Notizie
La Miglior Medicina Contro la Miopia? il Sole!
Scampoli d'estate, l'ultimo sole da sfruttare bene per curarsi la vista
Forse il più grande contributo dell'oftalmologo americano William H. Bates, lo scopritore della cura della vista imperfetta mediante trattamento senza occhiali, è stato quello di aver dimostrato che la luce naturale del sole è fondamentale per prevenire tutte le malattie oculari e per mantenere la visione in perfette condizioni. Nel suo libro del 1920, ancora oggi di formidabile attualità, ha dedicato un intero capitolo (il diciassettesimo) a elencare come la stessa scienza ortodossa dell'epoca avesse indagato il fenomeno delle luci forti e non avesse trovato controindicazioni di sorta all'esposizione degli occhi a luci forti e fortissime.
Bates stesso riporta come guarigioni complete di malattie dell'occhio anche gravi come la cecità si siano potute verificare in seguito all'applicazione del metodo del “sun-gazing” come unico sistema di cura. Dice Bates a pagina 188 di Vista Perfetta Senza Occhiali, Edizioni di Juppiter Consulting Publishing Company, «[…] Allora le consigliammo di guardare direttamente il sole. Il risultato immediato fu la cecità totale, che è durata diverse ore ; ma il giorno successivo la visione non solo fu riportata alla sua condizione originale, ma migliorò. Il rimirare il sole fu ripetuto, ed ogni volta la cecità durava sempre di meno. Alla fine di una settimana la paziente fu in grado di guardare direttamente il sole senza disagio, e la sua visione, che era di 20/200 senza occhiali e 20/70 con essi, migliorò a 20/10, il doppio degli standard accettati per la visione normale».
C'è qualcosa di strano quindi relativamente alla pubblicistica, medica e non, che ci inonda di avvertimenti e ammonizioni a dotarci di adeguati occhiali protettivi, e la potenza del marketing è arrivata a contagiare anche gli sportivi, che vediamo, come alle correnti Olimpiadi di Atene, sempre più numerosi a nascondersi dietro quegli schermi neri. È curioso che uno sportivo, che per definizione è persona che cura il suo corpo/mente e cerca di portarlo in una condizione di sempre migliore rendimento, senta la necessità di rinunciare all'apporto fisiologico positivo che il sole è in grado di dare, e non solo agli occhi. Addirittura ci si spinge a campagne sanitarie davvero preoccupanti: proprio l'altra settimana è stato trasmesso un servizio giornalistico televisivo su un canale RAI in cui una equipe di medici sosteneva che bisogna difendere i bambini dal sole insegnando loro a proteggersi adeguatamente quando giocano all'aperto.
La scusa è data dal fatto che le malattie della pelle come i melanomi sono stimolate dalla luce solare e sono molto pericolose. Risulta però che queste sono malattie davvero molto rare e colpiscono solo una parte assolutamente minima della popolazione, e non è facile capire perché, per ridurre questi rischi già bassi, si debba insegnare ai bambini a privarsi della luce solare, che è quella che consente alla vita sulla Terra di continuare ad esistere da milioni di anni, condannandoli ad esporsi ai rischi della penombra, che sono già gravi perché praticamente tutti i bambini sopra ai tre anni passano la quasi totalità della loro vita al chiuso di locali debolmente illuminati.
Chiunque tra i nostri lettori può testimoniare il fatto che a stare sempre in penombra ci si ammala, non solo di nervosismo, inappetenza, depressione, stanchezza e vista difettosa. I medici potrebbero aggiungere che la mancanza di luce solare apre la porta allo sviluppo di malattie organiche vere e proprie, come il rachitismo («Colpisce di solito le persone che si espongono raramente al sole o quelle che consumano una quantità di grassi insufficiente alla fabbricazione di una giusta dose di bile causando uno scarso assorbimento della vitamina D.», citato dall'Almanacco della Nutrizione, Alpha Omega Edizioni). E allora perché questa paura del sole?
In America sta prendendo molto piede una disciplina denominata “Solar Healing” che propone come unico sistema di cura per tutti i problemi fisici e psicologici e mentali dell'Uomo il “rimirare il sole” per ore intere, al mattino e alla sera. Il facilitatore di questo metodo, l'indiano Hira Ratan Manek, ispirandosi all'insegnamento del fondatore del Giainismo, Lord Mahavir, risalente a duemilacinquecento anni fa, sostiene che con il “sun-gazing” si guariscono tutti i problemi della vista e si può arrivare anche a non avere più bisogno di alimentarsi di cibi solidi, come lui afferma di fare oramai da dieci anni, sfruttando il fatto che il cervello umano, sincronizzandosi sulla radiazione luminosa, è in grado di convertire direttamente le frequenze della luce in “alimento” senza passare attraverso la normale catena alimentare.
Di incredulità in incredulità, chiudiamo questo breve articolo fornendo delle indicazioni pratiche per il lettore che volesse iniziare a sperimentare con il sole i metodi di Bates per la guarigione della vista imperfetta. La prima e più importante di tutte è quella di fare una indagine direttamente sul campo e interrogare amici e conoscenti che hanno vista perfetta per sapere se hanno fastidio della luce. Si scoprirà che chi ha vista perfetta (venti decimi da lontano e visione ottima da vicino per i caratteri davvero minuscoli) non ha affatto paura del sole e anzi può capitare che indugi quando possibile su di esso per riposare gli occhi. La seconda indicazione è quella di cominciare a riprendere confidenza con il sole diretto sugli occhi, che andranno mantenuti chiusi inizialmente, passando molto tempo all'aperto, prima nelle ore in cui il sole è basso, e poi anche in quelle in cui esso brilla forte nel cielo. La terza arriva di conseguenza, e sarà quella di imparare a leggere un libro con le pagine illuminate dal sole di mezzogiorno, per poi provare a lanciare qualche occhiata in alto berso la luce del cielo.
Chi avrà la pazienza di compiere questi tre passi iniziali, magari impiegando anche diversi mesi di pratica seppure minima ma quotidiana, si accorgerà che il sole sarà diventato una semplice lampadina nel cielo, un punto bianco che non solo non dà fastidio ma può funzionare da “riferimento spirituale” autentico, da guardare ogni qualvolta si sentisse il bisogno di ispirazione o di conforto per affrontare meglio il disagio esistenziale della vita moderna, sempre più complicata e difficile proprio perché sempre più isolata dalla Natura e dai suoi eterni ritmi. di: Rishi Giovanni Gatti
Forse il più grande contributo dell'oftalmologo americano William H. Bates, lo scopritore della cura della vista imperfetta mediante trattamento senza occhiali, è stato quello di aver dimostrato che la luce naturale del sole è fondamentale per prevenire tutte le malattie oculari e per mantenere la visione in perfette condizioni. Nel suo libro del 1920, ancora oggi di formidabile attualità, ha dedicato un intero capitolo (il diciassettesimo) a elencare come la stessa scienza ortodossa dell'epoca avesse indagato il fenomeno delle luci forti e non avesse trovato controindicazioni di sorta all'esposizione degli occhi a luci forti e fortissime.
Bates stesso riporta come guarigioni complete di malattie dell'occhio anche gravi come la cecità si siano potute verificare in seguito all'applicazione del metodo del “sun-gazing” come unico sistema di cura. Dice Bates a pagina 188 di Vista Perfetta Senza Occhiali, Edizioni di Juppiter Consulting Publishing Company, «[…] Allora le consigliammo di guardare direttamente il sole. Il risultato immediato fu la cecità totale, che è durata diverse ore ; ma il giorno successivo la visione non solo fu riportata alla sua condizione originale, ma migliorò. Il rimirare il sole fu ripetuto, ed ogni volta la cecità durava sempre di meno. Alla fine di una settimana la paziente fu in grado di guardare direttamente il sole senza disagio, e la sua visione, che era di 20/200 senza occhiali e 20/70 con essi, migliorò a 20/10, il doppio degli standard accettati per la visione normale».
C'è qualcosa di strano quindi relativamente alla pubblicistica, medica e non, che ci inonda di avvertimenti e ammonizioni a dotarci di adeguati occhiali protettivi, e la potenza del marketing è arrivata a contagiare anche gli sportivi, che vediamo, come alle correnti Olimpiadi di Atene, sempre più numerosi a nascondersi dietro quegli schermi neri. È curioso che uno sportivo, che per definizione è persona che cura il suo corpo/mente e cerca di portarlo in una condizione di sempre migliore rendimento, senta la necessità di rinunciare all'apporto fisiologico positivo che il sole è in grado di dare, e non solo agli occhi. Addirittura ci si spinge a campagne sanitarie davvero preoccupanti: proprio l'altra settimana è stato trasmesso un servizio giornalistico televisivo su un canale RAI in cui una equipe di medici sosteneva che bisogna difendere i bambini dal sole insegnando loro a proteggersi adeguatamente quando giocano all'aperto.
La scusa è data dal fatto che le malattie della pelle come i melanomi sono stimolate dalla luce solare e sono molto pericolose. Risulta però che queste sono malattie davvero molto rare e colpiscono solo una parte assolutamente minima della popolazione, e non è facile capire perché, per ridurre questi rischi già bassi, si debba insegnare ai bambini a privarsi della luce solare, che è quella che consente alla vita sulla Terra di continuare ad esistere da milioni di anni, condannandoli ad esporsi ai rischi della penombra, che sono già gravi perché praticamente tutti i bambini sopra ai tre anni passano la quasi totalità della loro vita al chiuso di locali debolmente illuminati.
Chiunque tra i nostri lettori può testimoniare il fatto che a stare sempre in penombra ci si ammala, non solo di nervosismo, inappetenza, depressione, stanchezza e vista difettosa. I medici potrebbero aggiungere che la mancanza di luce solare apre la porta allo sviluppo di malattie organiche vere e proprie, come il rachitismo («Colpisce di solito le persone che si espongono raramente al sole o quelle che consumano una quantità di grassi insufficiente alla fabbricazione di una giusta dose di bile causando uno scarso assorbimento della vitamina D.», citato dall'Almanacco della Nutrizione, Alpha Omega Edizioni). E allora perché questa paura del sole?
In America sta prendendo molto piede una disciplina denominata “Solar Healing” che propone come unico sistema di cura per tutti i problemi fisici e psicologici e mentali dell'Uomo il “rimirare il sole” per ore intere, al mattino e alla sera. Il facilitatore di questo metodo, l'indiano Hira Ratan Manek, ispirandosi all'insegnamento del fondatore del Giainismo, Lord Mahavir, risalente a duemilacinquecento anni fa, sostiene che con il “sun-gazing” si guariscono tutti i problemi della vista e si può arrivare anche a non avere più bisogno di alimentarsi di cibi solidi, come lui afferma di fare oramai da dieci anni, sfruttando il fatto che il cervello umano, sincronizzandosi sulla radiazione luminosa, è in grado di convertire direttamente le frequenze della luce in “alimento” senza passare attraverso la normale catena alimentare.
Di incredulità in incredulità, chiudiamo questo breve articolo fornendo delle indicazioni pratiche per il lettore che volesse iniziare a sperimentare con il sole i metodi di Bates per la guarigione della vista imperfetta. La prima e più importante di tutte è quella di fare una indagine direttamente sul campo e interrogare amici e conoscenti che hanno vista perfetta per sapere se hanno fastidio della luce. Si scoprirà che chi ha vista perfetta (venti decimi da lontano e visione ottima da vicino per i caratteri davvero minuscoli) non ha affatto paura del sole e anzi può capitare che indugi quando possibile su di esso per riposare gli occhi. La seconda indicazione è quella di cominciare a riprendere confidenza con il sole diretto sugli occhi, che andranno mantenuti chiusi inizialmente, passando molto tempo all'aperto, prima nelle ore in cui il sole è basso, e poi anche in quelle in cui esso brilla forte nel cielo. La terza arriva di conseguenza, e sarà quella di imparare a leggere un libro con le pagine illuminate dal sole di mezzogiorno, per poi provare a lanciare qualche occhiata in alto berso la luce del cielo.
Chi avrà la pazienza di compiere questi tre passi iniziali, magari impiegando anche diversi mesi di pratica seppure minima ma quotidiana, si accorgerà che il sole sarà diventato una semplice lampadina nel cielo, un punto bianco che non solo non dà fastidio ma può funzionare da “riferimento spirituale” autentico, da guardare ogni qualvolta si sentisse il bisogno di ispirazione o di conforto per affrontare meglio il disagio esistenziale della vita moderna, sempre più complicata e difficile proprio perché sempre più isolata dalla Natura e dai suoi eterni ritmi. di: Rishi Giovanni Gatti