La censura torna a colpire i media cinesi. Le copie di un settimanale economico, ‘Caijing’ - la cui storia di copertina era incentrata su uno degli uomini più ricchi della Cina coinvolto in uno scandalo finanziario - sono misteriosamente scomparse in questi giorni dalle edicole. Il numero incriminato è quello del 20 giugno scorso, inviato per posta agli abbonati ma mai pervenuto ai rivenditori di giornali. A denunciare il boicottaggio è stato un impiegato di ‘Caijing’, che si è rivolto ai media internazionali chiedendo l’anonimato. Il direttore del settimanale, Hu Shuli, ha parlato di "difficoltà logistiche", negando che vi siano state "limitazioni da parte del governo". Il servizio telefonico per i reclami della società editoriale sostiene che l’ultima edizione di ‘Caijing’ non è in edicola a causa dello scarso numero di copie stampate, ma non è in grado di spiegare il motivo di questa irregolarità. Al contrario, il distributore del giornale a Pechino afferma che la consegna della rivista è stata sospesa a causa dei suoi contenuti, ritenuti "scottanti" dalle autorità governative. L’edizione del 20 giugno si occupava infatti di un noto imprenditore di Shangai, Chau Ching-ngai, sotto inchiesta per alcuni prestiti ottenuti dalla Banca della Cina. Nei mesi scorsi il governo cinese è tornato a esercitare rigidi controlli sui media, che negli ultimi anni avevano acquistato una crescente libertà di azione. Di recente le autorità di Pechino hanno fatto chiudere il quotidiano ‘Beijing Xinbao’, che nel numero del 4 giugno aveva pubblicato un saggio in cui ironizzava sul Congresso nazionale del popolo (il parlamento cinese). Il giorno dopo lo stesso quotidiano aveva chiesto chiarimenti all’esecutivo su un caso di avvelenamento di massa e aveva lodato un medico che accusava il ministero della sanità di aver mentito sul vero numero dei casi di Sars (polmonite atipica) in Cina.