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India: Cristiani Chiedono Inchiesta per "Sospetta" Conversione di Massa all'Induismo
Settantacinque tribali che si erano convertiti al cristianesimo sono tornati alla religione originaria, l’induismo, con una cerimonia avvenuta nei giorni scorsi in Orissa, Stato dell’India orientale, ma un’associazione cristiana ha accusato gli organizzatori di non aver rispettato le leggi statali che regolano questa materia. Il gruppo, composto da 40 uomini e 35 donne, è stato ri-convertito all’induismo domenica scorsa nel villaggio di Sarat, nella zona di Kaptipada, con un rito di massa organizzato dal movimento culturale-religioso fondamentalista ‘Vishwa Hindu Parishad’ (Consiglio mondiale indù, Vhp). Il sito di notizie indiano ‘Ndtv’ sottolinea che, "incidentalmente", buona parte dei neo-convertiti proveniva da Jamboni, il villaggio dove nel 1999 il missionario battista australiano Graham Staines fu bruciato vivo con i suoi due bambini, Philip, 10 anni e Timothy, 8, da un gruppo guidato dall’estremista indù Ravindra Pal, conosciuto come Dara Singh. Per contestare la recente conversione di massa, il ‘Consiglio globale dei cristiani indiani’ (Gcic) ha scritto alla ‘Commissione nazionale per le minoranze’, sostenendo che il Vhp non ha rispettato la ‘Legge sulla libertà di religione’ dell’Orissa. Secondo il Gcic, organizzazione di laici cristiani con sede a Bangalore, il Vhp non ha notificato alle autorità distrettuali le conversioni prima del rito di massa, come sarebbe invece dovuto avvenire in base alla legge. Il Gcic ha inoltre parlato di un piano per "eliminare la cristianità da Orissa attraverso il terrore" e ha sollecitato l’apertura di un’inchiesta sulla vicenda, oltre a chiedere alle autorità statali dell’Orissa maggiore protezione per le minoranze religiose. Nell’agosto scorso l’Orissa era stata teatro di un ennesimo attacco contro i cristiani: una chiesa cattolica nella città di Raikia era stata presa d’assalto da una folla che aveva danneggiato e bruciato diversi oggetti sacri.