lun, 21 luglio 2025

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Aria Condizionata: Gioie e Dolori

In un'estate dominata dalle ondate di calore, dalle drammatiche notizie sulla mortalità tra gli anziani, dagli incendi, e dal black out elettrico in Italia prima e negli USA poi, illustri editoriali (1, 2) hanno posto l'accento sul profondo legame dei fenomeni climatici che viviamo con le scelte energetiche degli Stati Uniti e del mondo sviluppato. Come suggerisce l'editoriale del Lancet (1): "In quanto maggiori produttori mondiali di gas serra, gli Stati Uniti dovrebbero guidare il mondo nel dimostrare la propria abilità nel ridurre in modo importante le emissioni, diminuire l'inquinamento, e migliore la salute pubblica". In questa discussione, che partendo da evidenze scientifiche porta a conseguenze notevoli sulle scelte economiche e sui destini del mondo, trova uno spazio non marginale il sogno, per molti vano, dell'interminabile estate: l'aria condizionata, la risposta tecnologica al grande caldo. Ci siamo chiesti, ma quali sono le evidenze epidemiologiche sull'efficacia dell'aria condizionata nel ridurre gli effetti sulla salute delle ondate di calore? Quali implicazioni per la sanità pubblica?
La totalità degli studi pubblicati sugli effetti dell'aria condizionata è americana. Già Kilbourne et al (3) avevano notato in uno studio caso-controllo che la mortalità per colpo di calore diminuiva del 400% per coloro che avevano avuto accesso ad aria condizionata. In uno studio di coorte, Rogot et al (4) avevano messo in evidenza una riduzione del 42% del rischio di morte durante periodi di ondate di calore per coloro che vivevano in case con aria condizionata rispetto a coloro che non l'avevano. Kalkstein (5) ha stimato una riduzione del 21% della mortalità da caldo a New York attribuibile all'aria condizionata. L'evidenza più suggestiva, tuttavia, proviene da uno studio di autori americani (6l) che riporta una valutazione delle modifiche temporali nella mortalità da ondate di calore negli USA.
Gli autori hanno studiato l'eccesso di mortalità attribuibile al caldo in 28 aree metropolitane degli USA dal 1964 al 1998. Gli eccessi di mortalità sono diminuiti nel tempo in 19 delle 28 aree metropolitane: da 41 morti per anno (per milione di abitanti) negli anni '60-'70, si è passati a 17.3 negli anni '70, e a 10.5 negli anni '90. Considerando come unità di osservazione le aree metropolitane, la diminuzione nella mortalità attribuibile al caldo è risultata fortemente associata alla proporzione di abitazioni con aria condizionata: gli autori hanno stimato una riduzione 1.14 decessi per anno (per milione di abitanti) per ogni incremento unitario (in %) nella disponibilità di popolazione di aria condizionata.
Gli effetti positivi sulla salute dell'aria condizionata non si limiterebbero al contenimento della mortalità da caldo. In una analisi recente sulla relazione tra un indicatore di inquinamento atmosferico, le polveri sospese di diametro inferiore ad un micron, PM10, e ricoveri ospedalieri per cause cardiache e respiratorie in 14 città americane, Janssen et al (7) hanno evidenziato che tale associazione è modificata dalla disponibilità dell'aria condizionata: nelle città in cui l'aria condizionata è più diffusa gli effetti dell'inquinamento atmosferico sono ridotti.
Le prove scientifiche disponibili sull'efficacia del condizionamento dell'aria nel ridurre gli effetti nocivi del caldo sulla salute sono dunque numerose e suggestive, anche se sicuramente non conclusive. Assumiamo tuttavia, in questa discussione, che i risultati fin qui ottenuti non consentano di falsificare l'ipotesi, peraltro ampiamente plausibile sulla base delle conoscenze biomediche disponibili, che l'aumento della prevalenza di abitazioni con aria condizionata sia associato in modo causale alla riduzione dei tassi di mortalità attribuibile al "caldo". Tanto più efficace questo intervento perché l'effetto protettivo viene osservato pur in presenza di un aumento del livello di esposizione alle masse d'aria oppressive per la salute. Un intervento quindi altamente efficace, secondo una modalità tipica degli interventi di riduzione del danno.
Se è vero che il cambiamento climatico, ed in particolare l'aumento nella frequenza di alcune masse d'aria "oppressive" nel periodo estivo, sono la causa, diretta o indiretta, di un aumento di incidenza di alcune patologie e di un aumento di letalità di altre patologie croniche, non sembrano ad oggi immediatamente disponibili interventi in grado di ridurre, in tempi brevi, questi fenomeni metereologici. Quindi, non potendo ridurre i livelli di esposizione della popolazione generale a questi potenti fattori di rischio, l'intervento efficace disponibile ( il condizionamento dell'aria), agirebbe riducendo i livelli di esposizione per un parte di popolazione; in altri termini riducendo la frazione di popolazione esposta ai livelli più nocivi dei fattori di rischio individuati. Un tipico approccio di riduzione del danno, quando si riconosce l'impossibilità, o meglio la difficoltà, di ridurre in tempi brevi l'occorrenza dei fattori di rischio.
Queste evidenze scientifiche possono determinare importanti indicazioni di sanità pubblica. Vediamo alcune.
- Informare la popolazione, attraverso sistemi di allerta/allarme appropriatamente graduati, del verificarsi di condizioni dannose per la salute;
- Informare la popolazione dell'efficacia degli interventi di riduzione del danno possibili, in particolare dell'effetto protettivo del condizionamento d'aria;
- Organizzare programmi sociali e sanitari di protezione attiva dei gruppi di popolazione più vulnerabili, per condizioni sociali o sanitarie. Questi programmi potrebbero anche prevedere l'aumento della copertura con aria condizionata di sedi di aggregazione sociale e assistenza sanitaria (quanti posti letto negli ospedali italiani sono forniti di climatizzazione?);
- Aumentare la disponibilità e l'efficienza di trattamenti terapeutici efficaci, sia di assistenza sanitaria di base che di emergenza;
- Favorire, anche attraverso incentivazioni economiche e politiche tariffarie la diffusione del condizionamento d'aria nelle abitazioni.
Ognuna di queste possibili opzioni d'intervento ha costi e benefici, eterogeneamente distribuiti nella popolazione esposta e nella popolazione generale.
Tra queste opzioni non è stata fin qui, volutamente, inclusa, quella più direttamente caratterizzata da un approccio di prevenzione (primaria): ridurre l'occorrenza delle masse d'aria "oppressive". Cioè modificare il clima cui la popolazione è esposta.
Di grandissimo rilievo è oggi la discussione sui determinanti, sulle cause del cambiamento climatico in atto. La discussione travalica ormai le sedi scientifiche e coinvolge apertamente le sedi politiche. Una parte, maggioritaria, dei ricercatori e degli scienziati ha formulato e sottoposto a valutazione l'ipotesi che l'aumento di emissioni di CO2, associato ad una crescente utilizzazione di combustibili fossili per la produzione di energia, sia la causa principale dell'incremento di temperatura e del cambiamento climatico del nostro pianeta.
Parte di questo aumentato consumo energetico è certamente attribuibile ad una espansione senza precedenti della popolazione del nostro pianeta: eravamo oltre 6 miliardi nel 2000, arriveremo a più di 8 miliardi nel 2050 e dovremmo raggiungere i 10-12 miliardi alla fine del secolo. Tuttavia questo incremento di popolazione si è verificato esclusivamente nei paesi cosiddetti in via di sviluppo, la maggioranza dei quali ha bassissimi consumi energetici pro-capite. Le emissioni di CO2 sono passate a livello globale da 15.667 Mt nel 1971 a 23.444 Mt nel 2000, di cui circa 10.000 Mt prodotte dai soli paesi OCSE: il 19% della popolazione del mondo produce il 53% delle emissioni di CO2 .
I paesi "ricchi" dell'OECD, che costituiscono circa un sesto della popolazione del pianeta, hanno oltre il 50% del rifornimento energetico e 64% dei consumi di energia elettrica.
I consumi di energia elettrica nel mondo sono passati da 6121 TWh nel 1971 a 15379 TWh nel 2000, dei quali ben 4004 negli USA, La maggiore parte dei consumi energetici si ha nei paesi industrializzati, nei paesi ricchi, nel nord del mondo. In particolare gli Stati Uniti hanno avuto nell'ultimo decennio una straordinaria espansione dei consumi energetici, in particolare dei consumi di energia elettrica.
Utile qui qualche confronto geografico e temporale sui consumi di energia. Per descrivere i bilanci energetici di diversi paesi si utilizza come unità di misura Tonnes of Oil Equivalent (TOE). Esprime la quantità di energia uguale al contenuto netto di calore di una tonnellata di petrolio grezzo. (1 Mtoe = 4.1868 x 104 TJ = 107 Gcal = 3.968 x 107 MBtu = 11630 GWh)
Nel 2000 gli Stati Uniti d'America, con una popolazione di 275.42 milioni di abitanti avevano un rifornimento energetico primario totale di 275.42 Mtoe, quindi 8.35 TOE pro capite. Nello stesso anno l'Italia con 57.73 milioni di abitanti disponeva di 171.57 Mtoe, cioè 2.97 TOE pro capite. Il Brasile, con 170.41 milioni di abitanti, aveva un rifornimento energetico pro capite di 1.07 TOE , un ottavo di quello statunitense.
La Cina, con la sua grande popolazione (1262.46 mil. di abitanti), aveva "solo" 1142.44 Mtoe, quindi 0.90 TOE ogni abitante, nove volte inferiore agli USA.
Non ci sembra inutile ricordare la situazione dei paesi Africani più poveri: il Mozambico ha un rifornimento energetico di 0.40 TOE per persona, l'Eritrea di 0.18.
Per contestualizzare il confronto questi erano i valori di Prodotto Interno Lordo pro capite nel 2000 (espressi in USD 1995):
USA 32630, Italia 20870, Brasile 4624, Cina 824, Mozambico 198, Eritrea 156.
Ogni Italiano consumava nel 2000 circa 5227.71 KWh di energia elettrica, rispetto ai 1935 di un abitante del Brasile, ai 993 di un cinese. Una persona del Mozambico meno di 48 KWh, in Eritrea 41.74. Nello stesso anno un americano aveva un consumo medio di energia elettrica di 13843 KWh.
Nel mondo mentre nel 1973 circa il 51.3% dei 439 Mtoe di risorse energetiche consumate per la produzione di energia elettrica era destinato ad usi industriali, nel 2000 il 56% dei 1089 Mtoe di energia per elettricità era consumato per settori diversi da industria e trasporti, essenzialmente consumi individuali.
Non inutile ricordare che l'attuale governo americano attivamente si oppone alla estensione degli accordi internazionali che prevedono azioni globali per contrastare i cambiamenti climatici in corso, e che il Senato degli US ha recentemente approvato una nuova legge sull'energia che il già citato editoriale di Lancet (1) definisce "un passo indietro per la salute".
Non siamo riusciti a trovare dati analitici sulla distribuzione negli USA del consumo di energia elettrica, né tantomeno sulla distribuzione di aria condizionata per livello di reddito o per livello socio-economico. Appare tuttavia abbastanza plausibile e difficilmente falsificabile l'ipotesi che il consumo di energia elettrica, non solo negli USA, sia associato al reddito e/o al SES. Altamente probabile anche una associazione positiva tra condizioni socio-economiche e disponibilità di aria condizionata.
Molti studi mostrano negli USA una associazione negativa tra livello di reddito familiare e mortalità; più controversi i risultati quando si studia la associazione tra concentrazione del reddito e mortalità. Tutti gli indicatori di salute della popolazione testimoniano comunque all'interno degli USA grandi disuguaglianze socioeconomiche di salute.
Legittimo questo punto porsi alcune domande:
- se è vero che la disponibilità di aria condizionata è associata, almeno negli USA, ad una riduzione della mortalità attribuibile alle masse d'aria oppressive estive, come è distribuita questa riduzione di mortalità per livello socio-economico nella popolazione americana?
- Quale è l'aumento di consumo di energia elettrica associato alla maggiore diffusione osservata negli USA di aria condizionata nelle abitazioni? E quale è l'aumento di emissioni di CO2 determinato da questo aumento di consumi energetici?
- L'aumento delle emissioni di CO2 da parte delle produzioni energetiche americane ha effetto esclusivamente sul clima degli USA, o meglio ha effetto solamente sul clima cui sono esposti coloro che consumano più energia elettrica?
- Oppure, come sembrerebbe plausibile, i maggiori consumi di energia elettrica da parte di una frazione di popolazione sono una delle cause del cambiamento climatico localmente, a livello nazionale ed a livello globale?
- Quante morti sono state ritardate (negli Stati Uniti) per effetto di questo intervento altamente efficace di "riduzione del danno"? Quanti anni potenziali di vita sono stati guadagnati per unità di condizionamento d'aria installata? Quanti anni potenziali di vita ( magari opportunamente aggiustati per disabilità o qualità) sono stati guadagnati per unità di misura di CO2 prodotto?
- Da un altro punto di vista tuttavia, quante morte anticipate, quanti anni potenziali di vita persi sono attribuibili agli effetti dell'aumento di produzione di CO2?
- E quante morte anticipate, quanti anni potenziali di vita persi sono attribuibili agli effetti dell'inquinamento dell'aria associato alla produzione di energia elettrica necessaria per fare funzionare gli impianti "efficaci" di aria condizionata?
Alcuni hanno l'impressione che molte delle guerre che si sono combattute e si combattono abbiano come ragione principale il controllo delle attuali fonti energetiche, in particolare il petrolio. Le radici e le motivazioni di fanatici terroristi e di eserciti di presunti liberatori hanno molto a che fare con il controllo delle produzioni di petrolio.
Dai dati sintetici che abbiamo descritto risulta evidente come la parte ricca del mondo, che numericamente rappresenta un piccola proporzione della popolazione del pianeta, consumi quantità di energia enormi. Nel 2000 275 milioni di americani hanno rifornimenti per quasi 3000 Mtoe di energia, quasi il triplo dei 1142 Mtoe di energia disponibili ad 1 miliardo e 262 milioni di cinesi.
Gli "economisti del paradiso terrestre", come li definisce l'economista Herman Daly, dicono che non c'è da preoccuparsi per la scarsità di risorse primarie e l'aumento dei consumi energetici: le nuove scoperte tecnologiche ci daranno materie prime nuove, energie nuove, pulite, che non inquinano. Immaginate come queste vagheggiate nuove tecnologie, peraltro ad oggi indefinite, potrebbero consentire , grazie alle salvifiche virtù del "libero mercato", con maggiori consumi = maggiore sviluppo, che ciascun cinese consumasse tanta energia elettrica quanta oggi ne consuma un cittadino degli USA: 19000 TWh circa, molto più di quello che oggi consuma di elettricità l'intero pianeta.
Fortunatamente non si sfugge alle leggi della fisica e la maggioranza degli scienziati ritengono che il nostro pianeta non potrebbe sostenere questi livelli di consumo energetico.
Emergono quindi numerosi aspetti paradossali e contradditori associati alla dimostrazione di efficacia del condizionamento di aria:
- la riduzione di mortalità a breve termine, negli esposti a condizionamento d'aria, sarebbe ottenuta aumentando l'esposizione, di tutta la popolazione, ai fattori di rischio ( clima ed inquinamento) che sono cause, tra l'altro, della stessa mortalità che si vorrebbe ridurre;
- la riduzione di mortalità verrebbe ottenuta riducendo temporaneamente i livelli di esposizione di una frazione di popolazione, peraltro già meno vulnerabile, ed aumentando i livelli di esposizione per tutta la popolazione del pianeta;
- si potrebbe ottenere un significativo, ma in termini assoluti piccolo, guadagno di tempo di vita potenziale concentrato nelle popolazioni (quelle dei paesi ricchi, ed in questi quelle dei livelli socioeconomici più elevati) che già hanno livelli minori di mortalità e livelli più alti di salute. Ciò a spese di un ulteriore aumento di mortalità e riduzione di salute nelle popolazioni ( quelle dei paesi poveri e quelle dei livelli socio- economici più bassi nei paesi ricchi) che già hanno livelli elevati di mortalità e bassi livelli di salute.
Ad esemplificazione della potenziale utilizzazione distorta delle conoscenze scientifiche sulla efficacia del condizionamento d'aria, basti citare la tempestiva proposta del politico nostrano di turno: introduciamo un contributo pubblico, magari un bonus fiscale, per tutti quelli che acquistano un condizionatore d'aria.
Ciò in termini di effetti diretti delle modifiche di esposizione al clima ed all'inquinamento. Difficile per noi poi stimare gli effetti degli interventi "necessari" ai paesi ricchi per procurarsi le sempre maggiori quantità di energia che consumiamo (anche per il condizionamento d'aria nelle abitazioni). Quante altre vittime e quante altre guerre ( convenzionali e terroristiche), nei paesi poveri e nelle popolazioni svantaggiate dei paesi ricchi, per garantire a tutti i costi quei consumi energetici "necessari" a proteggere il benessere e la salute di una minoranza privilegiata della popolazione?
Tutto questo per ragionare, quando si tratta di interventi sulla salute, compresi quelli di prevenzione, sul rapporto ineludibile tra efficacia ed equità.
C.A.Perucci, F.Forastiere, P.Michelozzi

Scheda dettagli:

Data: 15 ottobre 2003
Fonte/Casa Editrice: Gevam
Categoria:
Sottocategoria:
Fisica e Medicina

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