dom, 05 maggio 2024

Madhar

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Recensione di Renzo Stefanel su Extra! Music 2009
Capita raramente di leggere un libro così. Eppure, anche se non ho monitorato maniacalmente ogni uscita letteraria degli ultimi anni, “Madhar” di Nicola Artuso è il miglior romanzo italiano degli ultimi dieci anni dopo “Dies Irae” di Giuseppe Genna del 2006. E siccome non esce per una grande o media editrice, ma per la piccina picciò “Il prato”, se vi incuriosite, vi conviene ordinare il libro qui: http://www.ilprato.com/KASAMADRE.htm

In breve, “Madhar” è un romanzo mondo, fatto di segreti, ambientato a Padova, nel fantomatico quartiere 24 (in realtà era il 21 e oggi è il 6), che si svolge su un doppio piano temporale: il periodo 1978-1984 e quello 2002-2008. Il primo periodo inizia con l’entrata in vigore della legge Basaglia che abolisce i manicomi e libera “i matti” non pericolosi, sconvolgendo – anche piacevolmente – la vita del quartiere padovano in cui era situato il manicomio cittadino; e termina con l’uscita dai Pink Floyd di Roger Waters (in realtà avvenuta nel dicembre 1985). In questo lasso di tempo tre amici adolescenti, Lauro, Savio e Davide, che si trovano male a scuola e in famiglia, crescono e si rendono conto che per motivi di età hanno perso il treno della lotta contro il Sistema intrapresa dai fratelli maggiori negli anni ’70 (per chi non lo sapesse, Padova fu uno dei centri maggiori dell’eversione di sinistra, quello in cui fu portato più a fondo il progetto insurrezionale di massa – chiamiamolo così: è impreciso, ma rende l’idea – di Autonomia Operaia, bloccato dall’ondata di arresti ordinati dal sostituto procuratore della repubblica Pietro Calogero il 7 aprile 1979): dato che negli ’80 paninari non si trovano bene, si rifugiano in un mondo a parte, fatto della musica dei Joy Division e soprattutto dei Pink Floyd, di frequentazioni dei “matti” locali (una serie di figure realmente esistite), della ristrutturazione/occupazione di un edificio abbandonato dalla Provincia (la Casa Rosa, ora un ristorante) assieme a una compagnia di cannati, matti e pseudo veggenti, e di grande dedizione a Thc e Lsd (non a caso, le iniziali dei tre protagonisti). Qualcosa però non funziona. Lauro e Savio, infatti, impazziscono: il primo, misticheggiante, crede di prendere su di sé il dolore provato da bambini di metallo di altri pianeti e di essere Dio (e non a caso il suo nome riporta all’alloro, pianta che i Celti credevano in grado di tenere lontani gli spiriti); il secondo è ansioso di decrittare i segreti oscuri del mondo, che si assommano nel Segreto dei Pink Floyd (Savio, mi dice lo stesso Artuso, è infatti “la Salute Mentale fattasi persona”). Davide, invece, l’io narrante, ce la fa, ma “lotta contro Golia”. Cioè è tormentato da una domanda: “Perché io no?”. Per tentare di capire questo nel 2002 comincia una serie di visite domenicali ai due amici di un tempo, da 24 anni “vittime” del Tso a Villa Rosa; e anche alla nonna Nea, 97enne ricoverata all’ospizio, testimone del ’900, il contraltare perfetto, con la sua storia di lotta faticosa per l’esistenza, i diritti, la libertà (è un’ex-partigiana), alla generazione di Davide e dei suoi amici, venuta pure dopo quelle che rispettivamente cambiarono il mondo negli anni ’60 e tentarono l’assalto al cielo negli anni ’70, qualunque sia il giudizio che si può dare delle idee in cui credevano. Sarà Savio a trovare una spiegazione “karmica” al vuoto della generazione dei quarantenni d’oggi. Davide invece ne scoprirà la via d’uscita umana.

L’abilità linguistica e affabulatoria di Artuso, notevolissima, rende avvincente e appassionante una materia narrativa che nelle mani di altri avrebbe prodotto un romanzo pedante e al più memorialistico. Tratta storia e personaggi con leggerezza (numerose le battute sdrammatizzanti); usa una lingua flessibile; delinea il ritratto commosso di un mondo e di personaggi scomparsi, intriso da una pietà che non è semplice compassione ma empatia; adotta con successo voci diversissime; riesce ad assommare follia, storia, fantasia, realtà, immaginazione, numerologia (ecco il perché delle piccole deformazioni nelle date), mistica new age, testi dei Pink Floyd in un compatto e credibile tutt’uno che si riassume nel titolo: “Madhar”, parola in finto indiano, contiene in sé “mad” ed è in realtà “Mother”, come la canzone di “The Wall” e come allusione ai problemi familiari dei protagonisti. Alla fine, quello che coinvolge è forse il fatto che questa storia vera parla del lato oscuro di ognuno di noi, delle nostre paure, del nostro desiderio di essere liberi.

Scheda dettagli:

Data: 8 febbraio 2013Autore: Nicola Artuso
Fonte/Casa Editrice: Kasamadre/Il prato
Profilo Pubblico di:

Nicola Artuso

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Appuntamenti e corsi:0
Siti web:1
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Pubblicazioni:9

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