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Medio Oriente: Bimbo di Tre Anni Morto di Paura
Aveva tre anni, si chiamava Samer al-Arja e ieri è morto di paura: il suo cuore ha ceduto di schianto per lo spavento causato probabilmente da un'esplosione avvenuta a pochi metri di distanza dall'edificio in cui si era rifugiato con la sua famiglia. I genitori lo hanno visto svenire e i medici dell'ospedale di Rafah al suo arrivo hanno solo potuto constatarne il decesso. "Non si sa se Samer avesse o meno qualche difetto cardiaco congenito, un'autopsia è un lusso che in questi giorni a Rafah nessuno può permettersi. L'ospedale è una via vai di morti e feriti non c'è il tempo di fermarsi neanche per lui" ha detto alla MISNA poco fa Aldo Baquis, il corrispondente da Tel Aviv dell'agenzia di stampa italiana Ansa, che stamani ha dato la notizia della morte del piccolo palestinese. Samer è uno dei tanti morti che figurano nel quotidiano bollettino di guerra che ormai da tre giorni proviene da Rafah. La sua famiglia viveva nel rione di Tel al-Sultan, una delle zone che due giorni fa è stata attaccata dal vasto dispiegamento di forze dell'esercito israeliano per l' "Operazione Arcobaleno" lanciata a ridosso del confine con l'Egitto. Fonti israeliane hanno ripetutamente affermato di voler scoprire e distruggere tunnel sotterranei utilizzati dai palestinesi per l'approvvigionamento di armi. Secondo la testimonianza resa all'Ansa dai familiari, i genitori di Samer ieri avevano deciso di sfollare nel rione di al-Jneina per tenersi fuori dai combattimenti. Una cannonata esplosa vicino al loro riparo ha fatto perdere conoscenza a Samer, per sempre. Ma come si può morire di infarto a tre anni? " Si può morire di spavento se si ha una predisposizione fisica" spiega alla MISNA Donatella Paiaro, una psicologa che lavora con i bambini in scenari di conflitto per l'organizzazione non governativa internazionale Medici senza frontiere (Msf). "Non sono a conoscenza di studi approfonditi sul tema, ma da quella che è la mia esperienza sul campo e di studio, per morire di paura probabilmente il bambino aveva forse una predisposizione, un eventuale difetto congenito" aggiunge la psicologa. Concausa della sua morte potrebbe essere stata, quindi, un difetto fisico, una questione fisiologica, anche se da solo "un forte trauma può portare alla morte" prosegue la Paiaro. "In contesti di guerra può capitare che i bambini presentino disordini da stress post traumatici, anche gravi e che nessuna delle persone che li circonda se ne accorga, soprattutto in casi in cui si è in fuga o si è impegnati a sopravvivere" spiega la psicologa. "Lo svenimento descritto dai genitori di Samer - continua - potrebbe essere un sintomo. Lo stress accumulato dal bambino e dall'ambiente che lo circonda è esploso con la deflagrazione". Giuseppe de Simone, cardiologo dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, incaricato dalla struttura di seguire le azioni umanitarie internazionali, sottolinea l'importanza delle conseguenze psicologiche causate dall'esplosione. "Ho esperienza delle lesioni o degli effetti secondari provocati sui bambini da una deflagrazione, ma oltre alle conseguenze fisiche che le esplosioni e le onde d'urto possono causare, è chiaro che sono capaci di suscitare uno choc in grado di uccidere un adulto, figuriamoci un bambino di tre anni". Il professore de Simone non ha dubbi, Samer può essere morto per la forte paura causata da una potente esplosione: "Sono morto di paura non è un semplice modo di dire - prosegue -perché un'esplosione può provocare uno stato di choc talmente forte da diventare irreversibile. Se l’individuo non viene immediatamente soccorso, o viene soccorso male, lo choc e la vasocostrizione o la caduta di pressione ad esso associata possono portare alla morte". Il medico conclude: "Non si ha la percezione delle conseguenze fisiche e psicologiche che può causare il botto di un colpo di carro armato a breve distanza. Soprattutto su un bambino di tre anni sicuramente scioccato e terrorizzato". La dottoressa Paioro aggiunge: "Un mondo che fa morire un bambino di paura è un mondo che viola la vita nel suo senso più profondo". (a cura di Massimo Zaurrini)