dottrina ufficiale del Cattolicesimo), filosofo e studioso aristotelico, allievo prediletto di S. Alberto Magno, padre domenicano filosofo e teologo tedesco, 1207-1280, fissa, all’inizio della sua “Summa Teologica” (commentario teologico composto di tre libri, redatti tra il 1265 ed il 1273), i quattro aspetti con cui vanno decifrati i testi biblici:
1°- nella loro forma LETTERALE,
2°-nella loro forma ALLEGORICA, ovvero, quello per cui l’operato del Cristo e la missione della Sua Chiesa, sono espressi in maniera figurata nel complesso delle scritture bibliche.
3°-nella loro forma MORALE, riguardante il comportamento dei singoli fedeli.
4°-nella loro forma ANAGOGICA, in altre parole MISTICA, intesa a far conoscere i misteri Metafisici ed Escatologici della Gloria di Dio.
Questi principi della patristica “D’Aquiniana”, dimostrano, che il metodo espositivo dell’intera opera biblica, è fondato sui principi dell’Ermeneutica, ossia quel procedimento d’analisi critica, da cui ricavare una spiegazione logica, e quindi in linea con il carattere razionale dell’intelletto umano.
Afferma Max Heindel :
”La Bibbia è stata donata al Mondo Occidentale dagli Angeli di Giustizia, i quali dispensano agli esseri umani, quanto è necessario al loro sviluppo Spirituale, secondo le necessità di tutti, in generale, e di ciascuno in particolare”.
Nei Templi dei “Misteri” dell’antica Grecia, la Religione, l’Arte e la Scienza, erano insegnate contemporaneamente; in seguito fu necessario separarle, affinché ciascuna di loro potesse raggiungere un maggiore sviluppo.
Così nel Medio Evo la Religione fu prevaricante, e assoggettò per i suoi scopi sia l’Arte sia la Scienza.
Sopraggiunse il Rinascimento, durante il quale l’Arte ebbe una posizione preponderante, nonostante ciò la Religione era ancora forte, e l’Arte fu soventemente obbligata a servirla.
Apparve infine la Scienza Moderna, che con mano ferrea soggiocò la Religione.
La Religione causò un grave pregiudizio al mondo, imbrigliando i progressi della Scienza, perché l’ignoranza e la superstizione originarono delle circostanze le cui conseguenze furono incalcolabili; ma il disastro sarebbe stato notevolmente maggiore se la Scienza avesse distrutto la Religione, poiché la “Speranza”, unico dono degli Dei rimasto nel “Vaso di Pandora” sarebbe scomparsa, alimentando così, il materialismo e l’agnosticismo.
Tale minaccia non può mantenersi ancora a lungo, è opportuna una reazione, affinché l’anarchia non distrugga l’Universo, per impedire ciò, la Religione e la Scienza devono nuovamente unirsi, per delineare un’espressione più elevata del bene, del vero e del bello, di quella raggiunta dalla loro scissione.
Ma, come l’olio non si amalgama all’acqua, così una Religione spirituale non può amalgamarsi ad una Scienza materialistica quindi, affinché possa nascere un connubio duraturo tra le due discipline, la Scienza dovrà divenire spirituale e la Religione dovrà farsi scientifica.
Chi desidera studiare intelligentemente la Bibbia, dovrà avvicinarla con mente aperta, idee preconcette ed un’interpretazione categorica delle Sacre Scritture, considerate da molti come la parola stessa di Dio, costituiscono un serio vincolo, il quale impedirà allo studioso di apprendere il vero significato emanato dai Testi, che invece potrà rendersi palese, attraverso uno studio approfondito ed imparziale dell’opera. Queste “Perle” di verità che lo studente intende scoprire, sono velate da interpolazioni e da controsensi, il compenso di una ricerca metodica e coscienziosa, sarà costituito dalla scoperta di una nuova chiave di lettura, e da una chiara comprensione di quanto si è analizzato.
Occorre innanzi tutto comprendere che i vocaboli ebraico-aramaici (come ogni idioma d’origine semitica), particolarmente nella lingua antica, non erano divisi come avviene nel nostro linguaggio moderno, le parole si univano le une con altre, le vocali erano omesse, l’interpretazione era data dal senso logico del discorso, o dal significato che ogni vocabolo scritto interagiva con quello precedente o successivo.
I testi che compongono la Bibbia, furono perlopiù scritti in Ebraico, sono in Aramaico alcune parti di Daniele (2,47,28), di Esdra (4,8-6,18;712-26), ed un versetto di Geremia (10,11), mentre i cosiddetti Deuterocanonici furono completamente scritti in Greco (i libri deuterocanonici inclusi nel canone biblico della Chiesa Cattolica e anche, salvo alcune eccezioni, nel canone della Chiesa Ortodossa, ma non nel canone ebraico. Furono fissati nel canone Cattolico dal Concilio di Trento nel 1546, dopo che la loro posizione nella Bibbia era stata discussa per circa dodici secoli, da cui il nome deuterocanonici, dal greco “secondo canone”). La prima traduzione, denominata dei Settanta, avvenne in Alessandria d’Egitto verso la metà del III°secolo a.c.
Di questa traduzione ci sono rimasti numerosi reperti, circa 3.500, salvo rare eccezioni, tutte anteriori l’anno 1000.
Possiamo quindi comprendere quante difficoltà occorre superare per determinare il senso legittimo di quanto riportato la più lieve variazione può alterare completamente il significato di un’intera frase; inoltre non si deve dimenticare che dei 47 traduttori della versione autorizzata da re Giacomo (1611), la più diffusa in Inghilterra ed in America del nord, solo tre erano dei noti studiosi d’ebraico antico, e di questi due morirono prima che i salmi fossero tradotti; occorre inoltre tener presente che era stato fatto assoluto divieto ai traduttori, di effettuare qualsiasi interpretazione che si scostasse sensibilmente dalle credenze ammesse, o che tendesse ad alterarle.
E’ evidente che in tali circostanze, la possibilità di ricavarne una traduzione fedele era minima.
In Germania le condizioni non furono migliori, poiché Martin Lutero, unico traduttore, non si servì del testo originale ebraico ma della traduzione latina effettuata da S.Gerolamo (intorno al 400 d.c. tradusse la Bibbia in Latino, in parte dalla versione greca dei Settanta, ed in parte, da una traduzione delle scritture in ebraico; la famosa Vulgata) su ordine della Chiesa di Roma.
La maggior parte delle versioni oggi in uso presso i Protestanti d’Europa, sono tratte dalla versione di Lutero, in realtà furono effettuati alcuni controlli, ma non apportarono molti miglioramenti.
In alcuni stati dell’America del nord, moltissimi fedeli sono convinti che la versione ordinata da re Giacomo, sia assolutamente identica a quell’originale, come se la Bibbia fosse stata scritta originariamente in inglese.
Per cui nonostante i vari tentativi, fatti per eliminarli, sussistono sempre gli antichi errori.
Importante è da notare, che coloro che scrissero la Bibbia erano ben lontani dal pensare di redigere “un libro aperto su Dio”.
I grandi occultisti che scrissero lo “Zohar”, libro ebraico introdotto in Spagna dallo scrittore cabalistico Mosé de Leon (XII°secolo) che lo attribuì al grande rabbino Simon ben Yohai (II°secolo), scritto in forma di commentario del Pentauteco racchiude una completa Teosofia, una Cosmologia dell’Universo un trattato sull’Anima, uno sul Peccato, uno sulla Redenzione ed altri argomenti riguardanti il creato ed il suo Creatore.
Il suo contenuto enuncia palesemente che fu opera di vari autori, che si distinsero per epoche e civiltà, ripresentando l’intenzione, che i segreti contenuti nella “Thorah” (la Legge di Mosé) non dovevano essere alla portata di tutti; le seguenti parole contenute nel prologo, confermano questo giudizio:
“Guai all’uomo che vede nella Thorah solo dei fatti e parole comuni, perché in verità, se contenesse solo ciò, saremmo in grado di comporre oggi, una Thorah ben più degna d’ammirazione. Ma non è così…”.
Ogni parola scritta nella Thorah, ha un significato elevato e contiene un mistero sublime… Le sue espressioni, non ne sono che la veste, guai a colui che le interpreta come la Thorah stessa.
Le persone semplici s’interessano molto di più della veste, e dei giudizi che da lei si possono trarre, costoro non sanno vedere ciò che questa racchiude.
I più colti trascurano la veste, considerando solo il corpo, e da questo l’anima che ne è avviluppato.
Tutto ciò indica apertamente, il significato allegorico della Thorah.
S.Paolo afferma in termini inequivocabili, che il racconto di Abramo e dei figli ch’egli ebbe da Sara e da Agar (Isacco ed Ismaele) è puramente simbolico (Galati IV:22-26).
Molti passaggi biblici sono in tale modo velati, altri invece devono essere considerati nel loro senso letterale.
Chi non possiede la celata chiave di lettura, è incapace di trovarvi la verità, che talora è ermeticamente nascosta da espressioni spiacevoli.
Al mistico, meritatosi il diritto di possedere questi tesori, è data la chiave con cui può distinguere nitidamente i gioielli che rimangono invisibili agli altri.
Ed è per questo, che se il racconto della peregrinazione dei figli d’Israele e dei loro rapporti con Dio siano in parte esatta, a questi, vi si unisce un significato spirituale ben superiore, al semplice racconto del loro quarantennale incedere nel deserto del Sinai.
Allo stesso modo i Vangeli, sebbene traccino a grandi linee la vita di un uomo di nome Gesù, contengono anche dei formulari completi d’iniziazione, indicanti le precise esperienze attraverso le quali devono passare, tutti coloro che intendono inoltrarsi sul Sentiero che conduce alla “Verità” ed alla “Vita”.
Mantenendo il segreto su questi profondi argomenti, si adottava l’uso indiscriminato dell’allegoria, ogni qual volta che le masse sarebbero potute venire a conoscenza delle verità occulte.
D’altronde il Cristo, aveva l’abitudine di parlare alla moltitudine con parabole, e di spiegare poi segretamente ai Suoi Discepoli, il significato più profondo che esse contenevano.
In diverse occasioni, ingiunse di non divulgare gli insegnamenti che Egli impartiva Loro in segreto.
S.Paolo si comportava analogamente: Egli da il “latte” ai fanciulli nella fede, e riserva la “carne”, ossia gli insegnamenti più avanzati per i forti, per coloro che sono qualificati a comprenderli ed a riceverli (Ia Ep.Cor. III: 1-3).
La Bibbia d’Israele, come già affermato, fu scritta inizialmente in Ebraico, ma nulla rimane dei manoscritti originali, verso il 280° a.c. apparve una traduzione in Greco, quell’appunto dei Settanta, ma anche ai tempi di Cristo esistevano grandi confusioni e diversità di vedute circa le parti che dovevano essere considerate originali e quelle che sarebbero state aggiunte.
Solamente dopo il ritorno dall’esilio di Babilonia, gli scribi cominciarono a raggruppare i manoscritti, e verso il 500 d.c. apparve il “Talmud”, primo testo che rassomigliasse all’attuale ma che per i fatti sopra esposti, non poteva essere conforme all’originale
Il “Talmud” fu allora riveduto dalla scuola “Massoretica”, che dal 500 al 800 d.c. risiedeva principalmente a Tiberiade.
Dopo un lungo e minuzioso lavoro, fu elaborato un Vecchio Testamento Ebraico, ed oggi è il testo più vicino all’originale di cui attualmente possiamo disporre.
Di conseguenza possiamo affermare, che la Bibbia di cui abbiamo visione, non è integralmente d’ispirazione divina, ne possiamo considerarla dall’inizio alla fine come se fosse la Parola stessa di Dio, riconosciamo che essa è una misera traduzione dei documenti originali e che contiene numerose interpolazioni, che furono inserite in epoche diverse, per dare risalto ad alcune interpretazioni, favorenti la classe dominante dell’epoca o l’oligarchia religiosa.
Ciò nonostante, il solo fatto che tante verità siano state accumulate in quest’opera, è fonte di continua meraviglia per lo studioso, che in possesso della chiave d’interpretazione, ne conosce il valore reale.
Ricordiamoci che la “verità ha numerosi aspetti”, e che è eterna.
Per cui la sua ricerca deve essere universale ed infinita possiamo paragonare la verità ad una Montagna, e le sue varie interpretazioni ai sentieri, con cui ognuno può arrivare alla cima, moltissime anime percorrono questi sentieri ed ognuno di loro, pensa di seguire il tracciato migliore; fintanto che si rimane ai piedi del monte non si può vedere che una sola parte di esso, e pertanto, ci si sente autorizzati a dire ai nostri fratelli: “Voi siete sul sentiero sbagliato, seguite il mio che è il solo che conduce alla cima”, ma via via che si avanza, si scoprono altri camminamenti che convergono alla stessa meta, portando tutti in definitiva, in cima alla vetta.
Possiamo affermare con certezza, che non esiste scuola di pensiero che abbia attratto e mantenuto l’attenzione su di se da un buon numero d’adepti, che non abbia intrinsecamente un’onesta dose di verità.
Indipendentemente da ciò che ognuno di noi pensa, ogni comunità religiosa, possiede l’embrione di una dottrina Divina la quale, poco a poco, conduce i suoi fedeli alla sommità del Monte.
Per tale motivo ogni ricercatore dell’Anima, deve esprimere la massima tolleranza nei confronti di qualsiasi credo religioso.
Ostia Lido 15 Novembre 2002
Il corso biblico, basato sugli insegnamenti Rosa+croce, ha per l’appunto, lo scopo di porre in luce queste correlazioni.
Le lezioni sono state ricavate da estratti delle opere di Max Heindel, chiaroveggente illuminato e investigatore dei Mondi Invisibili.
L’autore non ha mai preteso di affermare tutta la verità sugli argomenti trattati, poiché com’è noto, ”Per ogni verità universale esistono sette interpretazioni valide”.
Le interpretazioni fornite, possono essere sostenute da un esame logico ed imparziale, offrendo in pari tempo, una solida base per un’interpretazione più ampia e per una comprensione più approfondita delle Sacre Scritture.
San Tommaso D’Aquino (1225-1274), uno dei più importanti “Padri” della Chiesa Cattolica (il “Tomismo” è la dottrina ufficiale del Cattolicesimo), filosofo e studioso aristotelico, allievo prediletto di S. Alberto Magno, padre domenicano filosofo e teologo tedesco, 1207-1280, fissa, all’inizio della sua “Summa Teologica” (commentario teologico composto di tre libri, redatti tra il 1265 ed il 1273), i quattro aspetti con cui vanno decifrati i testi biblici:
1°- nella loro forma LETTERALE,
2°-nella loro forma ALLEGORICA, ovvero, quello per cui l’operato del Cristo e la missione della Sua Chiesa, sono espressi in maniera figurata nel complesso delle scritture bibliche.
3°-nella loro forma MORALE, riguardante il comportamento dei singoli fedeli.
4°-nella loro forma ANAGOGICA, in altre parole MISTICA, intesa a far conoscere i misteri Metafisici ed Escatologici della Gloria di Dio.
Questi principi della patristica “D’Aquiniana”, dimostrano, che il metodo espositivo dell’intera opera biblica, è fondato sui principi dell’Ermeneutica, ossia quel procedimento d’analisi critica, da cui ricavare una spiegazione logica, e quindi in linea con il carattere razionale dell’intelletto umano.
Afferma Max Heindel :
”La Bibbia è stata donata al Mondo Occidentale dagli Angeli di Giustizia, i quali dispensano agli esseri umani, quanto è necessario al loro sviluppo Spirituale, secondo le necessità di tutti, in generale, e di ciascuno in particolare”.
Nei Templi dei “Misteri” dell’antica Grecia, la Religione, l’Arte e la Scienza, erano insegnate contemporaneamente; in seguito fu necessario separarle, affinché ciascuna di loro potesse raggiungere un maggiore sviluppo.
Così nel Medio Evo la Religione fu prevaricante, e assoggettò per i suoi scopi sia l’Arte sia la Scienza.
Sopraggiunse il Rinascimento, durante il quale l’Arte ebbe una posizione preponderante, nonostante ciò la Religione era ancora forte, e l’Arte fu soventemente obbligata a servirla.
Apparve infine la Scienza Moderna, che con mano ferrea soggiocò la Religione.
La Religione causò un grave pregiudizio al mondo, imbrigliando i progressi della Scienza, perché l’ignoranza e la superstizione originarono delle circostanze le cui conseguenze furono incalcolabili; ma il disastro sarebbe stato notevolmente maggiore se la Scienza avesse distrutto la Religione, poiché la “Speranza”, unico dono degli Dei rimasto nel “Vaso di Pandora” sarebbe scomparsa, alimentando così, il materialismo e l’agnosticismo.
Tale minaccia non può mantenersi ancora a lungo, è opportuna una reazione, affinché l’anarchia non distrugga l’Universo, per impedire ciò, la Religione e la Scienza devono nuovamente unirsi, per delineare un’espressione più elevata del bene, del vero e del bello, di quella raggiunta dalla loro scissione.
Ma, come l’olio non si amalgama all’acqua, così una Religione spirituale non può amalgamarsi ad una Scienza materialistica quindi, affinché possa nascere un connubio duraturo tra le due discipline, la Scienza dovrà divenire spirituale e la Religione dovrà farsi scientifica.
Chi desidera studiare intelligentemente la Bibbia, dovrà avvicinarla con mente aperta, idee preconcette ed un’interpretazione categorica delle Sacre Scritture, considerate da molti come la parola stessa di Dio, costituiscono un serio vincolo, il quale impedirà allo studioso di apprendere il vero significato emanato dai Testi, che invece potrà rendersi palese, attraverso uno studio approfondito ed imparziale dell’opera. Queste “Perle” di verità che lo studente intende scoprire, sono velate da interpolazioni e da controsensi, il compenso di una ricerca metodica e coscienziosa, sarà costituito dalla scoperta di una nuova chiave di lettura, e da una chiara comprensione di quanto si è analizzato.
Occorre innanzi tutto comprendere che i vocaboli ebraico-aramaici (come ogni idioma d’origine semitica), particolarmente nella lingua antica, non erano divisi come avviene nel nostro linguaggio moderno, le parole si univano le une con altre, le vocali erano omesse, l’interpretazione era data dal senso logico del discorso, o dal significato che ogni vocabolo scritto interagiva con quello precedente o successivo.
I testi che compongono la Bibbia, furono perlopiù scritti in Ebraico, sono in Aramaico alcune parti di Daniele (2,47,28), di Esdra (4,8-6,18;712-26), ed un versetto di Geremia (10,11), mentre i cosiddetti Deuterocanonici furono completamente scritti in Greco (i libri deuterocanonici inclusi nel canone biblico della Chiesa Cattolica e anche, salvo alcune eccezioni, nel canone della Chiesa Ortodossa, ma non nel canone ebraico. Furono fissati nel canone Cattolico dal Concilio di Trento nel 1546, dopo che la loro posizione nella Bibbia era stata discussa per circa dodici secoli, da cui il nome deuterocanonici, dal greco “secondo canone”). La prima traduzione, denominata dei Settanta, avvenne in Alessandria d’Egitto verso la metà del III°secolo a.c.
Di questa traduzione ci sono rimasti numerosi reperti, circa 3.500, salvo rare eccezioni, tutte anteriori l’anno 1000.
Possiamo quindi comprendere quante difficoltà occorre superare per determinare il senso legittimo di quanto riportato la più lieve variazione può alterare completamente il significato di un’intera frase; inoltre non si deve dimenticare che dei 47 traduttori della versione autorizzata da re Giacomo (1611), la più diffusa in Inghilterra ed in America del nord, solo tre erano dei noti studiosi d’ebraico antico, e di questi due morirono prima che i salmi fossero tradotti; occorre inoltre tener presente che era stato fatto assoluto divieto ai traduttori, di effettuare qualsiasi interpretazione che si scostasse sensibilmente dalle credenze ammesse, o che tendesse ad alterarle.
E’ evidente che in tali circostanze, la possibilità di ricavarne una traduzione fedele era minima.
In Germania le condizioni non furono migliori, poiché Martin Lutero, unico traduttore, non si servì del testo originale ebraico ma della traduzione latina effettuata da S.Gerolamo (intorno al 400 d.c. tradusse la Bibbia in Latino, in parte dalla versione greca dei Settanta, ed in parte, da una traduzione delle scritture in ebraico; la famosa Vulgata) su ordine della Chiesa di Roma.
La maggior parte delle versioni oggi in uso presso i Protestanti d’Europa, sono tratte dalla versione di Lutero, in realtà furono effettuati alcuni controlli, ma non apportarono molti miglioramenti.
In alcuni stati dell’America del nord, moltissimi fedeli sono convinti che la versione ordinata da re Giacomo, sia assolutamente identica a quell’originale, come se la Bibbia fosse stata scritta originariamente in inglese.
Per cui nonostante i vari tentativi, fatti per eliminarli, sussistono sempre gli antichi errori.
Importante è da notare, che coloro che scrissero la Bibbia erano ben lontani dal pensare di redigere “un libro aperto su Dio”.
I grandi occultisti che scrissero lo “Zohar”, libro ebraico introdotto in Spagna dallo scrittore cabalistico Mosé de Leon (XII°secolo) che lo attribuì al grande rabbino Simon ben Yohai (II°secolo), scritto in forma di commentario del Pentauteco racchiude una completa Teosofia, una Cosmologia dell’Universo un trattato sull’Anima, uno sul Peccato, uno sulla Redenzione ed altri argomenti riguardanti il creato ed il suo Creatore.
Il suo contenuto enuncia palesemente che fu opera di vari autori, che si distinsero per epoche e civiltà, ripresentando l’intenzione, che i segreti contenuti nella “Thorah” (la Legge di Mosé) non dovevano essere alla portata di tutti; le seguenti parole contenute nel prologo, confermano questo giudizio:
“Guai all’uomo che vede nella Thorah solo dei fatti e parole comuni, perché in verità, se contenesse solo ciò, saremmo in grado di comporre oggi, una Thorah ben più degna d’ammirazione. Ma non è così…”.
Ogni parola scritta nella Thorah, ha un significato elevato e contiene un mistero sublime… Le sue espressioni, non ne sono che la veste, guai a colui che le interpreta come la Thorah stessa.
Le persone semplici s’interessano molto di più della veste, e dei giudizi che da lei si possono trarre, costoro non sanno vedere ciò che questa racchiude.
I più colti trascurano la veste, considerando solo il corpo, e da questo l’anima che ne è avviluppato.
Tutto ciò indica apertamente, il significato allegorico della Thorah.
S.Paolo afferma in termini inequivocabili, che il racconto di Abramo e dei figli ch’egli ebbe da Sara e da Agar (Isacco ed Ismaele) è puramente simbolico (Galati IV:22-26).
Molti passaggi biblici sono in tale modo velati, altri invece devono essere considerati nel loro senso letterale.
Chi non possiede la celata chiave di lettura, è incapace di trovarvi la verità, che talora è ermeticamente nascosta da espressioni spiacevoli.
Al mistico, meritatosi il diritto di possedere questi tesori, è data la chiave con cui può distinguere nitidamente i gioielli che rimangono invisibili agli altri.
Ed è per questo, che se il racconto della peregrinazione dei figli d’Israele e dei loro rapporti con Dio siano in parte esatta, a questi, vi si unisce un significato spirituale ben superiore, al semplice racconto del loro quarantennale incedere nel deserto del Sinai.
Allo stesso modo i Vangeli, sebbene traccino a grandi linee la vita di un uomo di nome Gesù, contengono anche dei formulari completi d’iniziazione, indicanti le precise esperienze attraverso le quali devono passare, tutti coloro che intendono inoltrarsi sul Sentiero che conduce alla “Verità” ed alla “Vita”.
Mantenendo il segreto su questi profondi argomenti, si adottava l’uso indiscriminato dell’allegoria, ogni qual volta che le masse sarebbero potute venire a conoscenza delle verità occulte.
D’altronde il Cristo, aveva l’abitudine di parlare alla moltitudine con parabole, e di spiegare poi segretamente ai Suoi Discepoli, il significato più profondo che esse contenevano.
In diverse occasioni, ingiunse di non divulgare gli insegnamenti che Egli impartiva Loro in segreto.
S.Paolo si comportava analogamente: Egli da il “latte” ai fanciulli nella fede, e riserva la “carne”, ossia gli insegnamenti più avanzati per i forti, per coloro che sono qualificati a comprenderli ed a riceverli (Ia Ep.Cor. III: 1-3).
La Bibbia d’Israele, come già affermato, fu scritta inizialmente in Ebraico, ma nulla rimane dei manoscritti originali, verso il 280° a.c. apparve una traduzione in Greco, quell’appunto dei Settanta, ma anche ai tempi di Cristo esistevano grandi confusioni e diversità di vedute circa le parti che dovevano essere considerate originali e quelle che sarebbero state aggiunte.
Solamente dopo il ritorno dall’esilio di Babilonia, gli scribi cominciarono a raggruppare i manoscritti, e verso il 500 d.c. apparve il “Talmud”, primo testo che rassomigliasse all’attuale ma che per i fatti sopra esposti, non poteva essere conforme all’originale
Il “Talmud” fu allora riveduto dalla scuola “Massoretica”, che dal 500 al 800 d.c. risiedeva principalmente a Tiberiade.
Dopo un lungo e minuzioso lavoro, fu elaborato un Vecchio Testamento Ebraico, ed oggi è il testo più vicino all’originale di cui attualmente possiamo disporre.
Di conseguenza possiamo affermare, che la Bibbia di cui abbiamo visione, non è integralmente d’ispirazione divina, ne possiamo considerarla dall’inizio alla fine come se fosse la Parola stessa di Dio, riconosciamo che essa è una misera traduzione dei documenti originali e che contiene numerose interpolazioni, che furono inserite in epoche diverse, per dare risalto ad alcune interpretazioni, favorenti la classe dominante dell’epoca o l’oligarchia religiosa.
Ciò nonostante, il solo fatto che tante verità siano state accumulate in quest’opera, è fonte di continua meraviglia per lo studioso, che in possesso della chiave d’interpretazione, ne conosce il valore reale.
Ricordiamoci che la “verità ha numerosi aspetti”, e che è eterna.
Per cui la sua ricerca deve essere universale ed infinita possiamo paragonare la verità ad una Montagna, e le sue varie interpretazioni ai sentieri, con cui ognuno può arrivare alla cima, moltissime anime percorrono questi sentieri ed ognuno di loro, pensa di seguire il tracciato migliore; fintanto che si rimane ai piedi del monte non si può vedere che una sola parte di esso, e pertanto, ci si sente autorizzati a dire ai nostri fratelli: “Voi siete sul sentiero sbagliato, seguite il mio che è il solo che conduce alla cima”, ma via via che si avanza, si scoprono altri camminamenti che convergono alla stessa meta, portando tutti in definitiva, in cima alla vetta.
Possiamo affermare con certezza, che non esiste scuola di pensiero che abbia attratto e mantenuto l’attenzione su di se da un buon numero d’adepti, che non abbia intrinsecamente un’onesta dose di verità.
Indipendentemente da ciò che ognuno di noi pensa, ogni comunità religiosa, possiede l’embrione di una dottrina Divina la quale, poco a poco, conduce i suoi fedeli alla sommità del Monte.
Per tale motivo ogni ricercatore dell’Anima, deve esprimere la massima tolleranza nei confronti di qualsiasi credo religioso.
Ostia Lido 15 Novembre 2002