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Eco-Apocalypse 6: Living Planet Report
La presenza dell'uomo sulla Terra è sempre più ingombrante. La sua «impronta» sta lasciando un segno che rischia di essere indelebile. Il pianeta non basta più: nel 2050 ce ne vorranno «due», se continua l'attuale ritmo di consumo di acqua, suolo fertile, risorse forestali, specie animali tra cui le risorse ittiche. È quanto si legge in Living Planet Report 2006, il rapporto del WWF giunto alla sua sesta edizione, diffuso proprio da uno dei paesi a più rapido sviluppo, la Cina: gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana.
Negli oltre trent'anni presi in considerazione, le specie terrestri si sono ridotte del 31%, quelle di acqua dolce del 2 % e quelle marine del 27%. Il secondo indice, l'Impronta Ecologica, misura la domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell'umanità. Il «peso dell'impatto-umano» sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003: la nostra impronta ha già superato del 25%, nel 2003, la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali che utilizziamo per il nostro sostentamento.
Nel rapporto precedente (quello pubblicato nel 2004 e basato sui dati del 2001) era del 21%. In particolare, l'Impronta relativa al CO2, derivante dall'uso di combustibili fossili, è stata quella con il maggiore ritmo di crescita dell'intera Impronta globale: il nostro “contributo” di CO2 all'atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003. L'Italia ha un'impronta ecologica (sui dati 2003) di 4.2 ettari globali pro capite, con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, mostrando quindi un deficit ecologico di 3.1 ettari globali pro capite.
I paesi con oltre un milione di abitanti con l'Impronta ecologica più «vasta», calcolata su un ettaro globale a persona, sono gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti, la Finlandia, il Canada, il Kuwait, l'Australia, l'Estonia, la Svezia, la Nuova Zelanda e la Norvegia.
La Cina si pone a metà nella classifica mondiale, al 69esimo posto, ma la sua crescita economica (che nel 2005 è stata del 10,2) e il rapido sviluppo economico che la caratterizza giocheranno un ruolo chiave nell'uso sostenibile delle risorse del pianeta nel futuro. Questo è uno dei motivi per cui Living Planet Report quest'anno è stato lanciato proprio in Cina. Il WWF crede che sia vitale per il pianeta che la Cina e gli altri paesi di nuova industrializzazione (che globalmente raggiungono oltre il miliardo di abitanti e che stanno raggiungendo un livello di consumo paragonabile ai paesi dell'area OCSE) non segua i modelli di sviluppo dell'Occidente, ma persegua il proprio sviluppo in una chiave di sostenibilità.
«La popolazione umana entro il 2050 raggiungerà un ritmo di consumo pari a due volte la capacità del pianeta Terra» - si legge nel documento. «Siamo in un debito ecologico estremamente preoccupante, considerato che i calcoli dell'impronta ecologica sono per difetto. Consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la Terra sia capace di metabolizzare i nostri scarti - dichiara Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia. - E questo porta a conseguenze estreme ed anche molto imprevedibili. È tempo di assumere scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo». di Alessio Mannucci
Negli oltre trent'anni presi in considerazione, le specie terrestri si sono ridotte del 31%, quelle di acqua dolce del 2 % e quelle marine del 27%. Il secondo indice, l'Impronta Ecologica, misura la domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell'umanità. Il «peso dell'impatto-umano» sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003: la nostra impronta ha già superato del 25%, nel 2003, la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali che utilizziamo per il nostro sostentamento.
Nel rapporto precedente (quello pubblicato nel 2004 e basato sui dati del 2001) era del 21%. In particolare, l'Impronta relativa al CO2, derivante dall'uso di combustibili fossili, è stata quella con il maggiore ritmo di crescita dell'intera Impronta globale: il nostro “contributo” di CO2 all'atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003. L'Italia ha un'impronta ecologica (sui dati 2003) di 4.2 ettari globali pro capite, con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, mostrando quindi un deficit ecologico di 3.1 ettari globali pro capite.
I paesi con oltre un milione di abitanti con l'Impronta ecologica più «vasta», calcolata su un ettaro globale a persona, sono gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti, la Finlandia, il Canada, il Kuwait, l'Australia, l'Estonia, la Svezia, la Nuova Zelanda e la Norvegia.
La Cina si pone a metà nella classifica mondiale, al 69esimo posto, ma la sua crescita economica (che nel 2005 è stata del 10,2) e il rapido sviluppo economico che la caratterizza giocheranno un ruolo chiave nell'uso sostenibile delle risorse del pianeta nel futuro. Questo è uno dei motivi per cui Living Planet Report quest'anno è stato lanciato proprio in Cina. Il WWF crede che sia vitale per il pianeta che la Cina e gli altri paesi di nuova industrializzazione (che globalmente raggiungono oltre il miliardo di abitanti e che stanno raggiungendo un livello di consumo paragonabile ai paesi dell'area OCSE) non segua i modelli di sviluppo dell'Occidente, ma persegua il proprio sviluppo in una chiave di sostenibilità.
«La popolazione umana entro il 2050 raggiungerà un ritmo di consumo pari a due volte la capacità del pianeta Terra» - si legge nel documento. «Siamo in un debito ecologico estremamente preoccupante, considerato che i calcoli dell'impronta ecologica sono per difetto. Consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la Terra sia capace di metabolizzare i nostri scarti - dichiara Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia. - E questo porta a conseguenze estreme ed anche molto imprevedibili. È tempo di assumere scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo». di Alessio Mannucci