Per sfuggire alla più devastante siccità degli ultimi vent'anni, l'Australia è pronta a tutto, anche a modificare il corso di alcuni fiumi d'interesse strategico per le colture. L'ipotesi operativa, se da un lato scandalizza diversi scienziati di settore e ecologisti, alletta dall'altra il governo centrale, una larga fetta dell'opinione pubblica, i principali media e le grandi lobbies australiane che hanno espresso pareri globalmente favorevoli al progetto di salvaguardia dei territori. Diverse società di rilievo hanno così costituito la "Fondazione degli agricoltori" per schierarsi, come interlocutore credibile a favore dell'approvazione dei piani di lavoro esecutivi. Agricoltori e allevatori sono i primi ad essere colpiti dal problema dell'approvvigionamento dell'acqua e la proposta maggiormente condivisa è di permettere ad alcuni corsi d'acqua, particolarmente cruciali in alcune aree, di inondare i terreni inariditi dalla mancanza di precipitazioni. Queste ma!
novre idrauliche costerebbero qualche miliardo di dollari, "ma permetterebbero a migliaia di operatori di settore di inondare le terre secondo i bisogni, in caso di siccità, ristabilendo così i preziosi idroequilibri delle regioni devastate dalla penuria d'acqua". Il tutto sarebbe rigorosamente regolamentato e non sarebbe certamente lasciato alla discrezionalità di questo o quell'operatore, ma risponderebbe ad esigenze complessive di ristrutturazione a salvaguardia del territorio. Non si dimentichi che analoghi provvedimenti furono adottati, nel corso degli scorsi millenni, anche in comprensori a valore aggiunto ben superiore alla media di molti terreni irrigui australiani, ottenendo, con un misurato impiego delle esondazioni, ottimi risultati sul piano della fertizzazione naturale dei fondi agricoli. Per contro, gli oppositori sostengono che proprio la natura stabile dell'azione potrebbe causare danni irreparabili al fragile ecosistema australiano. "Ciò provocherebbe un'ari!
dità permanente sul litorale, nuocerebbe alla pesca costiera e aggraverebbe il problema già presente dell'equilibrio salino del suolo, riportando il sale sotterraneo in superficie" afferma Tim Flannery del Museo australiano del Sud, che ha sede ad Adelaide. Sarebbe preferibile, secondo quanto dichiarato anche da altri autorevoli ricercatori, ripiantare degli alberi che si abbeverano sotto terra ed utilizzare metodiche alternative per favorire la riconversione agricola di piantagioni che richiedano minori quantità d'acqua.