dom, 05 maggio 2024

Pubblicazioni e Saggi

Igor Sibaldi – Provare ad Essere se Stessi

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Nel panorama degli scrittori italiani la figura di Igor Sibaldi occupa un posto di primissimo livello, infatti, I Maestri invisibili, edito nel 1997, ha avuto ventitre edizioni in varie collane della Mondadori. Il libro degli Angeli, edito nel 2006, supera le trentamila copie vendute, senza contare i numerosi seminari e conferenze tenute in Italia e all‘estero. Il suo saggio “I Maestri Invisibili” ha spalancato le porte per l‘esplorazione del mondo degli spiriti guida o della conoscenza. VivereNews ha posto alcune domande sullo sviluppo della società e dell‘ uomo.


1) Cosa ne pensi di questo momento particolare della società ?

La nostra società italiana è quella che in sociologia si chiama «società bloccata»: è una situazione determinata da molti fattori (passato, anche non recente; situazioni internazionali; equilibri demografici ecc.), e naturalmente non fa piacere. Società bloccata, per intenderci, è quella in cui se un partito di opposizione arrivasse al governo, non potrebbe fare nulla di sostanzialmente diverso da quel che aveva fatto il precedente partito di governo. In più, la società italiana è inserita nella cosiddetta «tarda società industriale» dell’Occidente, che è un sistema di fortissimi condizionamenti esercitati sulla gente, a motivo dei quali i più faticano molto a pensare e a parlare autonomamente; pensano e ripetono quel che sentono dire, e spesso non se ne accorgono. Insomma, è un periodo pessimo per ogni forma di collettività. Ma confido che appunto perciò, come spesso è capitato nella storia d’Europa, sia un ottimo periodo per gli individui.

2) Pensi che il movimento New Age abbia esaurito la sua funzione ?

Apparentemente sì, se per “New Age” intendi quella che comunemente si chiama “spiritualità” (la New Age propriamente detta, era un’area editoriale definitivamente passata di moda una decina di anni fa). Oggi, nella «spiritualità» si notano, non solo in Italia, un ripiegarsi su cose già ripetute tante volte, e per lo più riprese dalla religiosità popolare; una tendenza a posizioni autoritarie, di destra (il che promette male: esoterismo e destra hanno dato brutte prove di sé in passato); e un proliferare di nuove credenze, per lo più superficiali o deprimenti. Quando era incominciata, negli anni Settanta, la cosiddetta «spiritualità» era una nuova forma di filosofia popolare: penso a Castaneda, o a Osho. Ed era una filosofia vera e propria: cioè una ricerca di conoscenze, di sapienza, non di nuove fedi o certezze – consolatorie o angoscianti. Ma le filosofie nuove sono cose che vanno bene in società a forte crescita culturale (e anche economica), e si incagliano nei momenti di crisi. Ma poco male: il destino dei movimenti è proprio quello di esaurirsi e di passare. Non penso che da ciò si senta toccato chi, in questo periodo, sta semplicemente studiando e scoprendo per conto suo: i movimenti sono fenomeni che riguardano soprattutto il pubblico e chi lo corteggia, non gli autori.

3) Non pensi che abbiamo perduto la conoscenza delle nostre radici occidentali a scapito di un orientalismo che forse è esagerato?

Magari ci fosse orientalismo nel senso stretto del termine: cioè esplorazione di lingue e culture diverse dalla nostra. Quello, anche se fosse esagerato, sarebbe comunque una benedizione. Quanto alle radici occidentali, sono naturalmente ramificatissime: da Agostino a Dante, da Galileo e Newton a Husserl e Freud… La gente non le ha mai «perse»: in gran parte, non le ha mai conosciute.

4) Cosa intendi per disobbedienza, e come applicarla al mondo di oggi?

Una cosa in fondo molto semplice: provare a essere se stessi – il che è in netto contrasto con la nostra società attuale. Quest’ultima è tutta un obbedire, più o meno inconsapevole, come dicevo prima. Dunque per ritrovare un po’ di autonomia, la disobbedienza è implicitamente necessaria. I filosofi antichi chiamavano questo tipo di obbedienza «epokhé», cioè: sospensione del giudizio. Era ed è semplice: in pratica consiste nel decidere di non sapere più niente per certo, e soprattutto nel rifiutarsi di prendere come sicuro e necessario ciò che si è ereditato dalle due o tre generazioni precedenti. Non sapere più niente per certo significa potersi domandare, di ogni cosa: perché c’è? e a che serve precisamente? Come fanno i bambini. Applicata con un minimo di pazienza e di coraggio, questa «epoché» dà ben presto risultati magnifici, nella percezione di se stessi, innanzitutto, e poi anche nella scoperta della propria libertà interiore.

Leonardo Lovari

http://www.viverenews.it/igor-sibaldi-provare-ad-essere-se-stessi/

Leonardo Lovari

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Data: 30 gennaio 2014
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