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India: Corte Suprema si Pronuncia a Favore dei Cristiani Contro Discriminazione Religiosa
La Corte Suprema indiana ha accettato ieri il ricorso depositato sei anni fa da un prete cattolico, John Vallamattom, contro un provvedimento della legge di successione del 1925 che limita la possibilità dei cristiani di donare in eredità i propri beni alla Chiesa o a organizzazioni benefiche. L’Alta Corte ha definito incostituzionale la sezione 118 del ‘Indian succession act’; secondo cui se una persona ha un nipote o altro parente non può lasciare proprietà a enti religiosi o caritatevoli, a meno che tale la sua volontà non sia stata espressa in un testamento non meno di 12 mesi prima della morte o il documento comprovante le ultime volontà sia consegnato alle autorità entro sei mesi dalla sua redazione e sia conservato fino alla morte della persona. Secondo la legge, la complicata e limitante procedura si applica soltanto ai cittadini di religione cristiana. Le principali Chiese cristiane dell’India hanno espresso il loro compiacimento per la sentenza della Corte affermando che interrompe una misura ‘discriminatoria’ contro i cristiani da troppo tempo esercitata. “La Chiesa dell’India potrà ora sentirsi alla pari con le altre religioni riguardo alla legge sulla successione” ha detto Donald De Souza, vice segretario generale della Conferenza episcopale indiana. Oltre ad esprimersi sulla vertenza che interessava i cristiani, la Corte suprema ha sollecitato il governo a redigere un ‘codice civile unificato’ in materia di matrimonio, divorzio, eredità e proprietà. Già in passato l’Alta Corte aveva caldeggiato questo cambiamento di legislazione, prendendo l’avvio da due casi rimasti famosi: quello di una cittadina musulmana a cui la corte riconobbe il diritto di ricevere gli alimenti dopo il divorzio, e quello contro un cittadino indù convertitosi all’islam per evitare una condanna per poligamia. Sentenze che avevano sollevato le proteste della comunità musulmana. L’arcivescovo di Delhi, Vincent Michel Concessao, ha espresso alcune riserve sul ‘codice civile unificato’ affermando che qualunque proposta in materia deve essere avanzata solo dopo accurati e approfonditi studi. Secondo il presule in un Paese multireligioso come l’India un ‘codice’ unico valido per tutti potrebbe essere difficile da elaborare e mettere in pratica.