Dopo 18 anni di attesa, il popolo indigeno Deni ha finalmente festeggiato con canti e danze tradizionali la demarcazione delle sue terre ancestrali sulle rive del fiume Xeruã, affluente dello Juruá, nel sudovest dello Stato brasiliano di Amazonas. Alla celebrazione, organizzata dai ‘caciques’ (i capi supremi) della comunità di Boiador, erano presenti rappresentanti di Opan-'Operação Amazônia Nativa’, Consiglio indigenista missionario (Cimi) e Greenpeace, organismi il cui apporto è risultato fondamentale per il raggiungimento della regolarizzazione delle terre Deni. Con la demarcazione, otto territori sono stati uniti, formando un ‘corridoio’ entico-ambientale con una superficie di 3,6 milioni di ettari. In questo modo, almeno sulla carta, saranno i circa 2.400 indigeni Deni – a cui vanno uniti anche i meno noti Hi-marinã, di cui non si possiedono dati certi - a poter beneficiare in modo esclusivo delle risorse della foresta amazzonica, per anni devastata da migliaia di predatori ‘madedeiros’ (mercanti di legname). “La demarcazione della terra Deni è un evento storico per tutti quelli che lottano per fermare la devastazione delle foreste millenarie del pianeta, creare aree protette e far rispettare le legislazioni nazionali, lavorando assieme alle comunità indigene” ha dichiarato Nino D’Avila, della ‘Campagna Amazzonia’ di Greenpeace. “Non lasceremo mai le nostre terre – ha ribadito uno dei leader autoctoni, Kubuvi Deni – abbiamo bisogno di poter cacciare e pescare per alimentarci, la nostra sopravvivenza dipende dalla foresta”. La lotta dei Deni era iniziata nel 1985 e si è conclusa con l’intervento decisivo del governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva. L’opera di demarcazione, iniziata dagli stessi indios – mobilitati quattro anni fa dagli attivisti di Greenpeace – è stata rilevata nel maggio scorso dalle autorità e la compilazione della mappa ufficiale si è conclusa proprio all’inizio di agosto.