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Zimbabwe: Dopo la Stampa, Imbavagliata la Rete
Non bastava la legge-bavaglio sulla stampa, che di fatto ha spazzato via i mass-media indipendenti e quelli stranieri dallo Zimbabwe. Non bastava il ‘digital divide’, il baratro tecnologico che separa i Paesi occidentali da quelli del Sud del Mondo, dove internet è ancora appannaggio di pochi. Ora la scure della censura del presidente Robert Mugabe - per ora solo annunciata – starebbe per abbattersi sulla posta elettronica e sul web. Il governo dello Zimbabwe ha elaborato una nuova normativa diretta ai ‘provider’, cioè i fornitori dell’accesso a internet e alla posta elettronica, che li obbliga a sottoscrivere un contratto per collaborare con il governo a rintracciare le email considerate offensive. La proposta di legge prevede anche il divieto di utilizzo dei servizi internet per “attività anti-nazionali” che possono essere punite dalle leggi dello Zimbabwe. I messaggi email sono l’unica forma di comunicazione non ancora sottoposta al controllo statale, che comprende già la stampa, la radio e la televisione. Ma questa ipotesi ha provocato la reazione degli operatori del settore. La ‘Zispa’, la locale associazione dei fornitori di servizi internet, ha chiesto al governo di chiarire i contenuti della proposta. “Diciamo ‘no’ al governo perché tutto ciò è illegale” ha detto il responsabile di un provider al giornale ‘Standard’. Secondo un esperto di telecomunicazioni citato da un altro giornale, la tenace opposizione dei gestori dei servizi telematici rischia di essere vana: la maggior parte del traffico di messaggi di posta elettronica da e per il Paese dell’Africa Australe transita infatti per ‘TelOne’, la compagnia di telecomunicazioni statale e potrebbe quindi essere sottoposta a controlli. Il giro di vite ‘tecnologico’ ha suscitato anche le vivaci proteste dell’opposizione, dal momento che i messaggi più ‘pericolosi’ per le autorità sono proprio quelli politici. Che potrebbero offrire spiragli di dibattito negati dalla autoritarismo di Mugabe, secondo cui Internet “è uno strumento dei colonialisti”. Eppure, in Zimbabwe, l’anno scorso erano oltre centomila gli utenti registrati regolarmente alla rete, facendone uno dei Paesi più tecnologicamente avanzati del continente.