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Consumo Alimentare: Ecco i 5 Pilastri della Dieta Sostenibile
Una dieta sostenibile si regge su cinque grandi pilastri: la salute, il rispetto per l’ambiente, la solidarietà e la condivisione, l’attenzione al benessere animale, il gusto e i piaceri della tavola.
Chi vuole praticare una dieta sostenibile, nella scelta dei prodotti privilegia quelli coltivati con le tecniche produttive e le pratiche agronomiche a minore impatto ambientale, con la maggiore capacità di conservare le basi naturali delle produzioni agricole (fertilità del suolo, acqua, diversità biologica, ecc.) e che offrono maggiori garanzia per quanto riguarda la sicurezza e la qualità. In primo luogo, dunque, alimenti da agricoltura biologica. Ma, mangiare alimenti prodotti con metodi sostenibili non basta, occorre anche scendere nella catena alimentare, vale a dire ridurre il consumo di alimenti di origine animali, utilizzando direttamente per l’alimentazione umana le risorse ora destinate alla zootecnia.
Oltre all’uso dissennato di pesticidi e di fertilizzanti chimici, infatti, uno dei fattori che ha reso via via più insostenibile il nostro modo di produrre alimenti è la separazione della zootecnia (allevamenti intensivi senza terra) dalle produzioni agricole, che, in concomitanza con la diffusione dei concimi chimici, hanno creato un paradosso: quello che era una ricchezza - il letame usato come concime - è diventato un rifiuto potenzialmente inquinante e difficile da gestire. Inoltre, l’uso di concimi chimici, diserbanti, pesticidi nelle colture intensive di cereali e di leguminose destinati alla alimentazione degli animali contribuisce in maniera enorme all’inquinamento dell’ambiente.
Circa il 38% della produzione mondiale di cereali e circa il 50% di quella di soia è destinata all’alimentazione degli animali mentre potrebbe essere destinata direttamente alla alimentazione umana. Lo stesso vale per 1/3 circa del pesce. In alcuni paesi, che pure hanno problemi alimentari, terreni e risorse vengono destinati all'allevamento per l'esportazione, oppure alla produzione di vegetali da esportare per l’alimentazione animale, anziché alle produzioni alimentari per uso diretto. E spesso questo avviene attraverso la distruzione della foresta tropicale per far spazio ai pascoli e alle colture.
Questo è un problema perché, per esempio, per produrre 1 chilo di carne bovina, occorrono 4,8 Kg di granaglie (cereali e soia, soprattutto). Ora, 4,8 kg di granaglie, in una composizione cereali-legumi ottima per l’alimentazione umana, sono pari a 13.000 kcal, mentre 1 kg di carne è pari a 2140 kcal, il che vuol dire che nel passaggio fra le granaglie e la carne si “perdono” 10.860 kcal, vale a dire l’87,41% del valore energetico di partenza. Vi è dunque un enorme spreco energetico anche solo mettendo a raffronto il solo input in kcal dell’alimentazione animale con il suo prodotto finale, la carne. Se considerassimo anche tutti gli altri input energetici (macchinari, gasolio, elettricità, pesticidi e concimi ecc.) lo spreco risulterebbe ancora più grande.
La dieta sostenibile, dunque, per essere rispettosa dell’ambiente deve prevedere una drastico riduzione nel consumo di alimenti di origine animale e un riequilibrio a favore degli alimenti vegetali, che è anche quello che suggerisce l’attenzione alla salute.
Chi vuole praticare una dieta sostenibile, nella scelta dei prodotti privilegia quelli coltivati con le tecniche produttive e le pratiche agronomiche a minore impatto ambientale, con la maggiore capacità di conservare le basi naturali delle produzioni agricole (fertilità del suolo, acqua, diversità biologica, ecc.) e che offrono maggiori garanzia per quanto riguarda la sicurezza e la qualità. In primo luogo, dunque, alimenti da agricoltura biologica. Ma, mangiare alimenti prodotti con metodi sostenibili non basta, occorre anche scendere nella catena alimentare, vale a dire ridurre il consumo di alimenti di origine animali, utilizzando direttamente per l’alimentazione umana le risorse ora destinate alla zootecnia.
Oltre all’uso dissennato di pesticidi e di fertilizzanti chimici, infatti, uno dei fattori che ha reso via via più insostenibile il nostro modo di produrre alimenti è la separazione della zootecnia (allevamenti intensivi senza terra) dalle produzioni agricole, che, in concomitanza con la diffusione dei concimi chimici, hanno creato un paradosso: quello che era una ricchezza - il letame usato come concime - è diventato un rifiuto potenzialmente inquinante e difficile da gestire. Inoltre, l’uso di concimi chimici, diserbanti, pesticidi nelle colture intensive di cereali e di leguminose destinati alla alimentazione degli animali contribuisce in maniera enorme all’inquinamento dell’ambiente.
Circa il 38% della produzione mondiale di cereali e circa il 50% di quella di soia è destinata all’alimentazione degli animali mentre potrebbe essere destinata direttamente alla alimentazione umana. Lo stesso vale per 1/3 circa del pesce. In alcuni paesi, che pure hanno problemi alimentari, terreni e risorse vengono destinati all'allevamento per l'esportazione, oppure alla produzione di vegetali da esportare per l’alimentazione animale, anziché alle produzioni alimentari per uso diretto. E spesso questo avviene attraverso la distruzione della foresta tropicale per far spazio ai pascoli e alle colture.
Questo è un problema perché, per esempio, per produrre 1 chilo di carne bovina, occorrono 4,8 Kg di granaglie (cereali e soia, soprattutto). Ora, 4,8 kg di granaglie, in una composizione cereali-legumi ottima per l’alimentazione umana, sono pari a 13.000 kcal, mentre 1 kg di carne è pari a 2140 kcal, il che vuol dire che nel passaggio fra le granaglie e la carne si “perdono” 10.860 kcal, vale a dire l’87,41% del valore energetico di partenza. Vi è dunque un enorme spreco energetico anche solo mettendo a raffronto il solo input in kcal dell’alimentazione animale con il suo prodotto finale, la carne. Se considerassimo anche tutti gli altri input energetici (macchinari, gasolio, elettricità, pesticidi e concimi ecc.) lo spreco risulterebbe ancora più grande.
La dieta sostenibile, dunque, per essere rispettosa dell’ambiente deve prevedere una drastico riduzione nel consumo di alimenti di origine animale e un riequilibrio a favore degli alimenti vegetali, che è anche quello che suggerisce l’attenzione alla salute.