Glossario de “La Dottrina Segreta”
VULCANO
(Mit.) - Antico dio romano, equivalente del greco Efesto, signore del fuoco e della lavorazione dei metalli. La sua antichità in Roma è controversa e la sua festa, le Vulcanalie, è una delle più antiche della città. Potenza temibile, invocato per tenere lontani gli incendi, aveva templi al di fuori della città. Talora associato a Marte ed a Quirino, gli venivano offerte decime sul bottino di guerra. Il suo culto era collegato a quello di Maia, ed era presente anche nelle Gallie. È il fabbro degli Dei, il forgiatore, il costruttore delle armi divine, secondo la mitologia greca. Lemnos era l'isola ad esso consacrata. È considerato identico a Tubal-cain, detto anche Vul-cain, ed è ritenuto il più grande Cabiro. Come Efesto, è l'istruttore di tutti gli artigiani che lavorano il bronzo ed il ferro. Di questa divinità, Faber dice: "Vulcano è il Caino che appare nelle prime parole del Genesi come V'elcain o V'ulcain e che è l'inventore di tutti gli arnesi in ferro taglienti, nonché di tutti i lavori che può compiere un fabbro ferraio". Come si può ben vedere, ad una attenta osservazione, i miti di diversi paesi presentano somiglianze sorprendenti. Vulcano è figlio di Giove e di Giunone, ed era fin dal suo nascere così debole e brutto che sua madre, volendosene disfare, lo gettò dalla cima dell'Olimpo. Teti ed Eurinome, die divinità marine, lo raccolsero e lo curarono per nove anni, giovandosi dei meravigliosi ornamenti che Vulcano costruì per loro. Da giovane tornò nell'Olimpo ma un giorno, prendendo parte contro Giove, fu da suo padre scagliato fuori dall'Olimpo. Per un giorno intero rotolò sui fianchi della montagna; alla fine si trovò sull'isola di Lemno dove fu benignamente accolto dai Sinzi. Stufo di volar via dalla cima dell'Olimpo, Vulcano costruì una propria casa, sempre sulla montagna degli Dei, nella quale ricavò la sua officina. Giove, forse per farsi perdonare del modo in cui lo aveva trattato, gli diede in moglie Venere (la generazione si produce con il calore), che si diede ad amoreggiare a destra ed a manca. Su segnalazione di Giove, Vulcano individuò il covo degli amanti, li prese con una rete e li offrì al pubblico ludibrio, davanti a tutti gli Dei. Su preghiera di Nettuno li rimise in libertà. Vulcano era rappresentato zoppo ad indicare la fiamma che si piega ora da una parte ora dall'altra; vestiva di stracci e portava in testa il somatracio; la faccia sempre nera, era brutto ed affumicato per tutto il corpo. Aveva per attributo l'incudine, mentre si spostava con un carro tirato da due cani. Pare avesse anche una specie di automobile, stando almeno al racconto del matrimonio di Amore e Psiche !