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La Spezia: Sono Novantamila i Litri di Gasolio Imprigionati nelle Stive della Nave Affondata
Squadre di sub hanno cercato di verificare lo stato della nave ma non ci sono riusciti per via dell’acqua torbida Il gasolio imprigionato tra le lamiere della Margaret potrebbe riversarsi in mare
«Quando non l’ho visto risalire mi sono messo le mani nei capelli. Ho temuto il peggio. Poi è riemerso una decina di metri più avanti. Ho tirato un sospiro di sollievo. Era completamente avvolto da cavi e cime che aveva raccolto nel ventre della nave. Gliele abbiamo dovute mozzare di netto. Allora ho preso una decisione: basta non si scende più».
Lucio Borniotto è il comandante delle capitanerie Liguri. E’ di Riomaggiore. Da quando è scattata l’emergenza della Margaret anche lui è alla Spezia, come il collega Cristiano Aliperta. Collaborano con il comandante spezzino Giovanni Pettorino per tutte le operazioni che riguardano la nave naufragata. E ieri l’ha vista brutta. Uno dei suoi ragazzi è rimasto coinvolto in un incidente che, se fosse capitato ad un sub meno esperto, sarebbe potuto sfociare in tragedia.
«Si sono immersi verso le 7.30 - continua Borniotto - a gruppi di quattro. Dovevano controllare lo stato della nave. Verificare i danni, le falle. Dobbiamo sapere se il cargo può sopportare le sollecitazioni delle onde e può resistere agli urti. Un controllo accurato, sia interno che esterno. Quando sono scesi, nonostante la tregua del tempo, l’acqua era torbida e c’era una forte risacca. E poi buio assoluto. Dovevano procedere a tentoni, verificando manualmente lo stato di conservazione delle strutture. Un lavoro improbo, che non ha dato frutti».
E che, anzi, ha creato pericoli ai sub. Intanto il pericolo di un disastro ambientale rimane concreto, anche se la Capitaneria di porto ha messo in atto tutto quello che si deve fare in questi casi. «Attorno alla nave - spiega il comandante Pettorino - c’è una prima fila di pannelli. Poi, poco più avanti, una seconda. Un doppio sbarramento che viene usato anche per disastri ecologici in mare aperto. Poi la Margaret è monitorata notte e giorno. Da nostre motovedette ma soprattutto dai mezzi anti-inquinamento inviati dal Ministero dell’ambiente. Sei imbarcazioni più le due della Sepor. In totale sono 36-40 uomini che non perdono di vista i cambiamenti sul tratto di mare attorno allo scafo naufragato. Le chiazze di carburante in superficie? Sono procurate dagli sfiati dei tubi di sfogo. Nulla di preoccupante e comunque vengono aggredite subito dai mezzi navali anti-inquinamento». Ed è polemica sulla Margaret. Era una carretta del mare? Non doveva navigare, come sostengono in tanti, soprattutto i responsabili di legambiente Sebastiano Venneri e Paolo Varrella? Il Rina, il registro navale italiano, l’aveva cancellata, ma aveva un certificato dell’Imo, l’International maritime organization. E poi era stata registrata in Russia nel maggio 2004, ma sospesa già un mese dopo e cancellata a dicembre. Così era stata iscritta al registro ucraino. Un mese fa era stata in regime di “detenzione” a Livorno. Ovvero non gli era stato concesso il nulla osta a partire se prima l’armatore o il proprietario (che sono entrambi turchi, anche se la nave batte bandiera panamense) non avessero fatto i lavori necessari. «Che sono stati certamente eseguiti - ribadisce Borniotto - altrimenti non avrebbe avuto l’ok. E dirò di più: venerdì mattina, a Genova, la nave era stata controllata ancora. Gli era stata concessa l’autorizzazione a salpare, ma con ulteriori limitazioni. Non avrebbe dovuto navigare a oltre 20 miglia dalla costa e, in caso di maltempo, con onde alte 3,5 metri (ovvero mare forza 6-7), avrebbe dovuto riparare in un porto. Cosa che è indubbiamente avvenuta». E anche il comandante Pettorino, mentre annuncia l’apertura di un’inchiesta della Capitaneria sul naufragio, allontana il fatto che la Margaret sia stata una carretta del mare: «La Glaros, la nave che è ferma in porto - dice - quella sì che è una carretta. Abbiamo trovato 35 gravi mancanze! Ma questa no. Una nave vecchia, questo sì, ma nulla di più. Comunque conmtrolleremo tutto. E’ il nostro compito e lo faremo sino in fondo».
Alessandro Franceschini
«Quando non l’ho visto risalire mi sono messo le mani nei capelli. Ho temuto il peggio. Poi è riemerso una decina di metri più avanti. Ho tirato un sospiro di sollievo. Era completamente avvolto da cavi e cime che aveva raccolto nel ventre della nave. Gliele abbiamo dovute mozzare di netto. Allora ho preso una decisione: basta non si scende più».
Lucio Borniotto è il comandante delle capitanerie Liguri. E’ di Riomaggiore. Da quando è scattata l’emergenza della Margaret anche lui è alla Spezia, come il collega Cristiano Aliperta. Collaborano con il comandante spezzino Giovanni Pettorino per tutte le operazioni che riguardano la nave naufragata. E ieri l’ha vista brutta. Uno dei suoi ragazzi è rimasto coinvolto in un incidente che, se fosse capitato ad un sub meno esperto, sarebbe potuto sfociare in tragedia.
«Si sono immersi verso le 7.30 - continua Borniotto - a gruppi di quattro. Dovevano controllare lo stato della nave. Verificare i danni, le falle. Dobbiamo sapere se il cargo può sopportare le sollecitazioni delle onde e può resistere agli urti. Un controllo accurato, sia interno che esterno. Quando sono scesi, nonostante la tregua del tempo, l’acqua era torbida e c’era una forte risacca. E poi buio assoluto. Dovevano procedere a tentoni, verificando manualmente lo stato di conservazione delle strutture. Un lavoro improbo, che non ha dato frutti».
E che, anzi, ha creato pericoli ai sub. Intanto il pericolo di un disastro ambientale rimane concreto, anche se la Capitaneria di porto ha messo in atto tutto quello che si deve fare in questi casi. «Attorno alla nave - spiega il comandante Pettorino - c’è una prima fila di pannelli. Poi, poco più avanti, una seconda. Un doppio sbarramento che viene usato anche per disastri ecologici in mare aperto. Poi la Margaret è monitorata notte e giorno. Da nostre motovedette ma soprattutto dai mezzi anti-inquinamento inviati dal Ministero dell’ambiente. Sei imbarcazioni più le due della Sepor. In totale sono 36-40 uomini che non perdono di vista i cambiamenti sul tratto di mare attorno allo scafo naufragato. Le chiazze di carburante in superficie? Sono procurate dagli sfiati dei tubi di sfogo. Nulla di preoccupante e comunque vengono aggredite subito dai mezzi navali anti-inquinamento». Ed è polemica sulla Margaret. Era una carretta del mare? Non doveva navigare, come sostengono in tanti, soprattutto i responsabili di legambiente Sebastiano Venneri e Paolo Varrella? Il Rina, il registro navale italiano, l’aveva cancellata, ma aveva un certificato dell’Imo, l’International maritime organization. E poi era stata registrata in Russia nel maggio 2004, ma sospesa già un mese dopo e cancellata a dicembre. Così era stata iscritta al registro ucraino. Un mese fa era stata in regime di “detenzione” a Livorno. Ovvero non gli era stato concesso il nulla osta a partire se prima l’armatore o il proprietario (che sono entrambi turchi, anche se la nave batte bandiera panamense) non avessero fatto i lavori necessari. «Che sono stati certamente eseguiti - ribadisce Borniotto - altrimenti non avrebbe avuto l’ok. E dirò di più: venerdì mattina, a Genova, la nave era stata controllata ancora. Gli era stata concessa l’autorizzazione a salpare, ma con ulteriori limitazioni. Non avrebbe dovuto navigare a oltre 20 miglia dalla costa e, in caso di maltempo, con onde alte 3,5 metri (ovvero mare forza 6-7), avrebbe dovuto riparare in un porto. Cosa che è indubbiamente avvenuta». E anche il comandante Pettorino, mentre annuncia l’apertura di un’inchiesta della Capitaneria sul naufragio, allontana il fatto che la Margaret sia stata una carretta del mare: «La Glaros, la nave che è ferma in porto - dice - quella sì che è una carretta. Abbiamo trovato 35 gravi mancanze! Ma questa no. Una nave vecchia, questo sì, ma nulla di più. Comunque conmtrolleremo tutto. E’ il nostro compito e lo faremo sino in fondo».
Alessandro Franceschini