dom, 05 maggio 2024

L’Incantesimo dei Sacchi di Grano

La mietitura, la nonna e la bambina

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In questo caldo e assolato agosto, il mio pensiero torna spesso alle giornate dorate in cui soggiornavo dalla nonna ed era tempo di mietitura.

La raccolta del grano era un vero e proprio evento che coinvolgeva tutta la famiglia e metteva insieme ogni grado di parentela e generazione. La preparazione durava giorni e ciascuno si prestava laboriosamente a preparare tutto ciò che la tradizione contemplava. Così, gli uomini si dedicavano agli attrezzi mentre le donne ai sacchi di juta.

Ricordo, come le avessi davanti agli occhi proprio in questo momento, le mani di mia nonna che pazientemente rammendava un sacco dopo l’altro: l’ago che si muove su e giù con delicata cadenzata, l’odore della juta che invade la stanza…

Quando infine giungeva il giorno del raccolto, tutti, compresi noi bambini, ci riversavamo nei campi tra le spighe e sotto il sole. Uno a uno, i sacchi venivano riempiti di meravigliose spighe lucenti e quando anche l’ultima spiga del campo era stata raccolta, si tornava verso casa per un pasto condiviso e un ringraziamento simbolico ai partecipanti e alla terra che, anche quell’anno, aveva ci aveva donato generosamente i suoi frutti.

Nei giorni successivi i sacchi venivano poi rovesciati su piani di legno e iniziava la cernita dei chicchi: quelli guasti venivano scartati, quelli buoni erano pronti per essere macinati e divenire farina, poi pane.

A quei tempo non comprendevo la grande magia che mi trovavo a vivere. Non sapevo ancora che la festa del raccolto è il momento in cui Madre Terra elargisce la sua benedizione inondandoci con l’abbondanza.

La festa del grano “Lughnasad” o “Lammas”

I nomadi popoli dell’antichità divennero sedentari solo quando cominciarono a praticare l’agricoltura e iniziarono la coltivazione di grano, orzo e avena. La raccolta e la conservazione di questi cereali permetteva loro di sopravvivere anche durante l’inverno, per questo i prodotti della terra erano più preziosi dell’oro.

I Celti celebravano la festa del grano “Lughnasad”, una festa di gioia e di ringraziamento in cui la Madre Terra, colei che ci dà la vita, colei che è fruttifera, veniva ringraziata per i suoi doni. Nelle tribù celtiche britanniche questa festa cadeva verso l’inizio di agosto quando in quelle terre il biondo grano, l’orzo e l’avena avevano raggiunto il massimo della bellezza e della maturazione. Lammas era anche la festa del pane, che simboleggiava il primo frutto del raccolto. Le celebrazioni, che potevano durare anche molti giorni, erano un inno di gratitudine a Nolava La Madre, una delle Morgen di Avalon, colei che nutre, la Dea preposta al grano, al frumento all’abbondanza e alla generosità alla maternità:

“Mi risveglio nell’abbondanza, momento
dopo momento sento la gioia crescente
del raccolto che matura.
Crescete e piantate le vostre radici
profonde nel mio suolo, allattatevi al mio seno
tutto è uno, la maturità è tutto.
Riconoscetevi in Me”
(brano tratto dalla poesia Onorare la Morgen Madre di Juliet Yelverton)

La vecchia e la fanciulla

I Celti per onorare la madre del grano creavano in queste celebrazioni le bambole del grano. Utilizzando fasci di grano, orzo e avena, uniti da fili di lana che venivano tessuti con le spighe, si creavano delle rozze bambole: le cosiddette fanciulle del grano che venivano poste all’interno di un grosso covone costruito con le ultime spighe.

La mitologia ricorda ancora oggi l’esistenza di due essenze femminili, la madre e la figlia, entrambe personificate dall’ultimo covone mietuto, per sottolinearne la comune origine e la loro affinità. La madre simboleggia la Vecchia del Grano, lo spirito appena passato, che è morto con la mietitura dando alla luce la fanciulla del Grano, simbolo di rinascita. In questa fanciulla si era trasferito lo spirito della Vecchia e dai suoi chicchi nuovamente seminati sarebbe germinato un altro raccolto.

L’abbondanza e la carta dell’Imperatrice

Oggi non sono più una bambina, sono cresciuta e vivo in una città, ma in questa stagione sento particolarmente la mancanza del profumo di quelle giornate faticose del raccolto, che mi mettevano in diretto contatto con la Madre Terra. Tuttavia questo contatto non è perduto: posso ritrovarlo avvicinandomi all’archetipo dell’Imperatrice, la Grande Madre che rappresenta il dare e il ricevere.

L’abbondanza, riprodotta nel raccolto la ritroviamo infatti nella carta dei tarocchi di Motherpeace raffigurata dall’Imperatrice, quella stessa che i popoli dell’antichità veneravano come Grande Madre, i Babilonesi come Ishtar e i Greci come Afrodite.



Ishtar, Afrodite, la Grande Madre, L’imperatrice, rappresentano la fertilità, la gravidanza, la gestazione, che culmina con la creazione di una nuova vita. Nel periodo paleolitico le donne si occupavano dell’agricoltura e degli animali domestici, uno dei primi era il toro, che colleghiamo astrologicamente al segno zodiacale, alla costellazione del Toro e a quella delle Pleiadi e al pianeta che governa l’Imperatrice, Venere.

Il passato e il Presente

Anche oggi dovremmo onorare la Madre ringraziandola per l’immenso regalo che ci dà ogni singolo giorno, per la vita, l’abbondanza materiale. Lei ci nutre e ci veste, dobbiamo affidarci al suo immenso Amore. Le nostre iniziazioni avvengono a livello inconscio, nei nostri sogni e nelle nostre azioni. L’Imperatrice, La Madre, è la consapevolezza inconscia, la summa dei misteri delle conoscenze antiche, la capacità di guarigione che non è svanita ma è presente dentro di noi. La connessione con la terra, la conoscenza del mistero della procreazione, l’atto sacro della nascita sono tutte parti della natura femminile, riportiamole alla luce. La Dea Madre attende il nostro risveglio.

Pratiche di gratitudine

Accendete una candela sul vostro altare e sedetevi di fronte ad essa. Rilassatevi, cercate l’armonia in voi stesse. Ringraziate la Dea per tutto ciò che avete nella vostra vita, per questo giorno vissuto, per il sole, la pioggia e la neve, per la famiglia, gli amici, il lavoro e le opportunità in cui vi siete imbattute, per le persone che avete conosciuto, per le sfide che avete dovuto affrontare.

La bambina oggi

In questo periodo, l’anno lavorativo, mio e di tutti, si interrompe con il tempo del raccolto, ognuno di noi sta guardando indietro e nello stesso tempo avanti. Il mio consiglio è cercare di passare al meglio questi giorni di riposo concentrandoci sulla qualità della nostra vita e sulla sua rigenerazione.

Da parte mia, torno bambina accanto a mia nonna, seduta a cucire i sacchi di juta, le porgo l’ago con il filo di cotone perché il grano, l’orzo e l’avena non debbano cadere e vadano dispersi. Lei mi sorride e continua a rammendare e i suoi gesti sempre uguali non sono altro che l’insegnamento tramandato dei cicli ripetitivi e delle tradizioni millenarie.

Mariella Bianco
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Scheda dettagli:

Data: 2 ottobre 2017Autore: MARIELLA BIANCO
Fonte/Casa Editrice: https://www.ilcignoeillabirinto.it/wp-content/uploads/2017/07/FB_IMG_1499976227279.jpg
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In Cammino Verso la Scoperta di te Il Cigno e il Labirinto nasce dalla passione e dalla dedizione di tre operatrici specializzate in diverse discipline olistiche e spirituali, dapprima come gruppo informale, poi, nel 2014, con l’arrivo di “Romeo”, nome affettuoso con cui chiamiamo la sede, il gruppo…

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