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America Latina: Eldorado é Esistita Veramente?
Una leggenda ben costruita o un luogo realmente esistito? Una favola per ingenui sognatori o una vera miniera d’oro a cielo aperto? Attorno al mito dell’El Dorado (o Eldorado che dir si voglia), come sempre intorno ai miti, in perenne e instabile equilibrio tra immaginazione e realtà, nessuno ha mai osato o saputo dire una parola definitiva. Ci ha provato la rivista italiana Archeo, in un articolo pubblicato in febbraio e firmato da Mario Polia, docente di storia all’Università Cattolica di Lima (Perú). Lo studioso fa riferimento a un documento ritrovato negli archivi romani della Compagnia di Gesù in cui si affermerebbe non solo che l’El Dorado esiste (o quantomeno è esistito) ma che esso fu visitato ed evangelizzato dai missionari gesuiti dell’epoca. Il mito risale al periodo immediatamente successivo alla “scoperta” dell’America. Tornati dai primi viaggi nel Nuovo Mondo, Colombo e suoi compagni raccontano di una terra ricca di metalli preziosi e abitata da un popolo remissivo. Si scatena una frenetica corsa all’oro (che provocherà tra l’altro violenze inaudite ai danni delle popolazioni indigene) e inizia a diffondersi la leggenda di una città, Paititi, situata a cavallo tra le Ande e l’Amazzonia peruviana nella zona dominata dagli inca, dove i palazzi sono ricoperti d’oro, i gioielli non si contano e i tesori vengono accumulati senza difficoltà. Parallelamente si sviluppa una leggenda analoga, secondo cui sarebbe consuetudine dei muisca, una tribù dell’attuale Colombia, gettare in un lago enormi quantità di oggetti in oro per rendere omaggio al nuovo re: dunque una sorta di El Dorado sottomarina. Via via fioriscono altri racconti mitologici, e l’ipotetica collocazione di El Dorado si sposta continuamente, ma mai nessuno riesce a individuare l’ambita città. Dal XVI secolo decine di spedizioni sfidano le incognite di una natura selvaggia, spesso senza fare ritorno o comunque restando a mani vuote. Ancora nel 1997 un esploratore norvegese è scomparso dopo essersi inoltrato nella foresta amazzonica. In quest’atmosfera di mistero ecco la rivelazione di Archeo. Il documento citato da Polia è una lettera che il Superiore dei gesuiti peruviani di allora, Andrea López, spedì al Padre Generale (Claudio Acquaviva o Muzio Vitelleschi) per chiedere il permesso di evangelizzare Paititi. Secondo la ricostruzione fatta dallo studioso, il p. López racconta che il re della mitologica città sarebbe stato convinto a convertirsi al cristianesimo da un miracolo e avrebbe invitato il missionario a recarsi nella propria città promettendo che avrebbe fatto costruire una chiesa con mattoni d’oro. Il gesuita si sarebbe poi sempre rifiutato di rivelare l’ubicazione della città per preservarla dagli “appetiti” dei conquistadores. Proprio da Roma, dove Polia ha ritrovato il documento, e proprio da un gesuita arriva però una doccia fredda sull’attendibilità di queste rivelazioni. Martin Morales, ricercatore presso l’Istituto Storico della Compagnia e specializzato sull’America Latina, fa notare come il documento sia senza data e senza firma, e comunque risalga probabilmente al 1650, cioè decine di anni dopo la morte di p. Andrea López. Esaminando altri scritti con certezza attribuiti a p. López si nota inoltre che mai il gesuita fece riferimento a Paititi. Padre Morales, peraltro, non nega la possibilità dell’esistenza dell’El Dorado e cita documenti che collocherebbero la leggendaria città in qualche luogo sperduto della Bolivia o del Paraguay. Non nasconde però che alimentare leggenda è servito anzitutto ai colonizzatori spagnoli e ai missionari per mantenere vivo il desiderio di nuove scoperte e la sete di avventura. “In fondo – è la sua conclusione – l’aspetto più importante per un luogo mitico sta nel non venire mai scoperto”. (di Stefano Femminis ©)