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Sudan, Animisti-Cristiani e Musulmani in Guerra
Riportiamo un articolo dell'agenzia Misna su una delle tante "guerre dimenticate" che insanguinano il mondo, e sulla quale i media non si sono soffermati. Riguarda il conflitto in atto in Sudan che vede opposti il nord del paese, a maggioranza musulmana, e il sud, di tradizione animista-cristiana. Due culture che, in questo momento della loro storia, hanno deciso di affrontarsi con le armi ma senza ricevere quell'attenzione da parte della comunità internazionale che potrebbe indurre le parti a riconsiderare le proprie posizioni in seguito alla mediazione. Quando riusciremo ad avere notizie da questo fronte ci premureremo di diffonderle per i nostri lettori.
"BOMBARDAMENTI SU OBIETTIVI CIVILI, QUANDO È TROPPO, È TROPPO!
Il compito della nostra agenzia è principalmente quello di rilanciare le notizie che riguardano il Sud del mondo. Vi sono delle circostanze però in cui il commento è inevitabile. Questa notte è giunta nella nostra redazione una dichiarazione diramata a Washington dal Dipartimento di Stato in cui si legge che il governo sudanese ha accettato, in linea di principio, l'idea di un meccanismo internazionale di controllo contro il bombardamento di obiettivi civili. Il portavoce Usa, Richard Boucher, ha precisato che un accordo in tal senso consentirà agli Stati Uniti di riprendere la loro mediazione per porre fine alla guerra civile tra il Nord Sudan musulmano e il Sud animista e cristiano. Letta così, per i non addetti ai lavori, la nota di Washington rappresenta un segnale di speranza per la martoriata popolazione sudsudanese, che vive dal 1983 indicibili sofferenze. Viene però spontaneo chiedersi se non esistano altre iniziative più credibili sul piano internazionale. Dall’inizio di gennaio, sono ben 14 le incursioni aeree che hanno interessato località del Bahr el-Ghazal, dell’Equatoria e soprattutto dell’Upper Nile. Complessivamente, in due mesi i raid hanno provocato la morte di 40 persone, un gran numero di feriti e la distruzione di diverse abitazioni. Il regime islamico di Khartoum ha ripetutamente promesso di sospendere gli attacchi contro obiettivi civili, ma la realtà è ben diversa. Non solo proseguono i bombardamenti effettuati da alta quota con aerei ‘Antonov’ di produzione russa, ma sempre più spesso le incursioni vengono affidate a elicotteri da combattimento, di cui l’esercito sudanese sembra avere accresciuto sensibilmente la disponibilità negli ultimi mesi. Non sarebbe ora che la Comunità internazionale uscisse dal letargo e costringesse il governo di Khartoum e i ribelli dello Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan) a sedere attorno al tavolo del negoziato. Come in Medio Oriente, anche in Sudan servirebbe una task-force internazionale per garantire l’incolumità della gente, soprattutto donne, vecchi e bambini. In 19 anni di guerra, sono morte oltre 2milioni di persone nelle regioni meridionali del tormentato Paese africano. Sarà mai possibile che gli interessi economici legati al business del petrolio debbano pregiudicare il diritto alla vita di milioni d’inncocenti? Quando è troppo, è troppo!"
"BOMBARDAMENTI SU OBIETTIVI CIVILI, QUANDO È TROPPO, È TROPPO!
Il compito della nostra agenzia è principalmente quello di rilanciare le notizie che riguardano il Sud del mondo. Vi sono delle circostanze però in cui il commento è inevitabile. Questa notte è giunta nella nostra redazione una dichiarazione diramata a Washington dal Dipartimento di Stato in cui si legge che il governo sudanese ha accettato, in linea di principio, l'idea di un meccanismo internazionale di controllo contro il bombardamento di obiettivi civili. Il portavoce Usa, Richard Boucher, ha precisato che un accordo in tal senso consentirà agli Stati Uniti di riprendere la loro mediazione per porre fine alla guerra civile tra il Nord Sudan musulmano e il Sud animista e cristiano. Letta così, per i non addetti ai lavori, la nota di Washington rappresenta un segnale di speranza per la martoriata popolazione sudsudanese, che vive dal 1983 indicibili sofferenze. Viene però spontaneo chiedersi se non esistano altre iniziative più credibili sul piano internazionale. Dall’inizio di gennaio, sono ben 14 le incursioni aeree che hanno interessato località del Bahr el-Ghazal, dell’Equatoria e soprattutto dell’Upper Nile. Complessivamente, in due mesi i raid hanno provocato la morte di 40 persone, un gran numero di feriti e la distruzione di diverse abitazioni. Il regime islamico di Khartoum ha ripetutamente promesso di sospendere gli attacchi contro obiettivi civili, ma la realtà è ben diversa. Non solo proseguono i bombardamenti effettuati da alta quota con aerei ‘Antonov’ di produzione russa, ma sempre più spesso le incursioni vengono affidate a elicotteri da combattimento, di cui l’esercito sudanese sembra avere accresciuto sensibilmente la disponibilità negli ultimi mesi. Non sarebbe ora che la Comunità internazionale uscisse dal letargo e costringesse il governo di Khartoum e i ribelli dello Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan) a sedere attorno al tavolo del negoziato. Come in Medio Oriente, anche in Sudan servirebbe una task-force internazionale per garantire l’incolumità della gente, soprattutto donne, vecchi e bambini. In 19 anni di guerra, sono morte oltre 2milioni di persone nelle regioni meridionali del tormentato Paese africano. Sarà mai possibile che gli interessi economici legati al business del petrolio debbano pregiudicare il diritto alla vita di milioni d’inncocenti? Quando è troppo, è troppo!"