Notizie
Missionari: Padri Saveriani non Mollano. Nonostante i Continui Saccheggi Rimangono Vicino ai Fedeli
Dall’ex Zaire provengono soprattutto notizie di guerra e morte. Ogni giorno. Ma ci sono anche ‘storie’ che squarciano il velo di disperazione e regalano un soffio di speranza. MISNA vuole raccontare quella della missione saveriana di Kitutu, 230 chilometri a sud ovest di Bukavu. Se ci fosse un ‘guinness dei primati’ dei luoghi più disgraziati dove vivere, ai primi posti ci sarebbe probabilmente il sud Kivu, regione orientale della Repubblica democratica del Congo a confine con i Grandi Laghi. Qui svolgono il proprio mandato ‘ad gentes’ 3 missionari saveriani. Fino ad oggi, dal novembre 1996, quando la cosiddetta ‘guerra di liberazione’ del defunto presidente congolese Laurent Desiré Kabila passò anche da quelle parti, la missione è stata saccheggiata 10 volte. In seguito alle varie ‘liberazioni’ che si sono alternate, le comunità saveriana di Kitutu ha subìto furti e distruzioni da parte dei militari zairesi in fuga, di quelli congolesi, delle bande armate di tutti i tipi, dei Mayimayi (partigiani congolesi), degli interahamwe rwandesi e burundesi presenti nella zona. Con tenacità, e spesso mettendo a rischio la loro vita, i padri sono sempre rimasti sul posto per dare coraggio alla gente nella lotta per la sopravvivenza in un’area devastata da conflitti mai interrotti. Hanno sempre ricostruito quanto distrutto e riequipaggiato ciò che veniva rubato, grazie anche all’aiuto anche di molti benefattori italiani. Il materiale arrivava via aerea (un piccolo velivolo) quando la strada – manco a dirlo - non era praticabile a causa delle bande armate... "Hanno continuato con fede e coraggio tutte le loro visite durante questi sei anni alle varie cristianità dell'immensa missione – racconta oggi alla MISNA un missionario che ne ha conosciuto la perseverante dedizione - portando una parola di pace e di speranza a quanti erano in preda alla paura e allo scoraggiamento per l’inutilità della vita che stanno vivendo". Troppe volte le pallottole hanno fischiato vicino alle loro orecchie e il crepitio dei kalashnikov è riecheggiato da distanza ridotta. "Hanno conosciuto tutti i regimi di occupazione armata della zona che si alternano regolarmente quando gli uni cacciano gli altri", prosegue il religioso. "Ne hanno veramente viste e vissute di tutti i colori. Dio li ha sempre protetti e conservati anche se le pareti della missione parlano ancora delle sparatorie e hanno le pallottole infisse fra i mattoni". Una via crucis di bossoli e schegge metalliche, scalfita nel muro. "Hanno suonato la campana della gioia della vita anche quando in tutto il villaggio non erano rimasti che loro tre", conclude il missionario. "La gente, nascosta nella foresta, sentiva l’eco lontano della campana della missione e pregava ringraziando Dio, pur nella sventura, perché la speranza di ritornare e di vivere non era ancora tramontata. La gente è tornata, la vita è ripresa regolarmente, nonostante tutto, come testimonianza della vittoria del bene sul male della pace sulla guerra".