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Dieta: la Fame Rallenta l'Invecchiamento, Meglio dello Sport
Per rimanere eternamente giovani il metodo migliore consiste nella limitazione calorica. Il metodo funzionerebbe addirittura meglio dell'attività sportiva continuativa, dal momento che pare essere in grado di abbassare le concentrazioni di un ormone della tiroide chiamato triodotironina (T3) deputato al controllo del metabolismo cellulare e dell'omeostasi energetica. Inoltre un regime dietetico aiuta a ridurre la concentrazione di una potente molecola infiammatoria.
La concomitanza di questo due fattori (bassi livelli di T3 e di un ridotto stato infiammatorio) rallenta i processi di degenerazione cellulare e di invecchiamento, riducendo il metabolismo basale e il danno ossidativo ai tessuti e alle cellule. Queste sono le conclusioni a cui è giunto uno studio coordinato da Luigi Fontana, ricercatore del Dipartimento di Sanità alimentare e Animale dell'Istituto superiore di sanità e presso il Centro di Nutrizione umana della Washington University School of Medicine (St. Louis, Missouri, Usa).
Lo studio ha coinvolto un campione di 28 soggetti sani che per circa 6 anni si sono attenuti ad un regime di restrizione calorica (in media 1.800 calorie quotidiane). Inoltre sono stati reclutati due gruppi di controllo: il primo, composto da altri 28 soggetti, ha seguito la tipica condotta alimentare occidentale con vita sedentaria; il secondo era composto da 28 atleti con la stessa quantità di massa grassa dei soggetti a dieta, pur mangiando allincirca 2.700 calorie al giorno.
Ebbene, la concentrazione di T3 risultava significativamente più bassa solo nel gruppo di soggetti a dieta. Il campione di sportivi presentava livelli di T3 e TNF identici a quelli dei soggetti sedentari.
La concomitanza di questo due fattori (bassi livelli di T3 e di un ridotto stato infiammatorio) rallenta i processi di degenerazione cellulare e di invecchiamento, riducendo il metabolismo basale e il danno ossidativo ai tessuti e alle cellule. Queste sono le conclusioni a cui è giunto uno studio coordinato da Luigi Fontana, ricercatore del Dipartimento di Sanità alimentare e Animale dell'Istituto superiore di sanità e presso il Centro di Nutrizione umana della Washington University School of Medicine (St. Louis, Missouri, Usa).
Lo studio ha coinvolto un campione di 28 soggetti sani che per circa 6 anni si sono attenuti ad un regime di restrizione calorica (in media 1.800 calorie quotidiane). Inoltre sono stati reclutati due gruppi di controllo: il primo, composto da altri 28 soggetti, ha seguito la tipica condotta alimentare occidentale con vita sedentaria; il secondo era composto da 28 atleti con la stessa quantità di massa grassa dei soggetti a dieta, pur mangiando allincirca 2.700 calorie al giorno.
Ebbene, la concentrazione di T3 risultava significativamente più bassa solo nel gruppo di soggetti a dieta. Il campione di sportivi presentava livelli di T3 e TNF identici a quelli dei soggetti sedentari.