E’ evidente che le piante sono in grado di percepire molte cose, dal cambiamento della quantità di luce diurna alla quantità di nutrienti ne suolo, e sanno segnalarle alle altre piante.
Per comunicare hanno diversi metodi. La produzione modulata di agenti chimici volatili, i VOC, può essere considerata un linguaggio - vari gruppi di VOC vengono usati a seconda delle interazioni e dei contesti. Ad esempio con una combinazione di VOC una pianta può trasmettere informazioni sull’attacco di un erbivoro. Sembra che esistano perfino i dialetti tra specie diverse, le piante che sono più simili tra loro si comprendono meglio.
Le piante imparano. I semi di pisello odoroso possono imparare che un aumento improvviso di aria provocato da un ventilatore è seguito da un favorevole apporto di luce blu, quindi cresceranno verso il ventilatore.
Umberto Castiello dell’Università di Padova sostiene che è tempo che le piante ritrovino il loro posto nella psicologia dedicata ai non umani.
In un articolo pubblicato sul Journal of Comparative Psychology, Castiello raduna una collezione di prove recenti de fatto che le piante sanno comunicare, ricordare, riconoscere i simili, prendere decisioni e perfino contare - “tutte capacità che chiameremmo cognitive se fossero osservate negli animali”. Sanno adattarsi ai cambiamenti, rispondere al training classico e perfino fare previsioni sul futuro.
Secondo Castiello la questione non dovrebbe più essere SE le piante siano organismi cognitivi, ma COME siano in grado di usare le loro capacità.