Prostituzione e droga, pratiche malsane di una società decadente e non voce del PIL
Ma tornando al discorso della prostituzione, se si sente la necessità della promiscuità sessuale sarebbe preferibile compartecipare ad una famiglia allargata. E questo vale sia per le esigenze di uomini che di donne senza sperequazione alcuna. Insomma nella sessualità e nella libertà personale, che non nuoccia agli altri, ci vuole elasticità, ferme restando le attenzioni per le fasce sociali più deboli, come i minori.
D'altronde se osserviamo le abitudini sessuali dei nostri “consanguinei” primati antromoporfi scopriamo che spesso la promiscuità è preponderante… ed è un fatto perfettamente naturale. Come è naturale, e lo è da tempo immemorabile (sia per l'uomo che per gli animali) l'uso di sostanze inebrianti. Persino nella religione cristiana il vino è considerato elemento sacramentale.
Ma non ha senso legalizzare la pratica prostitutiva solo perché si sente il bisogno di far crescere il PIL, come non ha senso degradare la società attraverso lo smercio "certificato" di droghe od il gioco d'azzardo legale.
Scrivevo in calce ad un mio articolo di ecologia sociale:
“La soluzione per lo scollamento sociale in corso sta nel superamento dei modelli consumistici, in primis, per ritrovare in una socialità allargata nuove espressioni per la solidarietà umana, contemporaneamente abbandonando il permanere nei grandi agglomerati urbani e rinunciando ai parossismi culturali (musiche preconfezionate, televisioni, sport idioti, giochetti virtuali, etc) in modo da ricreare in noi lo stimolo primario della gioia di vita e la capacità creativa per produrre qualcosa che abbia lo spirito del necessario e del bello”.
Paolo D'Arpini
Scheda dettagli:
Data: 7 ottobre 2014Autore: Paolo D’Arpini
Fonte/Casa Editrice: Paolo D'Arpini
Profilo Pubblico di:
Paolo D’Arpini - Circolo vegetariano VV.TT.
Nella mia vita non ho mai avuto un dono spiccato per la modestia, ho sempre considerato me stesso e la mia opera come un degno percorso evolutivo. Abitando a Verona avevo già collaborato, nel 1967-68, ad una rivista locale che si chiamava Verona Beat, un cult tipico di quegli anni, ebbi la fortuna…