ven, 29 marzo 2024

Scoprire la missione della propria vita e realizzarla in libertà

La suprema arte del compiere una scelta per vivere una vita appagante, libera dai condizionamenti e in linea con la vocazione della propria anima

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Quando dobbiamo prendere decisioni, fare delle scelte, compiere delle azioni, dovremmo ricordarci di seguire le tracce dell’anima e non i consigli dell’ego, il che implica di connettersi con un ordine naturale delle cose che non ha niente a che vedere con i dettami discriminanti della ragione basati sui concetti di bello, brutto, giusto, sbagliato, semplice, complicato. Nell’ottica di una giustizia naturale che segue cioé l’ordine primevo delle cose – il flusso ritmico della natura, la grande Madre, l’istinto, le viscere dell’anima selvaggia -, non tutto quello che accade é necessariamente docile, clemente, “pacifico” e rassicurante, può apparire anzi tremendo, crudele e alla prima incomprensibile. Incomprensibile agli occhi della mente razionale che giudica. In natura non esiste giudizio, ma una necessità spietata che si attua nel seguire irreversibilmente il ritmo della Bellezza dove per Bellezza si intende la spinta evolutiva a darsi, il coraggio di svanire, di non attaccarsi alle cose e al mondo fenomenico riconoscendone la sostanziale immaterialità e inconsistenza.

Il reame dell’invisibile (lo spirito, l’anima, Dio o in qualunque modo si voglia chiamarlo) che permea ogni situazione della nostra vita é la grande Terra di Mezzo dove nascono tutte le immagini performative della realtà, quelle che rendono manifeste le situazioni che andremo a vivere (persone, incontri, esperienze, pensieri ed emozioni dominanti). É soltanto accedendo a questo luogo dove vige l’impermanenza nella morte dell’Io, il disvelamento cioè della sua illusione a sentirsi separato dal Tutto, che si possono compiere scelte davvero libere, in linea con la missione della nostra anima e non sostenute dalla gratificazione della personalità egoica. Da qui può sorgere spontaneo il senso della giusta azione compiuta in assenza di sforzo personale, sostenuta dal ritmo universale della bellezza, del darsi, dell’amore. Questo amore riunificato tra le braccia della Madre non ammette sentimentalismi e può apparire spietato come la femmina dell’animale che abbandona il cucciolo nato malato e debole; é l’istinto che attua una giustizia di natura assolutamente amorale eppure intrinsecamente amorevole ed evolutiva. Ciò non significa il ritorno a una mentalità selvaggia bensí il ricordo di un patto con la natura violato dalla pretesa dell’Io di dominare la natura stessa e che, anzi, sfocia nell’ecologia piú profonda che si possa immaginare. E ciò? non vada nemmeno frainteso come atteggiamento individualista e menefreghista (siamo già dentro al tranello della giustizia sociale), né tantomeno come invito a non prendersi cura dei più deboli, pittosto se ne afferri l’intuizione di fondo: cogliere la perfezione intrinseca a un disegno universale che non sempre si riesce a comprendere perché associato a giudizi codificati dall’educazione sociale che ci portano a etichettare certi comportamenti, situazioni, relazioni come crudeli, infelici, sbagliate, insensibili, ecc. Può esserci molto piú amore, ad esempio, nel lasciare che una relazione finisca o cambi forma, perché ha esaurito il suo ruolo nell’ottica evolutiva, che nell’ostinarsi a rimanerci trattanendone l’energia che, invece, vuole solo fluire e continuare a danzare.

Accettare di morire, in sostanza, non aggrappandosi agli schemi mentali che tendono piuttosto a ingabbiare in dinamiche solo apparentemente “vitali”, é la suprema arte di compiere una scelta. Ovvero, non provare né attrazione né repulsione per alcuna delle possibili direzioni, non attaccarsi ai risultati con eccessiva premura, non avere né aspettative né timori, lasciare che il flusso naturale delle cose faccia il suo corso al di là dei concetti di bene e male, giusto e sbagliato, sposare l’anima selvaggia, ascoltarne l’urlo viscerale, seguire l’istinto spiritualizzato (cioé consapevole e non addomesticato, universale e non individualistico), prestare attenzione ai segnali che il nostro daimon ci manda spesso e volentieri attraverso il corpo (disagi, malattie, disturbi fisici ma anche emozioni e pensieri) affinché, liberandoci dagli attaccamenti, si compia il destino, nostro e del mondo intero. Se seguiamo l’anima e la sua giustizia naturale, anche se a volte si tratta di scelte controintuitive, all’apparenza incomprensibili (come la femmina madre che abbandona il piccolo… é un’immagine di potenza, un simbolo da cogliere non a livello letterale ma metaforico e poetico, come tutti i simboli…), apportiamo un immenso beneficio non solo a noi stessi e a chi ci circonda e ci è piú prossimo fisicamente, ma al mondo intero, perché siamo sempre Uno con l’anima del mondo. Distinti ma non separati. Indugiare, invece, in comportamenti permeati dal giudizio sociale, che spesso ci fanno soffrire ma sono piú comodi (le cosiddette zone di comfort), non fa che perpetuare la grande illusione collettiva, il dormitorio delle anime.

Risvegliarsi dal sogno ipnotico comporta un sognare diversamente creativo che ha a che vedere con un ribaltamento totale dei valori, anzi con una trasvalutazione degli stessi. ” Se vuoi qualcosa che non hai, forse devi fare qualcosa che non hai mai fatto prima” (Selene Calloni Williams). Si tratta di un ribaltamento, appunto, anche del senso della giustizia che passa necessariamente per una rivoluzione della coscienza, una via controcorrente che richiede fermezza di spirito e coraggio, il coraggio di andare oltre qualsiasi giudizio e convenzione sociale, per darsi a quell’irriverente, supremo, folle gesto definitivo che é morire. Morire agli attaccamenti, ai pregiudizi, alle teorie, ai concetti, e appunto, follemente amare. Amare tutto ciò che appare insostenibile, andare alla radice di ogni attaccamento per scoprire che alla fine, non c’é nemmeno nessuna radice da recidere. Le immagini amano svanire, non c’é altra giustizia spontanea di questa. Siamo tutti immagini di una grande primigenia immagine promordiale, la Grande Imago. Immagini, attenzione, non immaginazioni, ma immagini potenti. Diamo spazio alla nostra facoltà visionaria senza indugio né prudenza. Ne siamo tutti portatori, dobbiamo solo risvegliarla per realizzare pienamente la missione per la quale ci troviamo su questa terra: fare anima.

“Non lasciare che la prudenza del mondo mormori al tuo orecchio. É giunta l’ora dell’inatteso”
(Sri Aurobindo)

” Nulla si compie di ciò che è atteso, ma un dio trova la via dell’inatteso
(Euripide)

“Ci vuole più coraggio a farla finita che a scrivere un verso nuovo: ciò sanno i medici e i poeti”
(Nietzche)

“Ti compete soltanto l’agire, non mai i suoi frutti; non sia il frutto delle azioni motivo del tuo agire, nè sorga in te adesione al non agire” (Bhagavadgita)

“Perciò si stia rilassati in una condizione libera! Tutto sia fatto lasciando ogni cosa nel suo stato naturale”
(Ma gcic Lab sgron)

“Permanendo nello stato naturale, io vado ovunque senza paura”
(Thónbàn Hlá)

Per intraprendere il cammino del fare anima, della creazione immaginale, della gioia e della creatività, viaggia (in tutti i sensi) con Nonterapia: Nonterapia.ch

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Data: 3 febbraio 2016Autore: Cecilia Martino
Fonte/Casa Editrice: Quantic Magazine
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