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Lav: Pubblicato Rapporto Sulla Vivisezione in Italia
Vivisezione meno “misteriosa”: la LAV ha presentato oggi, presso la Camera dei Deputati, il più aggiornato e completo Rapporto sulla vivisezione in Italia, regione per regione, compilato elaborando i dati che l’Associazione ha ottenuto dal Ministero della Salute (grazie ad una sentenza vinta nel 1997 presso il TAR del Lazio) ed attraverso un’indagine durata oltre un anno presso Prefetture, ASL e Comuni. I dati pubblicati nel Rapporto riguardano: l’elenco completo degli stabilimenti utilizzatori di animali, su tutto il territorio italiano, per testare sostanze chimiche, farmaci, pesticidi, cosmetici ed effettuare ricerche cosiddette "di base"; l’elenco degli allevamenti specializzati allo scopo; l’elenco delle sperimentazioni per le quali è necessaria un’autorizzazione “in deroga”, ovvero quelle condotte su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione e/o esperimenti senza anestesia.
551 è il numero totale di stabilimenti autorizzati, su tutto il territorio nazionale, ad utilizzare animali - 905.603 animali complessivi secondo l’ultimo dato reso noto dal Ministero della Salute e riferito al 2000 - a fini sperimentali. 121 di questi stabilimenti si trovano in Lombardia, segue l’Emilia Romagna con 94, il Lazio con 57, la Toscana con 50, il Veneto con 39, la Sicilia con 27, il Piemonte con 26, la Campania con 25, le Marche con 23, la Sardegna con 19, l’Abruzzo con 16, la Liguria con 17, il Friuli con 13, la Puglia con 12, Umbria e Calabria 4, Basilicata 2, Molise e Trentino 1; nessuno in Alto Adige e Valle D’Aosta. La regione Lombardia detiene il primato in quanto a presenza di stabilimenti utilizzatori di animali a fini sperimentali, ma anche di allevamenti fornitori, ospitandone ben il 50% sul proprio territorio.
Il Rapporto della LAV La vivisezione in Italia, regione per regione fa emergere una realtà preoccupante: le sperimentazioni “in deroga” - ovvero quelle condotte su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione e/o esperimenti senza anestesia - sono in aumento nell’ultimo triennio 2000-2002 e una stima approssimata rileva che queste risultano essere circa il 20% del totale degli esperimenti condotti su animali. Questo dato, finora inedito, sembra disattendere ciò che la normativa vigente in materia prevede (Decreto Legislativo 116/92), ovvero che gli esperimenti condotti su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione oppure eseguiti senza ricorrere all’anestesia, dovrebbero essere autorizzati solo in caso di dimostrata inderogabile necessità e quindi rappresentare l'eccezione e non una regola.
L’analisi su centinaia di protocolli sperimentali provenienti da tutta Italia dimostra, inoltre, un grave inadempimento da parte di coloro che utilizzano animali per esperimenti, in merito ai metodi alternativi: il principio per il quale il metodo alternativo debba essere obbligatoriamente preferito all’impiego di animali viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dalle Autorità preposte al controllo, infatti non uno dei protocolli riporta la testimonianza di una ricerca sulla possibilità di impiegare tecniche sostitutive dell’animale. Il modulo predisposto dal Ministero della Salute e da compilare al momento della comunicazione della richiesta di effettuare una procedura su animali, prevede, infatti, anche la compilazione di una parte in cui si deve dimostrare che non esistono metodi alternativi adatti a perseguire lo scopo e che pertanto si è costretti ad impiegare l’animale.
Quasi sempre coloro che utilizzano animali ritengono che le colture cellulari, uno dei metodi più diffusi che non fanno uso di animali, non siano efficaci quanto l’animale. Eppure il Rapporto della LAV dimostra che quasi il 40% degli animali viene ucciso con il solo scopo di allestire colture cellulari; se al posto di questi venissero impiegati tessuti umani, provenienti da biopsie, interventi chirurgici di vario tipo o da cadavere, si risparmierebbe la vita a quasi mezzo milione di animali.
“Il Rapporto evidenzia un diffuso atteggiamento di inerzia culturale in tema di sperimentazione, che, oltre a condannare più di 900.000 animali l’anno a vere e proprie torture o morte certa, impedisce una ricerca davvero scientifica. Diminuiscono gli animali utilizzati, nel 1992 infatti erano quasi un milione e duecentomila, ma aumentano le sofferenze – dichiara Roberta Bartocci, biologa, responsabile LAV del settore Vivisezione e curatrice del Rapporto sulla vivisezione in Italia - Nessun animale, infatti, può essere un modello sperimentale per l’uomo. Come ci si può fidare, solo per fare un esempio, del modello roditore per valutare il potere cancerogeno di un prodotto sapendo che il roditore in laboratorio vive dai 20 ai 30 mesi, mentre passano dai 5 ai 10 anni tra la displasia di una delle nostre cellule umane e la diagnosi del tumore che ne potrebbe derivare?”
“Sebbene esistano centinaia di metodi alternativi alla sperimentazione animale, essi non vengono adeguatamente sfruttati – dichiara il presidente della LAV Adolfo Sansolini – Ma finalmente da alcuni mesi anche il nostro Paese si è dotato di una Piattaforma per i Metodi Alternativi (IPAM, Italian Platform on Alternative Methods), strumento qualificato ed autorevole per diffondere informazioni e reperire fondi per l’impiego di metodi alternativi alla sperimentazione su animali, affiancando Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Finlandia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Spagna e Svizzera, dove questa esperienza è già una realtà. IPAM è costituita da rappresentanti di quattro aree: istituzioni governative, industria, mondo scientifico ed organizzazioni animaliste e per il benessere animale, tra le quali la LAV impegnata fin dal 1977 ad abolire l’antiscientifica pratica della sperimentazione animale”.
551 è il numero totale di stabilimenti autorizzati, su tutto il territorio nazionale, ad utilizzare animali - 905.603 animali complessivi secondo l’ultimo dato reso noto dal Ministero della Salute e riferito al 2000 - a fini sperimentali. 121 di questi stabilimenti si trovano in Lombardia, segue l’Emilia Romagna con 94, il Lazio con 57, la Toscana con 50, il Veneto con 39, la Sicilia con 27, il Piemonte con 26, la Campania con 25, le Marche con 23, la Sardegna con 19, l’Abruzzo con 16, la Liguria con 17, il Friuli con 13, la Puglia con 12, Umbria e Calabria 4, Basilicata 2, Molise e Trentino 1; nessuno in Alto Adige e Valle D’Aosta. La regione Lombardia detiene il primato in quanto a presenza di stabilimenti utilizzatori di animali a fini sperimentali, ma anche di allevamenti fornitori, ospitandone ben il 50% sul proprio territorio.
Il Rapporto della LAV La vivisezione in Italia, regione per regione fa emergere una realtà preoccupante: le sperimentazioni “in deroga” - ovvero quelle condotte su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione e/o esperimenti senza anestesia - sono in aumento nell’ultimo triennio 2000-2002 e una stima approssimata rileva che queste risultano essere circa il 20% del totale degli esperimenti condotti su animali. Questo dato, finora inedito, sembra disattendere ciò che la normativa vigente in materia prevede (Decreto Legislativo 116/92), ovvero che gli esperimenti condotti su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione oppure eseguiti senza ricorrere all’anestesia, dovrebbero essere autorizzati solo in caso di dimostrata inderogabile necessità e quindi rappresentare l'eccezione e non una regola.
L’analisi su centinaia di protocolli sperimentali provenienti da tutta Italia dimostra, inoltre, un grave inadempimento da parte di coloro che utilizzano animali per esperimenti, in merito ai metodi alternativi: il principio per il quale il metodo alternativo debba essere obbligatoriamente preferito all’impiego di animali viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dalle Autorità preposte al controllo, infatti non uno dei protocolli riporta la testimonianza di una ricerca sulla possibilità di impiegare tecniche sostitutive dell’animale. Il modulo predisposto dal Ministero della Salute e da compilare al momento della comunicazione della richiesta di effettuare una procedura su animali, prevede, infatti, anche la compilazione di una parte in cui si deve dimostrare che non esistono metodi alternativi adatti a perseguire lo scopo e che pertanto si è costretti ad impiegare l’animale.
Quasi sempre coloro che utilizzano animali ritengono che le colture cellulari, uno dei metodi più diffusi che non fanno uso di animali, non siano efficaci quanto l’animale. Eppure il Rapporto della LAV dimostra che quasi il 40% degli animali viene ucciso con il solo scopo di allestire colture cellulari; se al posto di questi venissero impiegati tessuti umani, provenienti da biopsie, interventi chirurgici di vario tipo o da cadavere, si risparmierebbe la vita a quasi mezzo milione di animali.
“Il Rapporto evidenzia un diffuso atteggiamento di inerzia culturale in tema di sperimentazione, che, oltre a condannare più di 900.000 animali l’anno a vere e proprie torture o morte certa, impedisce una ricerca davvero scientifica. Diminuiscono gli animali utilizzati, nel 1992 infatti erano quasi un milione e duecentomila, ma aumentano le sofferenze – dichiara Roberta Bartocci, biologa, responsabile LAV del settore Vivisezione e curatrice del Rapporto sulla vivisezione in Italia - Nessun animale, infatti, può essere un modello sperimentale per l’uomo. Come ci si può fidare, solo per fare un esempio, del modello roditore per valutare il potere cancerogeno di un prodotto sapendo che il roditore in laboratorio vive dai 20 ai 30 mesi, mentre passano dai 5 ai 10 anni tra la displasia di una delle nostre cellule umane e la diagnosi del tumore che ne potrebbe derivare?”
“Sebbene esistano centinaia di metodi alternativi alla sperimentazione animale, essi non vengono adeguatamente sfruttati – dichiara il presidente della LAV Adolfo Sansolini – Ma finalmente da alcuni mesi anche il nostro Paese si è dotato di una Piattaforma per i Metodi Alternativi (IPAM, Italian Platform on Alternative Methods), strumento qualificato ed autorevole per diffondere informazioni e reperire fondi per l’impiego di metodi alternativi alla sperimentazione su animali, affiancando Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Finlandia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Spagna e Svizzera, dove questa esperienza è già una realtà. IPAM è costituita da rappresentanti di quattro aree: istituzioni governative, industria, mondo scientifico ed organizzazioni animaliste e per il benessere animale, tra le quali la LAV impegnata fin dal 1977 ad abolire l’antiscientifica pratica della sperimentazione animale”.