Descrizione ed interpretazione della realtà empirica in chiave di ecologia profonda e spiritualità laica
Certo possiamo avvicinarci, attraverso un’accorta cernita di “parole e significati”, di concetti ed immagini. Per questo trovo che il messaggio dei pittogrammi – ideogrammi cinesi sia molto più vicino a quanto si chieda alla semantica del linguaggio. C’è un tentativo di trasmettere anche la “visione” anche l’immagine, oltre al pensiero….
Restando a noi… se analizziamo i particolari del percorso vitale dobbiamo necessariamente suddividerli in segmenti e studiarli e descriverli nel loro funzionamento tipico, aldifuori del contesto generale, in quanto compresi nello specifico modo dell’osservatore…. Questo è il dettame della logica e questo è il modo operativo del nostro linguaggio, composto di suoni e allocuzioni, che della logica è espressione. Infatti il linguaggio è un ingranaggio matematico utile, sino ad un certo punto, per descrivere i procedimenti sia della percezione sensoriale che della “fantasia” emozionale. Ma ciò che viene così trasmesso, purtroppo, manca della freschezza e dell’immediatezza dell’esperienza, quella che tu definisci giustamente “presenza”. Infatti il linguaggio attinge solo alla memoria, non può raccontare e convenire l’ineffabile momento vissuto… in quanto “presenza”!
Per fortuna nostra, attraverso la capacità analogica della nostra mente, siamo anche in grado di intuire e lanciare piccoli segnali inerenti la sensibilità “spirituale” che non risiede e non può essere descritta con i meccanismi della mente duale.
L’Uno sfugge ad ogni descrizione… e se una descrizione viene tentata è sicuramente parziale e limitata alle forme proprie del linguaggio e del pensiero.
Per capire un pesce devi essere pesce, per sentire un albero devi essere un albero, etc. Questo è verissimo ed è facilmente accettabile anche dalla mente umana. Il fatto poi che se ci si sente un pesce si è limitati al sentire del pesce, come pure se ci si sente uomo si è limitati al sentire dell’uomo dimostra ulteriormente le tue affermazioni sull’impossibilità di condividere “il concetto” spirituale fra viventi di diversa specie. E fin qui siamo d’accordo…
D’altronde, cosa s’intende nella spiritualità laica? Che spogliandosi dal rivestimento identificativo in un particolare “sentire”, ovvero obliterando la propria identità egoica, la quale non è altro che la cristallizzazione di un riconoscersi in pensieri, desideri, azioni, compiuti dall’”oggetto” che funge da osservatore (il nome forma specifico e la mente individuale), immediatamente -liberi da presupposti identificativi- siamo in grado di pienamente condividere, sentendola come propria, l’esperienza del pesce o dell’albero. Che questa capacità sia non solo possibile ma persino attuabile è comprovato dagli stati altri raggiunti durante la meditazione profonda o per mezzo di forti manipolazione psichiche (trance, deliquio, droga, etc.).
Ovviamente la sporadicità e intermittenza dell’esperienza non duale è solo un “assaggio” della condizione naturale in cui l’uomo ed ogni altro essere condivide pienamente -e perciò manifesta- il Tutto, l’UNO. Lo scopo della spiritualità laica, è quello di conseguire -per mezzo di una ripetuta e continua attenzione al percepiente, quello stato di unitarietà che trascende totalmente l’io individuale e consente l’esperienza spirituale propria e definitiva della vita nella sua interezza.
Allorché, con termini filosofici empirici, gli ecologisti profondi descrivono l’unitarietà della vita, e l’interconnessione di ogni suo aspetto, in ogni sua relazione, essi non fanno altro che evocare quello stato di coscienza, quella Consapevolezza intima e profonda, che contraddistingue ogni ente psichico ed ogni elemento materico (in forma latente). E che a me piace chiamare “spirito” (intelligenza e coscienza).
Solitamente la spiritualità è una attribuzione di carattere umano.Poiché, da quanto ne sappiamo, solo l’uomo è in grado di sperimentare coscienza di sè ed intelligenza discriminativa e razionale. Questa capacità possiamo anche definirla “spirito”…
Allo stesso tempo siccome non esiste cosa su questa terra e nell’universo, che possa dirsi separata -in quanto il tutto contribuisce a manifestare le qualità del “tutto”- e la vita stessa è inscindibile nelle sue varie manifestazioni, manifestando radici comuni in tutte le sue forme, di qualsiasi genere e natura, si può intuire che la caratteristica della “coscienza-intelligenza” sia presente in ogni elemento vivo, che dimostra nascita, crescita e morte, sia pur in diversi gradienti.
Facciamo l’esempio della crescita in “intelligenza e coscienza” da parte dell’uomo. Cominciando dalla sua formazione in quanto unione di spermatozoo e uovo, passando per la sua fase embrionale, alla formazione completa degli organi, alla fuoriuscita dal grembo, all’inizio della sua capacità di apprendimento e discernimento… attraverso vari momenti evolutivi che -pur apparentementi differenti in qualità- rappresentano comunque una crescita del medesimo soggetto. Se ciò avviene nell’uomo perchè non ipotizzare che possa avvenire in ogni altra forma vitale, pur in una scala differenziata e limiatata? Se accettiamo questa premessa come un presupposto di condivisione della stessa qualità di “coscienza ed intelligenza”, ecco che improvvisamente possiamo riconoscere in tutto ciò che è vivo la qualità “spirituale”. Ma ben inteso non in senso religioso… quella è un’assunzione che non ci compete a noi laici ed ecologisti. No, riconosciamo lo “spirito” in quanto capacità della vita di esprimere se stessa in forme energetiche sottili, e qui possiamo fermarci.
Poi, dal punto di vista poetico ed emozionale, perché non descrivere la vita di un albero come espressione spirituale della natura? Cosa c’è di male… Innegabilmente l’albero è vivo e si esprime attraverso le sue funzioni biologiche e manifesta desideri e repulsioni, come noi umani, in misure diverse…
Paolo D’Arpini
Scheda dettagli:
Data: 27 gennaio 2021Autore: Paolo D'Arpini
Fonte/Casa Editrice: https://bioregionalismo.blogspot.com/2021/01/ description-and-interpretation-of.html
Profilo Pubblico di:
Paolo D’Arpini - Circolo vegetariano VV.TT.
Nella mia vita non ho mai avuto un dono spiccato per la modestia, ho sempre considerato me stesso e la mia opera come un degno percorso evolutivo. Abitando a Verona avevo già collaborato, nel 1967-68, ad una rivista locale che si chiamava Verona Beat, un cult tipico di quegli anni, ebbi la fortuna…