gio, 28 marzo 2024

Il Respiro e il Tantra

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Il mio percorso tantrico è iniziato nel 2008, l’anno del primo assaggio in un Centro a Varazze. In verità prima c’era stato un approccio non ortodosso e soprattutto non ufficiale al Tantra con gruppi estemporanei nei quali erano presenti neofiti e avanzati, esperienza di breve durata ma sufficiente a far emergere alcuni limiti e problematiche personali che avrebbero poi trovato conferma nelle successive esperienze.
Più che sul piano del contatto fisico e dell’uso del corpo, i limiti che ho potuto riscontrare riguardavano il respiro, anche se di questo sono diventato consapevole soltanto negli ultimi tempi.
Già nei primi moduli residenziali, soprattutto nel primo, mi era stato “diagnosticato” questo limite, banchè avessi praticato per tre anni qi gong e il respiro di fuoco con lo yoga kundalini.
E’ noto che la base del Tantra è proprio la respirazione. Ora spesso accade e questo è stato anche il mio caso, che l’espansione e la capacità di gestione del respiro è insufficiente nella maggior parte degli esercizi e delle sessioni di tantra. Ed è altrettanto certo che chi comincia a fare tantra non cura molto questo aspetto. Io non sono stato un’eccezione e dopo il primo modulo mi è stato consigliato di lavorare sul respiro dal punto di vista tantrico, così ho fatto, frequentando un residenziale di 5 giorni tutto basato sul respiro le emozioni e gli stati d’animo.
Sia le emozioni che gli stati d’animo sono strettamente collegati al respiro. E quindi lavorando su quest’ultimo si finisce per intervenire sui primi e viceversa. L’esperienza di questo residenziale è descritta con dovizia di particolari in un articolo pubblicato sui miei blog .
Nei successivi moduli a cui ho partecipato, tre, più un certo numero di assaggi, ho potuto verificare l’efficacia del lavoro fatto sul respiro. Tuttavia non ci si può consentire delle pause troppo lunghe nel lavoro sul respiro, perché questo viene facilmente inquinato dalle dinamiche delle relazioni e dal contatto con gli eventi della vita.
Per me, come ho già scritto in altre occasioni, il respiro è sempre stato un avversario ostico non tanto per la difficoltà a padroneggiarlo che è già tanto, quanto soprattutto per gli effetti collaterali del suo uso tecnicamente appropiato e mi riferisco al “respiro circolare”. Ho sempre temuto ciò che poteva emergere durante le sessioni, delle sensazioni fisiche e di quelle emotive, letteralmente la paura di perdere il controllo.
Nel corso di questi anni e per le esperienze fatte ho notato la differenza degli effetti di questa tecnic nell’esecuzione da solo o con il partner. In due la sensazione è sicuramente più gradevole, anche se a certe condizioni può anche essere estremente sgradevole tutto dipende dal complesso delle proiezioni che si scatenano e da come si è in quel momento.
Una cosa è certa, da solo è più faticoso e inizialmente sgradevole, perché si è obbligatio a confrontari con i propri limiti, i blocchi emozionali e quant’altro, senza mediazione, senza potersi appoggiare a nessuno e da nessuna parte.
Con il partner quando vai in crisi o scappi o ti appoggi a lui/lei, anche se vai in tensione e sei nel controllo hai comunque un “alibi”. Quando sei solo, invece, devi necessariamente mollare tutto ed entrare in uno spazio che è solo e unicamente tuo, e qui emergono tutte le paure, il bambino che è in te vuole attenzione e la reclama da par suo. E allora diventa necessariamente crearti un centro dal quale osservare tutto quello che accade e questo centro è il testimone, l’osservatore che si prende la responsabilità di dialogare con il bambino e rassicurarlo ciò ti permette di andare oltre la paura, ma varcare quella soglia è veramente duro.

Con il partner trovi un riferimento, un punto di appoggio anche fisico su cui contare, la polarizzazione ti aiuta a leggerti dentro senza provare quel senso di vuoto che ti mette in crisi quando metti da parte l’ego e i pensieri si rarefanno. Poi nel caso in cui il partner sia anche magneticamente risonante, la sensazione è di dissolvimento estatico, il dissolversi estatico col partner spesso non consente di essere testimone di ciò che accade, perché è comunque un perdersi. Da soli accade di poter essere vigile, di osservare, per così dire, la scena ed essere sempre presente a ciò che accade.
Sono quindi convinto che è importante lavorare sul respiro da solo, creare la condizione di osservatore, di testimone vigile, o in qualsiasi altro modo la vogliamo chiamare. Una volta sperimentata questa condizione di vuoto senza appoggi ed essersi centrato su se stessi, usando come aggancio il respiro, è possibile valorizzare e potenziare al massimo l’esperienza a due, nella quale altrimenti diventa difficile non farsi coinvolgere e dove spesso ci si ritrova tesi e contratti e con il respiro corto nel tentativo di trovare, toccare e andare nell’altro che magneticamente ti attrae. Creare un centro forte, una vigile capacità di osservare e di lasciar accadere, che presuppone lo stare nel respiro, decontrae ed espande consentendo un’esperienza di unione veramente totale.
In definitiva credo sia fondamentale praticare la via del respiro con training dedicati, prima di sperimentare la via del tantra o quantomeno lavorare allo stesso tempo su entrambe.

Scheda dettagli:

Data: 31 maggio 2012Autore: Premartha Giuseppe Crispo
Fonte/Casa Editrice: http://ilfornoalchemico.blogspot.com

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