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Lav: no ai Maiali in Università per Esercitazioni di Chirurgia
Sit in di protesta della LAV ieri mattina a Roma, davanti all’Università Cattolica del Sacro Cuore, per impedire che il 26 giugno abbia luogo presso l’Università Cattolica un training in chirurgia laparoscopica - parte di un ciclo di altre già avvenute ed altre programmate per il corso dell’anno - che prevede l’impiego di maiali per esercitare i chirurghi partecipanti. La LAV, contestando questa attività da un punto di vista morale, scientifico e legale, ha avanzato un’istanza al ministro della Salute Girolamo Sirchia, corredata di una convincente bibliografia scientifica, chiedendo di revocare l’autorizzazione concessa in deroga nelle scorse settimane per l’utilizzo dei maiali e di esprimersi entro domani al fine di bloccare l’esercitazione visto che il training prevede, contestualmente al maiale, l’utilizzo di un simulatore (un apparecchio in grado di riprodurre virtualmente il corpo umano) consentendo ai chirurghi di esercitarsi in maniera efficace e sicura. Le norme vigenti in materia di sperimentazione prevedono, infatti, che l’animale possa essere utilizzato solo in assenza di metodi alternativi. È opinione di molti professionisti del settore che la pratica chirurgica su animali, maiali nella fattispecie, non possa offrire garanzie per la salute umana per la differenza macroscopica tra anatomia umana e suina. La LAV protesta, pertanto, contro una pratica inutile dal punto di vista scientifico, oltre che inaccettabile da quello etico, sia per l’uso dell’animale sia per la tutela dei pazienti potenziali beneficiari. “Per la prima volta in Italia, in via preventiva, viene avanzata una richiesta di revoca dell'autorizzazione concessa dal Ministero della Salute per un’esercitazione chirurgica con animali, poiché è dimostrata e documentata l'esistenza di un metodo alternativo adatto allo scopo - dichiara Roberta Bartocci del settore Vivisezione della LAV - la nostra richiesta è anche l'occasione per chiedere al Ministro della Salute lo stanziamento di fondi adeguati per diffondere l'utilizzo di metodi alternativi, che, oltre a risultare più attendibili dal punto di vista scientifico, risparmierebbero la vita a centinaia di migliaia di animali”.