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Amnesty Contro g8: Pochi Sforzi Contro Commercio Armi con Paesi Che Violano i Diritti Umani
In preparazione del vertice di Evian (Francia), che si terrà dal primo a tre giugno prossimi, Amnesty International accusa le nazioni del G8 di non fare abbastanza per impedire il commercio di armi verso Paesi responsabili di violazioni dei diritti umani. L’organizzazione ha presentato oggi un rapporto sulle esportazioni di armi che chiama in causa le nazioni più prospere del mondo. Un terzo del commercio globale di armamenti parte da Francia, Germania, Regno Unito Russia e Stati Uniti. Sebbene questi Paesi, come gli altri membri del G8 (Canada, Giappone e Italia), abbiano leggi, più o meno dettagliate, sulla trasparenza nel commercio di armi, non è affatto difficile aggirare le normative e vendere i prodotti bellici a governi di non specchiato comportamento in materia di diritti umani. Secondo Amnesty ai trafficanti basta spostare la loro sede legale in Paesi con legislazioni meno severe per fare i loro affari. Inoltre, con la scusa della ‘riservatezza commerciale’ le aziende tengono nascoste ai parlamenti, ai media e alla società civile, importanti informazioni riguardanti l’esportazione d’armi. Si chiede perciò una normativa internazionale urgente sul commercio di armi che armonizzi - elevandole allo standard più alto - le varie legislazioni nazionali e i diversi ‘codici di condotta’ volontari e non vincolanti che pure alcune nazioni hanno sottoscritto.
Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto di Amnesty segnala che nel 1996 e 1997 le aziende italiane hanno venduto pistole, fucili e munizioni per un valore di 13 miliardi di lire all’Algeria, un Paese devastato di dieci anni di conflitto civile che oppone formazioni estremiste islamiche - colpevoli di massacri di civili – alle forze di sicurezza algerine, a loro volta accusate di gravi violazioni dei diritti umani. Significativo l’episodio dell’arresto nel 2000 a Milano di un trafficante di armi straniero, Leonid Minin, nel cui appartamento vennero trovate le prove della vendita illegale di armi a uno dei gruppi ribelli della Sierra Leone, il Fronte unito rivoluzionario. Nel giugno 2001 Minin venne incriminato per traffico illegale di armi, ma i giudici italiani precisarono che sarebbe stato difficile procedere in giudizio nei confronti di una persona accusata di un reato commesso in gran parte fuori dal territorio italiano. Per l'Italia ,alla normativa sul commercio di materiale bellico, la legge n. 185 del 1990, sono state recentemente aggiunte nuove norme che recepiscono il trattato internazionale di Farbourough, sottoscritto nel 2000 da 7 nazioni europee ( Italia inclusa) per l’avvio di co-produzioni europee di armi. La nuova legge 1547 del 2003 rispetto alla 185 riduce alcuni parametri di trasparenza sulla destinazione d’uso delle armi. Inoltre, queste disposizioni riguardano solo la compravendita di ‘materiale da guerra’ e non le cosiddette ‘armi leggere’, regolamentate da una terza legge, la 110 del 1975, concepita più per un problema di sicurezza interna che per il commercio internazionale. Secondo la definizione internazionale, per 'leggere’ si intendono quelle: “piccole armi che possono essere trasportate facilmente da una persona, da un gruppo di persone, a trazione animale o con veicoli leggeri”. Includono quindi dai mitragliatori kalashnikov, che imbracciano i bambini soldato in Africa, ai mortai smontabili e trasportabili da un camioncino o un mulo. Da anni Amnesty chide anche una moratoria sul commercio di questo tipo di armi.
Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto di Amnesty segnala che nel 1996 e 1997 le aziende italiane hanno venduto pistole, fucili e munizioni per un valore di 13 miliardi di lire all’Algeria, un Paese devastato di dieci anni di conflitto civile che oppone formazioni estremiste islamiche - colpevoli di massacri di civili – alle forze di sicurezza algerine, a loro volta accusate di gravi violazioni dei diritti umani. Significativo l’episodio dell’arresto nel 2000 a Milano di un trafficante di armi straniero, Leonid Minin, nel cui appartamento vennero trovate le prove della vendita illegale di armi a uno dei gruppi ribelli della Sierra Leone, il Fronte unito rivoluzionario. Nel giugno 2001 Minin venne incriminato per traffico illegale di armi, ma i giudici italiani precisarono che sarebbe stato difficile procedere in giudizio nei confronti di una persona accusata di un reato commesso in gran parte fuori dal territorio italiano. Per l'Italia ,alla normativa sul commercio di materiale bellico, la legge n. 185 del 1990, sono state recentemente aggiunte nuove norme che recepiscono il trattato internazionale di Farbourough, sottoscritto nel 2000 da 7 nazioni europee ( Italia inclusa) per l’avvio di co-produzioni europee di armi. La nuova legge 1547 del 2003 rispetto alla 185 riduce alcuni parametri di trasparenza sulla destinazione d’uso delle armi. Inoltre, queste disposizioni riguardano solo la compravendita di ‘materiale da guerra’ e non le cosiddette ‘armi leggere’, regolamentate da una terza legge, la 110 del 1975, concepita più per un problema di sicurezza interna che per il commercio internazionale. Secondo la definizione internazionale, per 'leggere’ si intendono quelle: “piccole armi che possono essere trasportate facilmente da una persona, da un gruppo di persone, a trazione animale o con veicoli leggeri”. Includono quindi dai mitragliatori kalashnikov, che imbracciano i bambini soldato in Africa, ai mortai smontabili e trasportabili da un camioncino o un mulo. Da anni Amnesty chide anche una moratoria sul commercio di questo tipo di armi.