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Mai più Brutti e Sporchi
Perché le strade dell'India sono sporche?
"E' il 'sistema', idiota!"
"E' colpa del governo corrotto"
"Oh, è l'ignoranza della gente"
"Perché noi indiani siamo sporchi"
Comincia così il sito degli Ugly Indians, gli indiani "brutti e sporchi". E' un gruppo strettamente anonimo che si è dato l'obiettivo di ripulire le strade delle città e di ridare dignità e vivibilità a un ambiente urbano tra i più degradati del mondo, quello delle città indiane.
Sono persone qualunque, e sono convinti che il cambiamento debba avvenire dal basso, dalla società. Ma rifiutano ogni etichetta, ogni affiliazione. Uno di loro dice: "L'anonimato è una strategia vincente. Le etichette finiscono col rovinare ogni lavoro ben fatto, alla fine diventa il movimenti di questo o quello. Come è successo con Kiran Bedi o Anna Hazare... Abbiamo anche rifiutato dei finanziamenti perché non vogliamo gente che venga a dirci di mettere il loro nome o il logo su quello che facciamo. Vogliamo che sia una cosa che appartiene alla gente. Cosa che tutti possono rivendicare mettendoci della mano d'opera, delle capacità specifiche o comprando bidoni".
Hanno cominciato da Bangalore, dove ora in alcune strade sono scomparse le macchie rosse delle foglie di betel sputate dai passanti - una versione locale dei nostri chewing gum spiaccicati sui marciapiedi - i rifiuti, l'odore dell'urina. Dove passano loro ritorna la vita, si può tornare a camminare sui marciapiedi sgombri, fioriere compaiono al posto della spazzatura abbandonata. Il betel comincia a venire sputato negli appositi contenitori. Una rivoluzione in piena regola.
"E' il 'sistema', idiota!"
"E' colpa del governo corrotto"
"Oh, è l'ignoranza della gente"
"Perché noi indiani siamo sporchi"
Comincia così il sito degli Ugly Indians, gli indiani "brutti e sporchi". E' un gruppo strettamente anonimo che si è dato l'obiettivo di ripulire le strade delle città e di ridare dignità e vivibilità a un ambiente urbano tra i più degradati del mondo, quello delle città indiane.
Sono persone qualunque, e sono convinti che il cambiamento debba avvenire dal basso, dalla società. Ma rifiutano ogni etichetta, ogni affiliazione. Uno di loro dice: "L'anonimato è una strategia vincente. Le etichette finiscono col rovinare ogni lavoro ben fatto, alla fine diventa il movimenti di questo o quello. Come è successo con Kiran Bedi o Anna Hazare... Abbiamo anche rifiutato dei finanziamenti perché non vogliamo gente che venga a dirci di mettere il loro nome o il logo su quello che facciamo. Vogliamo che sia una cosa che appartiene alla gente. Cosa che tutti possono rivendicare mettendoci della mano d'opera, delle capacità specifiche o comprando bidoni".
Hanno cominciato da Bangalore, dove ora in alcune strade sono scomparse le macchie rosse delle foglie di betel sputate dai passanti - una versione locale dei nostri chewing gum spiaccicati sui marciapiedi - i rifiuti, l'odore dell'urina. Dove passano loro ritorna la vita, si può tornare a camminare sui marciapiedi sgombri, fioriere compaiono al posto della spazzatura abbandonata. Il betel comincia a venire sputato negli appositi contenitori. Una rivoluzione in piena regola.