Coscienza collettiva...
Questo “ricordo” a livello organico viene definito DNA ed a livello psichico io lo chiamo “psicostoria”, ovvero la capacità di lettura attraverso la memorizzazione automatica, presente nell’insieme dei processi vitali coinvolti negli eventi. E siccome non esiste separazione alcuna in qualsivoglia processo vitale, che si manifesti con il nostro diretto coinvolgimento oppure con uno indiretto, e qui faccio ancora l’esempio del corpo umano in cui se vengono ad esempio persi i denti questo fatto coinvolge anche tutti gli altri organi ed appendici, dalla testa ai piedi. Senza denti si deteriora l’alimentazione, l’individuo perde la capacità aggressivo-difensiva, etc. etc. insomma ogni aspetto corporale viene influenzato.
Ciò logicamente succede anche per gli eventi sulla faccia del pianeta: una bomba atomica in Siberia influisce sulle condizioni ambientali dell’Antartide….
Infine se vogliamo conoscere la storia, quella vera, è necessario intromettersi nel magazzino della funzione mnemonica, che è presente comunque in chiave olistica ed olografica in ognuno di noi.
In India questo magazzino si chiama Akasha, Jung lo chiamò Inconscio collettivo, gli esoteristi lo chiamano Aura della Terra.
Come fare ad attingere a questo archivio misterioso e sempre presente?
La risposta sta nella domanda stessa… Come fa l’acqua a conoscere l’acqua? Come fa il fuoco a conoscere il fuoco? Come fai a conoscere te stesso?
Essendolo…! Non come un osservatore che guarda bensì come sostanza costituente dell’andamento energetico in corso. Spogliandosi quindi del senso di separazione che ci impedisce di percepire l’insieme di cui siamo parte integrante. E questo è anche il sentire dell'ecologia profonda.
Paolo D'Arpini
Scheda dettagli:
Data: 4 maggio 2023Autore: Paolo D'Arpini
Fonte/Casa Editrice: https://bioregionalismo.blogspot.com /2023/04/collective-consciousness-coscienza.html
Profilo Pubblico di:
Paolo D’Arpini - Circolo vegetariano VV.TT.
Nella mia vita non ho mai avuto un dono spiccato per la modestia, ho sempre considerato me stesso e la mia opera come un degno percorso evolutivo. Abitando a Verona avevo già collaborato, nel 1967-68, ad una rivista locale che si chiamava Verona Beat, un cult tipico di quegli anni, ebbi la fortuna…