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Caccia di Frodo: e' a Tutti gli Effetti Furto Aggravato ai Danni dello Stato
Il bracconiere che abbatte animali selvatici, che costituiscono per legge patrimonio indisponibile dello Stato, ed è eventualmente privo -come spesso accade- della licenza di caccia o del tesserino venatorio regionale, può essere denunciato anche per il più grave reato di furto aggravato ai danni dello Stato (artt. 624 e 625 del Codice Penale).
E' una innovativa interpretazione della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che con sentenza 34353/04 ,depositata lo scorso agosto, ed ora pubblicata integralmente sulla testata "on line" giuridico-ambientale www.dirittoambiente.it , nonchè sul sito web del Parco Nazionale del Gran Paradiso, reintroduce la tesi del cosiddetto "furto venatorio". L'attuale legge 157 del 1992 sulla caccia, nell'elencare alcuni reati in campo venatorio (come l'uccellagione con le reti, o l'abbattimento di specie protette) diretti verso la fauna, classificata patrimonio dello Stato, escluderebbe l'applicabilità del reato di furto, nella vigenza di più specifiche ipotesi di reato. Ma, ed è questa la novità dell'interpretazione dei giudici di cassazione, l'esclusione dell'ipotesi del furto vale solo per i cacciatori muniti di licenza, a cui fa riferimento la legge. I bracconieri privi di licenza, che si appropriano di fauna cacciabile o protetta, ma sono privi di licenza, sottraggono beni dello Stato senza alcuna forma di concessione, ragion per cui commettono il reato di furto, o di danneggiamento se l'animale ferito o ucciso non viene recuperato. La sentenza trae origine dall'episodio di due bracconieri colti in flagrante dai guardiaparco nel settembre 1998 nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, mentre trascinavano di nascosto uno stambecco precedentemente ucciso, e poi eviscerato e privato del trofeo. La condanna del 2001 in Corte d'Appello a Torino (con risarcimento del danno all'Ente Parco), è stata ora autorevolmente confermata dalla Cassazione. La sentenza ed il commenti sono pubblicati integralmente sul sito internet www.dirittoambiente.it
E' una innovativa interpretazione della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che con sentenza 34353/04 ,depositata lo scorso agosto, ed ora pubblicata integralmente sulla testata "on line" giuridico-ambientale www.dirittoambiente.it , nonchè sul sito web del Parco Nazionale del Gran Paradiso, reintroduce la tesi del cosiddetto "furto venatorio". L'attuale legge 157 del 1992 sulla caccia, nell'elencare alcuni reati in campo venatorio (come l'uccellagione con le reti, o l'abbattimento di specie protette) diretti verso la fauna, classificata patrimonio dello Stato, escluderebbe l'applicabilità del reato di furto, nella vigenza di più specifiche ipotesi di reato. Ma, ed è questa la novità dell'interpretazione dei giudici di cassazione, l'esclusione dell'ipotesi del furto vale solo per i cacciatori muniti di licenza, a cui fa riferimento la legge. I bracconieri privi di licenza, che si appropriano di fauna cacciabile o protetta, ma sono privi di licenza, sottraggono beni dello Stato senza alcuna forma di concessione, ragion per cui commettono il reato di furto, o di danneggiamento se l'animale ferito o ucciso non viene recuperato. La sentenza trae origine dall'episodio di due bracconieri colti in flagrante dai guardiaparco nel settembre 1998 nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, mentre trascinavano di nascosto uno stambecco precedentemente ucciso, e poi eviscerato e privato del trofeo. La condanna del 2001 in Corte d'Appello a Torino (con risarcimento del danno all'Ente Parco), è stata ora autorevolmente confermata dalla Cassazione. La sentenza ed il commenti sono pubblicati integralmente sul sito internet www.dirittoambiente.it