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Caccia: Quando si Uccide per Sport, e non Solo gli Animali...
SCRIVO a proposito di una recente iniziativa della Lega per l'Abolizione della Caccia che ha reso noto nei giorni scorsi il suo "libro bianco" sugli incidenti avvenuti durante la stagione venatoria appena conclusa. Una tabella in cui sono solamente i numeri, chiari e indiscutibili, a parlare. Credo non sia esagerato definirlo un documento estremamente allarmante per la gravità dei dati che contiene: 44 sono i morti e 66 i feriti di cui 34 gravi, causati dai cacciatori in 5 mesi di serrata e troppo spesso incontrollata attività nelle campagne, nei boschi, nei poderi coltivati, in qualche caso addirittura all'interno dei centri urbani. A monte di tutto ciò un vasto repertorio di comportamenti che oscillano dalla più sconcertante imperizia nell'uso delle armi a veri e propri episodi dolosi. È fin troppo facile ritenere che si tratti della classica punta dell'iceberg poiché se il cacciatore spara verso una casa, indifferente al pericolo a cui sottopone chi vi abita, verso un cespuglio senza sapere cosa - o chi - c'è dietro, verso un campo di calcio gremito di gente (tutti episodi questi verificatisi ripetutamente negli scorsi mesi) si viene a sapere dai giornali soltanto nel caso in cui vi siano vittime. Queste cronache dunque è verosimile ritenere siano il sintomo di una serie di comportamenti di grande gravità e pericolosità nella pratica dell'attività venatoria che dobbiamo ritenere, anche se non generalizzati, certamente ben più diffusi di quanto non appaia dai semplici dati di cronaca. Il documento della LAC pone dunque in luce in maniera sistematica un aspetto finora gravemente sottovalutato dell'attività venatoria: la caccia come problema di pubblica sicurezza. Ogni stagione venatoria si lascia dietro, oltre che un gigantesco e insensato massacro di animali selvatici, anche una lunga scia di sangue umano, non solo di cacciatori che si ammazzano l'un l'altro scambiandosi per lepri o cinghiali ma anche di persone qualsiasi, colpevoli soltanto di abitare in campagna, di lavorare nel proprio campo, o anche soltanto di cercare qualche momento di relax nella natura. I cacciatori difendono il loro diritto a esercitare uno hobby pericoloso, con altrettanta forza dovrebbero muoversi coloro che la pensano in modo contrario in modo da parlare della questione non soltanto quando ci sono i morti, ma soprattutto quando la caccia è chiusa. Una rapida e auspicabilissima messa al bando della caccia sull'intero territorio nazionale non è dunque solo interesse dell'ambientalista ma anche di chiunque abbia a cuore la tutela della sicurezza propria, della propria famiglia, di tutti, e in questa direzione farebbero bene una buona volta a muoversi i legislatori.
Filippo Schillaci
Filippo Schillaci