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Corpo Forestale: un Rapporto Sull’Abbandono degli Animali
Il più antico amico dell’uomo, il cane, è ancora vittima dell’abbandono e della violenza. L’ultimo episodio appena ieri, quando gli agenti forestali hanno salvato un dobermann agonizzante nel Parco della Majella. I dati sul fenomeno randagismo e le nuove pene per chi non rispetta gli animali, introdotte dalla legge licenziata dal Parlamento lo scorso 9 luglio e presto in vigore
E’ accaduto ieri l’ennesimo episodio di violenza nei confronti dell’animale che da sempre è più vicino all’uomo, il cane. A Palena, in provincia di Chieti, è stato trovato un dobermann, abbandonato in un bosco, poco distante dal centro abitato, lasciato senza né acqua né cibo. Gli uomini del Corpo Forestale dello Stato lo hanno trovato agonizzante, legato ad un albero con una catena cortissima, fissata al collo da un fil di ferro.
L’intervento degli agenti, con la collaborazione dei veterinari della Asl locale, è stato possibile grazie alle segnalazioni dei cittadini della zona, che si avevano udito dei guaiti provenire da quella zona. L’animale è stato condotto nel canile convenzionato di Fallo (Chieti). Successivamente gli agenti sono riusciti a individuare il proprietario dell'animale e stanno ora effettuando i necessari accertamenti per valutare la posizione dell'uomo. Ancora una volta gli animali, anche quelli ritenuti più pericolosi, quando non sono più desiderati, diventano vittime impotenti dell'uomo. Un comportamento che è sempre insopportabile e che, spesso, colpisce i compagni più fedeli dell’uomo, testimoni di un legame che affonda le radici nell’alba della civiltà. Infatti, gli scienziati di tutti il mondo sono d’accordo sull’affermare che il cane e il lupo appartengono alla specie “Canis Lupus” e quindi il lupo sarebbe il primo canide entrato nella vita sociale dell’uomo e da esso deriverebbero tutte le attuali specie di cani domestici. Molti e diversi sono i motivi che ci spingono ad accogliere un cane in famiglia, ma la vera ragione per cui un animale entra nelle nostre case e nella nostra vita, è la necessità di rivolgere, in una società in cui coniugi e figli sono spesso estranei fra loro, presi dalle necessità della vita, il nostro carico di affetti verso qualcuno che immediatamente soddisfa questo nostro bisogno di non essere soli. Ma l’uomo spesso ignora i bisogni e le necessità del proprio cane, violando così le regole di una intesa che dura da secoli.
Sempre più frequentemente infatti la stampa riporta episodi che riguardano atti di violenza gratuita ai danni degli animali, per vari scopi che vanno dal semplice abbandono all’utilizzo per ricerche scientifiche. Ogni anno in Italia oltre 150mila animali domestici vengono abbandonati e l’80% muore in incidenti stradali, mentre altri subiscono maltrattamenti o saranno vittime dell’addestramento dei cani da combattimento, i restanti trascorrono la propria esistenza nell’angusta gabbia di un canile. Questa è la realtà di un fatto che purtroppo è ancora ampiamente diffuso nel nostro paese. Al contrario di quanto si crede infatti, il fenomeno dell’abbandono non si concentra solo nella stagione estiva ma si verifica tutto l’anno e le punte massime si registrano durante il periodo di apertura della caccia. Ma l’abbandono comporta anche l’incremento del randagismo e dei cani vaganti che è stato oggetto negli ultimi decenni di diverse ricerche realizzate su scala nazionale e locale. Anche il Corpo Forestale dello Stato si sta occupando di questo fenomeno.
UN’ANALISI DEL RANDAGISMO
Un’analisi sulla materia ha portato alla classificazione di tre tipologie di cani: 1) cani con proprietario sempre sotto controllo, 2) cani con proprietario liberi di vagare sempre o sporadicamente, 3) cani senza proprietario. Quest’ultima categoria può essere distinta in altre due tipologie: a) cani randagi propriamente detti, perchè privi di proprietario ma che vagano nei pressi degli insediamenti umani e che sono in qualche forma dipendenti dall’uomo per l’alimentazione, b) cani inselvatichiti che hanno riguadagnato un’indipendenza pressoché assoluta dall’uomo, da cui rifuggono come animali selvatici, evitando i centri abitati. Questi ultimi amano spostarsi di notte, vivere in branco e sono perfino in grado di uccidere animali domestici e selvatici, mostrando così caratteristiche simili a quelle del lupo. Dagli studi realizzati è emerso che il randagismo canino è un fenomeno complesso con caratteristiche molto varie a seconda dei diversi contesti ecologici e sociali in cui viene studiato. Le diverse tipologie di cani analizzati sono infatti estremamente dinamiche, perché a volte si verificano costanti flussi di soggetti che da padronali non controllati, diventano randagi e i randagi diventano inselvatichiti. I cani padronali sono considerati il principale serbatoio di reclutamento di cani randagi e inselvatichiti, per questo motivo il controllo dei cani padronali vaganti è considerato il miglior metodo di intervento per la riduzione del randagismo. In generale nel nostro paese è stata posta molta attenzione ai problemi etici legati all’abbandono, alla possibilità di attacchi all’uomo, ai danni economici che i cani possono provocare, mentre sono stati sottovalutati i problemi legati ai cani vaganti come elementi di interferenza negativa nel funzionamento delle catene alimentari e nella conservazione della fauna selvatica. Ciò avviene in diversi modi: 1) predazione diretta; 2) disturbo; 3) competizione con altri predatori; 4) trasmissione di patologie. Un esempio di predazione diretta è rappresentata dall’episodio avvenuto nelle Saline di Margherita di Savoia in Puglia, dove sono stati predati, da cani inselvatichiti alcune specie di animali in via d’estinzione. In molti casi quindi il cane rappresenta un rivale nella predazione per le risorse alimentari del lupo. Ma il cane randagio risulta dannoso anche per l’uomo.
In sintesi da uno studio condotto lo scorso anno sui cani di proprietà emerge che sono circa 7.500.000 quelli presenti in Italia, di cui sono approssimativamente 6.100.000, quelli che vivono nelle aree rurali ed extra urbane, con un maggiore numero presente al sud e nei piccoli centri. Ma un elevato numero della popolazione canina che vive nelle aree rurali o extra urbane, è composta da oltre 1.200.000 cani liberi di vagare sul territorio almeno per gran parte della giornata. Ogni anno nei piccoli centri urbani, nascono e sopravvivono al primo periodo di vita oltre un milione e mezzo di cuccioli, ma il numero che viene affidato alle strutture pubbliche o private è irrilevante. I cani padronali mostrano pertanto notevolissime capacità di incremento, anche confermato dal costante aumento del numero complessivo di cani osservato negli ultimi decenni che è stimabilmente intorno al 5% annuo.
ALTRI DATI
Per tornare a parlare del fenomeno del randagismo, in Italia, i dati sono piuttosto impressionanti. I cani abbandonati ogni anno sono circa 150mila. L'85% morirà in incidenti stradali, di fame, di sete, sarà maltrattato oppure finirà vittima dei combattimenti clandestini. Per gli altri si apriranno le anguste gabbie dei canili, a volte veri e propri lager. Per alcuni animali queste gabbie non si apriranno più. A riprendere le fila del fenomeno degli abbandoni degli animali domestici, l’Oipa, l'organizzazione mondiale per la protezione degli animali affiliata all’Onu. Secondo i dati del Ministero della salute, i randagi in Italia sono complessivamente circa 2 milioni: 1.290.692 gatti e 816.610 cani, concentrati specialmente in Emilia Romagna, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio. Il business annuale dei canili privati tocca i 100 milioni di euro. Ogni anno vengono abbandonati, invece, secondo i dati Eurispes, altri 150mila cani e 200mila gatti. Di questi 280mila soccombono in poco tempo, vittime della fame, della sete o di incidenti stradali. Addirittura l’85% dei cani, sempre secondo l’Eurispes, muore entro 20 giorni dall'abbandono.
UN NUOVO STRUMENTO A TUTELA DEGLI ANIMALI
Il Parlamento ha di recente varato la nuova legge a tutela degli animali. Ora gli abbandoni e le sevizie saranno puniti con il carcere. L’abbandono di animali sarà punito con l’arresto e con un’ammenda da mille a 10mila euro. Sanzioni pesanti anche per maltrattamenti, doping, combattimenti clandestini e utilizzo del pellame di cani e gatti. Il 9 luglio scorso, è arrivato il sì definitivo della Commissione giustizia del Senato. La legge ora entrerà presto in vigore, 15 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, secondo dettato Costituzionale. Ora per quei padroni di animali che pensano di disfarsi senza problemi dell’ex compagno di salotto alla prima occasione, o magari in coincidenza delle vacanze estive, ci saranno anche conseguenze penali. L’abbandono, quando la nuova legge entrerà in vigore, sarà infatti punito con il carcere fino a un anno e con un’ammenda da mille a 10mila euro. La legge punirà tutti i casi di morte di animali per crudeltà o senza necessità ma anche le torture e la sottomissione degli animali a lavori intollerabili. Fuorilegge le sevizie, i combattimenti e le competizioni non autorizzate tra animali. Reclusione fino ad un anno e multa fino a 15mila euro per chi “cagiona una lesione ad un animale, un danno alla salute, o sevizie o comportamenti, fatiche, lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”. Stessa pena pecuniaria e reclusione fino a due anni per spettacoli o manifestazioni: con sevizie o strazio, o insostenibili per le caratteristiche naturali dell’animale. Per chi detiene un animale incompatibilmente con la sua natura o producendo grandi sofferenze è punito con l’arresto fino ad un anno o ammenda da 1.000 a 10mila euro. Per i combattimenti tra animali le multe arrivano fino a 160mila euro. Vita dura anche per chi volesse emulare la famosa Crudelia de Mon della carica dei 101. Con la nuova legge, infatti, si cerca di mettere un argine al sempre più diffuso costume di utilizzare il pellame di cani e gatti per la produzione di pellicce e articoli di pelletteria. D’ora in poi si rischierà di finire in carcere fino ad un anno o di vedersi comminata un'ammenda di 100 mila euro, oltre alla distruzione di tutto il materiale.
E’ accaduto ieri l’ennesimo episodio di violenza nei confronti dell’animale che da sempre è più vicino all’uomo, il cane. A Palena, in provincia di Chieti, è stato trovato un dobermann, abbandonato in un bosco, poco distante dal centro abitato, lasciato senza né acqua né cibo. Gli uomini del Corpo Forestale dello Stato lo hanno trovato agonizzante, legato ad un albero con una catena cortissima, fissata al collo da un fil di ferro.
L’intervento degli agenti, con la collaborazione dei veterinari della Asl locale, è stato possibile grazie alle segnalazioni dei cittadini della zona, che si avevano udito dei guaiti provenire da quella zona. L’animale è stato condotto nel canile convenzionato di Fallo (Chieti). Successivamente gli agenti sono riusciti a individuare il proprietario dell'animale e stanno ora effettuando i necessari accertamenti per valutare la posizione dell'uomo. Ancora una volta gli animali, anche quelli ritenuti più pericolosi, quando non sono più desiderati, diventano vittime impotenti dell'uomo. Un comportamento che è sempre insopportabile e che, spesso, colpisce i compagni più fedeli dell’uomo, testimoni di un legame che affonda le radici nell’alba della civiltà. Infatti, gli scienziati di tutti il mondo sono d’accordo sull’affermare che il cane e il lupo appartengono alla specie “Canis Lupus” e quindi il lupo sarebbe il primo canide entrato nella vita sociale dell’uomo e da esso deriverebbero tutte le attuali specie di cani domestici. Molti e diversi sono i motivi che ci spingono ad accogliere un cane in famiglia, ma la vera ragione per cui un animale entra nelle nostre case e nella nostra vita, è la necessità di rivolgere, in una società in cui coniugi e figli sono spesso estranei fra loro, presi dalle necessità della vita, il nostro carico di affetti verso qualcuno che immediatamente soddisfa questo nostro bisogno di non essere soli. Ma l’uomo spesso ignora i bisogni e le necessità del proprio cane, violando così le regole di una intesa che dura da secoli.
Sempre più frequentemente infatti la stampa riporta episodi che riguardano atti di violenza gratuita ai danni degli animali, per vari scopi che vanno dal semplice abbandono all’utilizzo per ricerche scientifiche. Ogni anno in Italia oltre 150mila animali domestici vengono abbandonati e l’80% muore in incidenti stradali, mentre altri subiscono maltrattamenti o saranno vittime dell’addestramento dei cani da combattimento, i restanti trascorrono la propria esistenza nell’angusta gabbia di un canile. Questa è la realtà di un fatto che purtroppo è ancora ampiamente diffuso nel nostro paese. Al contrario di quanto si crede infatti, il fenomeno dell’abbandono non si concentra solo nella stagione estiva ma si verifica tutto l’anno e le punte massime si registrano durante il periodo di apertura della caccia. Ma l’abbandono comporta anche l’incremento del randagismo e dei cani vaganti che è stato oggetto negli ultimi decenni di diverse ricerche realizzate su scala nazionale e locale. Anche il Corpo Forestale dello Stato si sta occupando di questo fenomeno.
UN’ANALISI DEL RANDAGISMO
Un’analisi sulla materia ha portato alla classificazione di tre tipologie di cani: 1) cani con proprietario sempre sotto controllo, 2) cani con proprietario liberi di vagare sempre o sporadicamente, 3) cani senza proprietario. Quest’ultima categoria può essere distinta in altre due tipologie: a) cani randagi propriamente detti, perchè privi di proprietario ma che vagano nei pressi degli insediamenti umani e che sono in qualche forma dipendenti dall’uomo per l’alimentazione, b) cani inselvatichiti che hanno riguadagnato un’indipendenza pressoché assoluta dall’uomo, da cui rifuggono come animali selvatici, evitando i centri abitati. Questi ultimi amano spostarsi di notte, vivere in branco e sono perfino in grado di uccidere animali domestici e selvatici, mostrando così caratteristiche simili a quelle del lupo. Dagli studi realizzati è emerso che il randagismo canino è un fenomeno complesso con caratteristiche molto varie a seconda dei diversi contesti ecologici e sociali in cui viene studiato. Le diverse tipologie di cani analizzati sono infatti estremamente dinamiche, perché a volte si verificano costanti flussi di soggetti che da padronali non controllati, diventano randagi e i randagi diventano inselvatichiti. I cani padronali sono considerati il principale serbatoio di reclutamento di cani randagi e inselvatichiti, per questo motivo il controllo dei cani padronali vaganti è considerato il miglior metodo di intervento per la riduzione del randagismo. In generale nel nostro paese è stata posta molta attenzione ai problemi etici legati all’abbandono, alla possibilità di attacchi all’uomo, ai danni economici che i cani possono provocare, mentre sono stati sottovalutati i problemi legati ai cani vaganti come elementi di interferenza negativa nel funzionamento delle catene alimentari e nella conservazione della fauna selvatica. Ciò avviene in diversi modi: 1) predazione diretta; 2) disturbo; 3) competizione con altri predatori; 4) trasmissione di patologie. Un esempio di predazione diretta è rappresentata dall’episodio avvenuto nelle Saline di Margherita di Savoia in Puglia, dove sono stati predati, da cani inselvatichiti alcune specie di animali in via d’estinzione. In molti casi quindi il cane rappresenta un rivale nella predazione per le risorse alimentari del lupo. Ma il cane randagio risulta dannoso anche per l’uomo.
In sintesi da uno studio condotto lo scorso anno sui cani di proprietà emerge che sono circa 7.500.000 quelli presenti in Italia, di cui sono approssimativamente 6.100.000, quelli che vivono nelle aree rurali ed extra urbane, con un maggiore numero presente al sud e nei piccoli centri. Ma un elevato numero della popolazione canina che vive nelle aree rurali o extra urbane, è composta da oltre 1.200.000 cani liberi di vagare sul territorio almeno per gran parte della giornata. Ogni anno nei piccoli centri urbani, nascono e sopravvivono al primo periodo di vita oltre un milione e mezzo di cuccioli, ma il numero che viene affidato alle strutture pubbliche o private è irrilevante. I cani padronali mostrano pertanto notevolissime capacità di incremento, anche confermato dal costante aumento del numero complessivo di cani osservato negli ultimi decenni che è stimabilmente intorno al 5% annuo.
ALTRI DATI
Per tornare a parlare del fenomeno del randagismo, in Italia, i dati sono piuttosto impressionanti. I cani abbandonati ogni anno sono circa 150mila. L'85% morirà in incidenti stradali, di fame, di sete, sarà maltrattato oppure finirà vittima dei combattimenti clandestini. Per gli altri si apriranno le anguste gabbie dei canili, a volte veri e propri lager. Per alcuni animali queste gabbie non si apriranno più. A riprendere le fila del fenomeno degli abbandoni degli animali domestici, l’Oipa, l'organizzazione mondiale per la protezione degli animali affiliata all’Onu. Secondo i dati del Ministero della salute, i randagi in Italia sono complessivamente circa 2 milioni: 1.290.692 gatti e 816.610 cani, concentrati specialmente in Emilia Romagna, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio. Il business annuale dei canili privati tocca i 100 milioni di euro. Ogni anno vengono abbandonati, invece, secondo i dati Eurispes, altri 150mila cani e 200mila gatti. Di questi 280mila soccombono in poco tempo, vittime della fame, della sete o di incidenti stradali. Addirittura l’85% dei cani, sempre secondo l’Eurispes, muore entro 20 giorni dall'abbandono.
UN NUOVO STRUMENTO A TUTELA DEGLI ANIMALI
Il Parlamento ha di recente varato la nuova legge a tutela degli animali. Ora gli abbandoni e le sevizie saranno puniti con il carcere. L’abbandono di animali sarà punito con l’arresto e con un’ammenda da mille a 10mila euro. Sanzioni pesanti anche per maltrattamenti, doping, combattimenti clandestini e utilizzo del pellame di cani e gatti. Il 9 luglio scorso, è arrivato il sì definitivo della Commissione giustizia del Senato. La legge ora entrerà presto in vigore, 15 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, secondo dettato Costituzionale. Ora per quei padroni di animali che pensano di disfarsi senza problemi dell’ex compagno di salotto alla prima occasione, o magari in coincidenza delle vacanze estive, ci saranno anche conseguenze penali. L’abbandono, quando la nuova legge entrerà in vigore, sarà infatti punito con il carcere fino a un anno e con un’ammenda da mille a 10mila euro. La legge punirà tutti i casi di morte di animali per crudeltà o senza necessità ma anche le torture e la sottomissione degli animali a lavori intollerabili. Fuorilegge le sevizie, i combattimenti e le competizioni non autorizzate tra animali. Reclusione fino ad un anno e multa fino a 15mila euro per chi “cagiona una lesione ad un animale, un danno alla salute, o sevizie o comportamenti, fatiche, lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”. Stessa pena pecuniaria e reclusione fino a due anni per spettacoli o manifestazioni: con sevizie o strazio, o insostenibili per le caratteristiche naturali dell’animale. Per chi detiene un animale incompatibilmente con la sua natura o producendo grandi sofferenze è punito con l’arresto fino ad un anno o ammenda da 1.000 a 10mila euro. Per i combattimenti tra animali le multe arrivano fino a 160mila euro. Vita dura anche per chi volesse emulare la famosa Crudelia de Mon della carica dei 101. Con la nuova legge, infatti, si cerca di mettere un argine al sempre più diffuso costume di utilizzare il pellame di cani e gatti per la produzione di pellicce e articoli di pelletteria. D’ora in poi si rischierà di finire in carcere fino ad un anno o di vedersi comminata un'ammenda di 100 mila euro, oltre alla distruzione di tutto il materiale.