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Kenia, Febbre Rift Valley: Aumentano Infezioni e Decessi, Parla un Esperto
La cosiddetta ‘febbre Rift valley’ ha fatto la sua comparsa nel grande campo profughi di Dadaab (circa 50.000 presenze), nel nord-ovest del Kenya al confine con la Somalia, dove sono stati registrati 29 casi di infezione acuta inclusi 5 decessi; lo rendono noto fonti sanitarie keniane precisando che il bilancio complessivo dell’epidemia è salito a 95 morti e oltre 300 infetti, in gran parte nella provincia nord-occidentale e in particolare nei distretti di Garissa, Ijiara, Wajir, Tana River e Kilifi. “È una forma di febbre emorragica che quasi ogni anno colpisce il bestiame, ma le alluvioni degli ultimi mesi hanno creato un ambiente favorevole alle riproduzione delle zanzare che trasmettono la malattia all’uomo” dice alla MISNA Luis Encinas, epidemiologo di Medici senza Frontiere (Msf), rientrato pochi giorni fa dal distretto di Ijara, dove ha condotto una missione di valutazione sul campo. In questo distretto il 15-25% dei capi di bestiame è morto e sono stati registrati 68 casi tra gli esseri umani con 15 morti, ma le persone colpite sono certamente molte migliaia, spiega Encinas. “Quasi tutti i casi si manifestano come un’influenza più o meno forte, solo l’1% sviluppa meningiti e emorragie interne, e per loro il decesso avviene nel 50% dei casi” dice il medico riferendosi a studi statistici dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). “Secondo questi parametri - continua Encinas- le persone affette in Kenya potrebbero essere 20-30.000”. È difficile dire perché solo alcuni casi hanno un decorso fatale mentre in altri si manifesta come una forte influenza. “Certamente – dice ancora l’epidemiologo alla MISNA - ha il suo peso la precedente condizioni di salute, ma in questo caso si è notato che il 75% dei casi gravi e delle morti sono pastori tra i 15 e i 35 anni, cioè uomini giovani e presumibilmente forti. Ma i pastori dormono con gli animali e probabilmente vengono punti più volte dalle zanzare”. Un altro problema causato dalle alluvione è stata l’interruzione delle vie di comunicazione che rende difficile agire con velocità quando segnalano i primi casi, mentre gli spostamenti degli animali al seguito dei pastori nomadi favoriscono il diffondersi della malattia da un’area all’altra. “Non c’è un vero e proprio ‘epicentro’ da circoscrivere, ma focolai dispersi sul territorio” aggiunge il medico di Msf. In attesa che si completi la fase sperimentale per un vaccino sull’uomo, l’unica difesa è la vaccinazione degli animali e la prevenzione con l’uso di zanzariere. Il governo ha fatto sapere di aver stanziato 100 milioni di scellini (1,43 milioni di dollari) per i soccorsi medici nelle aree colpite e aver già vaccinato 2 milioni di capi di bestiame.