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Balene: l'Estrazione Petrolifera ne Minaccia l'Esistenza
l Wwf denuncia che le trivellazioni petrolifere mettono a repentaglio le popolazioni di balena. Accade nel Pacifico occidentale, dove la balena grigia, una delle specie di balene più a rischio in assoluto (ne rimarrebbero appena 100 esemplari) sono minacciate dalle attività di ricerca ed estrazione petrolifera.
Ogni primavera le ultime 100 balene grigie del Pacifico occidentale risalgono le coste orientali dell'Asia fino all'isola di Sakhalin (Estremo Oriente russo). Da maggio ad ottobre, in queste lagune, i cetacei allevano i loro piccoli. Ed è proprio in tali acque, ricche di krill - la dieta base delle balene -, che questi grandi mammiferi marini si preparano ad affrontare il rigore dell'inverno facendo scorta di cibo. Tuttavia, da quando è cominciato lo sfruttamento dei giacimenti di gas e di petrolio, il Mare di Okhotsk non conosce più la pace e la tranquillità di un tempo: la ricerca di nuovi giacimenti, le esplosioni e le trivellazioni provocano un terribile impatto acustico che spinge le balene lontano dall’area in cui gli animali sostano durante il periodo estivo per alimentarsi. Ciò comporta la denutrizione di molte balene e dei loro piccoli. Ma non è tutto. Vi è infatti un progetto che prevede la costruzione di una nuova piattaforma di trivellazione e di nuovi oleodotti proprio al centro della Piltun Bay, una regione molto importante per i cetacei. La realizzazione di questi impianti comporterebbe la scomparsa definitiva della popolazione di balene grigie.
Il Wwf ha chiesto alle compagnie petrolifere che venga creata una riserva per cetacei di 2.300 chilometri quadrati, nella quale non sia consentita nessuna attività industriale, e il ricorso alle tecnologie più affidabili attualmente disponibili per l'estrazione del petrolio e del gas. La balena grigia del pacifico migra dall'Alaska al Messico, viaggiando per circa 20.000 chilometri ogni anno.
L'associazione sta facendo pressione sul governo russo con referendum e azioni legali: le attività petrolifere danneggerebbero infatti anche una delle rare popolazioni ancora intatte di salmoni selvatici, la cui migrazione è ostacolata dagli oleodotti, oltre a foche, otarie, aquile di mare e numerosi uccelli marini.
Intanto, prosegue senza sosta l'azione di pressione di Greenpeace contro l'Islanda. Nei giorni scorsi una balenottera minore è stata catturata dalla baleniera islandese Njordur.
reenpeace ha rinnovato l'offerta al governo islandese: chiederemo ai nostri circa 3 milioni di sostenitori in tutto il mondo, di visitare l'Islanda e scegliere l'ecoturismo, in cambio della rinuncia a cacciare 38 balenottere e dell'adesione al bando internazionale sulla caccia alle balene. Molte specie di balene sono a rischio a causa dell'inquinamento (nei loro tessuti si accumulano anche sostanze tossiche come i PCB), dei cambiamenti climatici, dell'impatto con le grandi reti pelagiche. "La caccia -accusano gli ambientalisti- rappresenta un ulteriore, tragico e anacronistico colpo per questi cetacei". Nel 2002 secondo Greenpeace, Giappone e Norvegia hanno cacciato 1.381 balenottere, sostenendo che la specie non è in pericolo.
Greenpeace, che sta conducendo un tour dell'isola con la "Rainbow Warrior", ha documentato con immagini fotografiche e video l'accaduto e la locale associazione degli operatori del "whale watching" (l'osservazione dei cetacei a scopo turistico) ha condannato la ripresa della caccia.
Ogni primavera le ultime 100 balene grigie del Pacifico occidentale risalgono le coste orientali dell'Asia fino all'isola di Sakhalin (Estremo Oriente russo). Da maggio ad ottobre, in queste lagune, i cetacei allevano i loro piccoli. Ed è proprio in tali acque, ricche di krill - la dieta base delle balene -, che questi grandi mammiferi marini si preparano ad affrontare il rigore dell'inverno facendo scorta di cibo. Tuttavia, da quando è cominciato lo sfruttamento dei giacimenti di gas e di petrolio, il Mare di Okhotsk non conosce più la pace e la tranquillità di un tempo: la ricerca di nuovi giacimenti, le esplosioni e le trivellazioni provocano un terribile impatto acustico che spinge le balene lontano dall’area in cui gli animali sostano durante il periodo estivo per alimentarsi. Ciò comporta la denutrizione di molte balene e dei loro piccoli. Ma non è tutto. Vi è infatti un progetto che prevede la costruzione di una nuova piattaforma di trivellazione e di nuovi oleodotti proprio al centro della Piltun Bay, una regione molto importante per i cetacei. La realizzazione di questi impianti comporterebbe la scomparsa definitiva della popolazione di balene grigie.
Il Wwf ha chiesto alle compagnie petrolifere che venga creata una riserva per cetacei di 2.300 chilometri quadrati, nella quale non sia consentita nessuna attività industriale, e il ricorso alle tecnologie più affidabili attualmente disponibili per l'estrazione del petrolio e del gas. La balena grigia del pacifico migra dall'Alaska al Messico, viaggiando per circa 20.000 chilometri ogni anno.
L'associazione sta facendo pressione sul governo russo con referendum e azioni legali: le attività petrolifere danneggerebbero infatti anche una delle rare popolazioni ancora intatte di salmoni selvatici, la cui migrazione è ostacolata dagli oleodotti, oltre a foche, otarie, aquile di mare e numerosi uccelli marini.
Intanto, prosegue senza sosta l'azione di pressione di Greenpeace contro l'Islanda. Nei giorni scorsi una balenottera minore è stata catturata dalla baleniera islandese Njordur.
reenpeace ha rinnovato l'offerta al governo islandese: chiederemo ai nostri circa 3 milioni di sostenitori in tutto il mondo, di visitare l'Islanda e scegliere l'ecoturismo, in cambio della rinuncia a cacciare 38 balenottere e dell'adesione al bando internazionale sulla caccia alle balene. Molte specie di balene sono a rischio a causa dell'inquinamento (nei loro tessuti si accumulano anche sostanze tossiche come i PCB), dei cambiamenti climatici, dell'impatto con le grandi reti pelagiche. "La caccia -accusano gli ambientalisti- rappresenta un ulteriore, tragico e anacronistico colpo per questi cetacei". Nel 2002 secondo Greenpeace, Giappone e Norvegia hanno cacciato 1.381 balenottere, sostenendo che la specie non è in pericolo.
Greenpeace, che sta conducendo un tour dell'isola con la "Rainbow Warrior", ha documentato con immagini fotografiche e video l'accaduto e la locale associazione degli operatori del "whale watching" (l'osservazione dei cetacei a scopo turistico) ha condannato la ripresa della caccia.