lun, 21 luglio 2025

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Libano: i Gemayel, Una “Dinastia” Maronita

Pierre Gemayel, ucciso ieri in un attentato a Beirut, non era solo il ministro dell’Industria ma apparteneva anche a una famiglia protagonista della storia del Libano da quasi mezzo secolo, da quando cioè nel 1936 suo nonno (omonimo) fondò il Kataeb o Partito della Falange dei cristiani maroniti, di estrema destra. I Gemayel sono presenti in Libano già dalla metà del 1500 ma solo nel XX secolo diventano punto di riferimento politico della comunità maronita. Sconfitto per due volte alle elezioni presidenziali del 1964 e del 1970, il nonno della vittima, morto nel 1984, fu ministro già negli anni ‘60 e poi tra i protagonisti della lunga crisi politica sfociata nella sanguinosa guerra civile del 1975-90. Nel 1982, Bashir Gemayel (figlio di Pierre ‘senior’), capo di una milizia maronita sostenuta da Israele, riuscì a conquistare la presidenza delle Repubblica: eletto il 23 agosto, fu però ucciso il 14 settembre, ancora prima della cerimonia di insediamento. Due giorni dopo cominciava il massacro nei campi profughi di Sabra e Chatila (vicino Beirut ovest), condannato poi dall’Onu come ‘genocidio’ perché secondo alcune fonti, tra cui il giornalista israeliano Amnon Kapeliouk del celebre periodico Le Monde Diplomatique, vennero uccise fino a 3500 persone, per lo più rifugiati palestinesi. Il 21 settembre, al posto di Bashir venne eletto suo fratello Amin (padre del ministro ucciso oggi), rimasto al potere fino al 1988, negli anni più drammatici del conflitto. Pierre Gemayel junior venne eletto per la prima volta in parlamento nel 2000. Il più recente sviluppo rilevante della politica libanese risale ai primi mesi del 2005, con l’assassinio dell’ex-primo ministro Rafik Hariri il 14 febbraio; un mese dopo, quel “14 marzo” diventato simbolo della spinta verso l’indipendenza del Libano dalla Siria, oltre un milione di persone scese in piazza a Beirut per chiedere il ritiro delle truppe di Damasco: di fronte alle accuse di aver organizzato l’omicidio di Hariri – su cui stanno tuttora facendo luce un’inchiesta e un tribunale dell’Onu - e in risposta a crescenti pressioni internazionali, soprattutto americane e francesi, la Siria, dopo 29 anni di presenza militare, si ritirò dal Libano. Nel luglio scorso, cominciò l’ultima crisi regionale, con l’attacco di Israele contro Hezbollah in seguito alla cattura di due soldati israeliani da parte dei miliziani del ‘Partito di Dio’, guidato da Hassan Nasrallah. Dopo 34 giorni di violenti bombardamenti – durante i quali Beirut fu colpita da missili israeliani, circa 1200 libanesi, per lo più civili, furono uccisi e le infrastrutture del paese vennero devastate dalle bombe - il conflitto si concluse con una tregua sollecitata da Beirut e imposta dall’Onu. Nelle scorse settimane è naufragato il tentativo di dar vita a un governo di unità nazionale guidato dal primo ministro anti-siriano Fouad Siniora: cinque ministri sciiti ed uno greco ortodosso si sono dimessi nei giorni scorsi mentre il governo discuteva il progetto di accordo presentato dall’Onu per la creazione di un tribunale internazionale incaricato di giudicare i responsabili dell’assassino di Hariri. I sei ministri non hanno condiviso il progetto approvato successivamente dal resto del governo, suscitando la reazione del presidente filo-siriano Emile Lahoud che ha ritenuto illegittimo l’esecutivo perché dopo le sei dimissioni non era più in grado di rappresentare tutte le comunità religiose del paese.

Scheda dettagli:

Data: 22 novembre 2006
Fonte/Casa Editrice: Misna
Categoria:
Sottocategoria:
Ortodossi

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