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Australia: si Riconsidera il Caso di Richiedenti Asilo Convertiti al Cristianesimo
Le autorità di Canberra torneranno a prendere in esame il caso di 30 richiedenti asilo iraniani e iracheni ai quali era stato rifiutato il permesso di restare in Australia, perché nel frattempo si sono convertiti al cristianesimo. Un portavoce del ministero dell’Immigrazione ha spiegato che, nonostante il gruppo - attualmente in stato di detenzione – non sia riuscito a ottenere asilo in Australia dopo vari processi e ricorsi in appello, adesso è possibile iniziare un nuovo dibattimento per “una serie di circostanze”, tra cui il fatto che i profughi si sono convertiti al cristianesimo. Se queste persone dovessero tornare nel proprio Paese dopo aver ripudiato l’Islam e abbracciato una nuova religione, ha spiegato il primo ministro australiano John Howard, rischierebbero di subire persecuzioni o addirittura di essere uccisi. Howard ha tenuto a precisare che non intende in alcun modo “riservare uno speciale trattamento ai cristiani”. Tuttavia la scelta è stata contestata dal principale partito di opposizione, il ‘Labor Party’, secondo il quale altri richiedenti asilo potrebbero essere indotti a convertirsi solo per cercare di sfuggire al rimpatrio. Il quotidiano australiano ‘Sydney Morning Herald’ ha invece accusato il governo di aver voluto “salvare la faccia”, usando il pretesto della conversione per ‘ammorbidire’ la linea dura adottata finora nei confronti dei clandestini. La legge prevede che le migliaia di profughi che con sempre maggiore frequenza approdano sulle coste del Paese (in prevalenza afgani, iraniani e iracheni) vengano rinchiusi in centri di raccolta per il periodo necessario a istruire una pratica che porterà alla concessione dell’asilo o alla loro espulsione. Di fatto i richiedenti asilo attendono anche 3 o 4 anni prima di vedere espletata la loro pratica e, nel frattempo, sono costretti a vivere in complessi abitativi situati in zone sperdute, dalle quali è proibito fuggire. Il centro più tristemente noto era quello di Woomera, oggi chiuso, dove si sono tenuti diversi scioperi della fame e varie contestazioni.